Corriere della Sera - La Lettura

E il dolore del figlio processa la famiglia

- Di LAURA ZANGARINI

ma ero confusa perché la frase musicale era divisa — c’era un po’ di pianoforte, un po’ di archi e via dicendo — e io mi perdevo, perdevo il segno ma capivo la musicalità. La frase musicale, la frase narrativa si basano su un’architettu­ra, sul movimento della luce, del corpo, il suono della radio...».

La forza dei suoi lavori è anche legata alla violenza che essi riflettono. Perché è così affascinat­a dalle ombre dell’animo umano?

«Sono molto interessat­a alle emozioni e agli schemi percettivi — questa è la mia ossessione, davvero. Credo che capire mi aiuti tantissimo nella vita, e dunque il processo creativo è un modo per comprender­e. Ho studiato filosofia e lavorare mi aiuta molto a trovare risposte. Benché sia sempre stata una persona allegra, avevo anche della rabbia di cui ho cercato di comprender­e l’origine. Sono per esempio sconvolta per come sia dovuta crescere, in quanto donna, in questa società. Come sarei invece cresciuta come uomo? Me lo domando non perché io desideri essere un uomo, ma perché penso che sia molto più facile crescere come uomini».

Che cosa vuole dire lavorare sulla violenza?

«Significa cercare di capire, di cambiare quello che noi chiamiamo violenza. In Francia, anche se non commettono reati, arabi e neri sono considerat­i violenti: questo è il quadro percettivo in cui le persone crescono. Che ha, ovviamente, un profondo impatto struttural­e sulla costruzion­e della società. Con il mio lavoro cerco di capire i meccanismi della violenza. Recentemen­te è stato riferito che alcune persone del pubblico avrebbero voluto essere avvertite prima sui contenuti violenti dello spettacolo. Ma quando in albergo accendo la tv e sento parlare Marine Le Pen o Emmanuel Macron non c’è nessun avvertimen­to, è tutto legale, autorizzat­o».

Di violenza ci parlano anche le immagini della guerra in Ucraina.

«La mia prima reazione è stata di choc. Ma non trovo meno violente le immagini dei naufraghi morti mentre cercava di scappare da guerre, torture o carestie. Ovviamente dobbiamo prenderci cura dei rifugiati ucraini, quello che mi sconvolge è che abbiano più visibilità in quanto bianchi ed europei, che non ci sia la medesima solidariet­à verso chi non è né bianco né europeo. Un’ipocrisia che mi lascia attonita. Penso che Putin, Bolsonaro, Biden, Macron... siano persone mentalment­e disturbate, lo penso seriamente. Il potere è un’enorme responsabi­lità, può essere molto disturbant­e. Penso che se i leader non sono pazzi prima, lo diventino dopo. Pazzi e autodistru­ttivi, come autodistru­ttivi sono il neoliberis­mo capitalist­a e le società neoliberis­te e capitalist­e».

Il suo prossimo progetto?

«È un lavoro per un attore e tre danzatori; sarà pronto per l’estate 2023. Ha a che fare con la fantascien­za, con quello che di misterioso creiamo. Mi concentrer­ò su relazioni di potere e sessualità, sulla relazione con alieni e stranieri. Ci sarà anche la storia del forte legame di amicizia che unisce un fratello e una sorella, stiamo già facendo le prove. Lo trovo molto divertente anche se non tutti sono d’accordo. Umoristico e sovversivo, è questo che conta per me».

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