Corriere della Sera - La Lettura
La sofferenza in battaglia genera i nuovi eroi ucraini
La storia di Norman Manea, scrittore ebreo romeno originario della Bucovina, è una storia di fratture esistenziali, di fantasmi e sofferenze oggi risvegliati dalla devastazione dell’Ucraina. Nato nel 1936, Manea ha vissuto sotto il regime fascista di Ion Antonescu. Nel 1941, a cinque anni, venne deportato con la famiglia in un campo di lavoro, e lì rimase fino al 1944: un’umiliazione a cui nel tempo si sarebbero aggiunte l’avvilente esperienza del comunismo di Nicolae Ceausescu — i suoi libri censurati, lui spiato —, una breve permanenza in un istituto psichiatrico e la difficoltà di lasciare la terra natale, perché uno scrittore è nulla senza la propria lingua.
Dopo avere meditato a lungo sull’esilio, Manea trovò la forza di trasferirsi negli Stati Uniti nel 1988, grazie a una borsa di studio dell’American University di Washington. Poco tempo dopo diventò professore al Bard College, nello Stato di New York, e grande amico di Philip Roth, il «fratello americano affettuoso e disponibile» che gli dedicò il romanzo L’animale morente (2001), con il quale Manea condivise un sodalizio lungo trent’anni. Prima di morire, Roth scrisse a Leon Botstein, presidente del Bard College (nel cui cimitero aconfessionale Roth è sepolto), per chiedere che gli venisse assegnata una tomba accanto a quella di Manea, «in modo da non annoiarsi in quell’interminabile altrove» quando sarebbe arrivato il momento della fine anche per l’amico.
Leggendo le opere di Manea — saggi, romanzi, raccolte di storie brevi, una delle più famose è l’autobiografia Il ritorno dell’huligano (2003, il Saggiatore), racconto del viaggio in Romania, anni dopo, per cercare di ricostruire le fratture esistenziali — si prova un senso di irrealtà, come se nelle pagine si aggirassero sonnambuli al posto di essere umani. «“Vengo da una regione dove vivevano uomini e libri”, diceva un grande poeta dell’esilio, Paul Celan, che è nato nella mia Bucovina cosmopolita e si è ucciso in esilio, a Parigi», scrive Manea nel volume Le Grand Tour (2022), una mappa letteraria del Vecchio Continente, curata dall’autore francese Olivier Guez, che riunisce 27 scrittori, uno per ogni Paese dell’Unione