Corriere della Sera - La Lettura
I misteri della Milano acquatica
Una rapina con omicidio e un ritrovamento macabro nel parco di Trenno danno il via a una doppia indagine nella città sulla soglia del lockdown da Covid. Gian Andrea Cerone debutta con un giallo potente che richiama Scerbanenco
Imilanesi ammazzavano al sabato, nel giallo di Giorgio Scerbanenco del 1969, e continuano a farlo oggi nel giallo d’esordio di Gian Andrea Cerone, Le notti senza sonno, in uscita martedì 26 aprile da Guanda. È sabato mattina poco dopo le 8 quando due sconosciuti con il volto coperto fanno irruzione nella palazzina di corso Vercelli dove vive e lavora il gioielliere Pierluigi Panizza, immobilizzano il portinaio Nicola Ruggieri e fanno secco in maniera crudele e dolorosa l’imprenditore, poi passano al laboratorio dove si limitano a rubare diamanti e pietre preziose: alle 9 sono già fuori. Il bottino stellare è di 88 milioni di euro.
Cerone, classe 1964, esperto di comunicazione che ha lavorato anche per Expo 2015, ha bene assimilato la lezione del maestro del poliziesco italiano, a cui sembra pure rendere omaggio con alcuni personaggi del suo romanzo: un medico radiato dall’Ordine come Duca Lamberti di Venere privata e poi protagonista di una serie di romanzi; e una «gigantessa» che ne I milanesi ammazzano al sabato era l’indimenticabile vittima Donatella Berzaghi e qui è l’altrettanto indimenticabile poliziotta Marica Ambrosio.
Milano è l’assoluta protagonista del romanzo: ma la città non è più quella un po’ romantica della mala di una volta che anche nel crimine rispettava un codice d’onore; no, ora è una metropoli, allargata all’hinterland, vera e cattiva, capace di una violenza cieca, gratuita e senza regole. Un luogo dove si uccide sì il sabato, ma dove gli altri giorni i criminali non stanno con le mani in mano. Così la questura di via Fatebenefratelli, prima ancora di sapere della rapina al gioielliere, ha il suo bel da fare con un altro caso...
È venerdì all’alba quando gli addetti alle pulizie dell’Amsa, svuotando i cassonetti davanti a Cascina Bellaria, nel parco di Trenno, fanno un macabro ritrovamento: una busta di plastica trasparente con dentro un arto di donna, una mano dipinta con pittura blu, e due bulbi oculari. Chi ha compiuto questo orrore voleva che le prove della sua crudeltà venissero ritrovate; chi ha compiuto quello scempio lo rifarà perché — gli investigatori ne sono certi — è un serial killer.
Il romanzo di Cerone si svolge nella Milano nella stagione del coronavirus, in un arco di tempo definito che va da venerdì 21 a venerdì 28 febbraio 2020, con la Lombardia e Milano che stanno per vivere l’incubo delle restrizioni della Zona Rossa: occorre fare in fretta, la decisione di chiudere tutti in casa pesa sulle indagini. La chiusura sarebbe di ostacolo con il rischio di lasciare fuggire i rapinatori assassini e permettere a un omicida seriale libero di agire indisturbato.
Presentati i due casi attorno a cui ruota la trama, è tempo di fare la conoscenza con i poliziotti che se ne occupano: il commissario Mario Mandelli e l’ispettore Antonio Casalegno. Poliziotto d’altri tempi, il primo, che va al lavoro in metrò e ricorda un po’ il «collega» Arrigoni (che pure di nome fa Mario) creato dal giallista Dario Crapanzano (1939-2020) che si muoveva in tram nella Milano degli anni Cinquanta; Mandelli è affiancato dalla moglie Marisa, con la quale l’intesa è totale e con cui (senza troppa fortuna) ogni sera prova a cenare in casa a un’ora decente. L’ispettore Casalegno è invece il tipo del giustiziere solitario, votato all’azione, la sua biografia parla di «personalità inidonea al lavoro di squadra»; sarebbe forse finito nei Bastardi di Pizzofalcone di Maurizio de Giovanni se non avesse incontrato prima Mandelli, che dietro i modi irruenti ha letto le intenzioni nobili e l’ha fatto diventare un vero poliziotto. I due sono il motore del romanzo: Mandelli e Casalegno, scrive Cerone, «danzano insieme da anni come una coppia di professionisti». E il palco è Milano. A dar loro supporto nell’azione è una squadra speciale, l’Unità di analisi del crimine violento (Uacv), dove al di là del nome freddo si ritrova il calore accogliente della famiglia e dove anche il lettore si sente benvenuto. Da questo punto di vista è una buona notizia sapere che Le notti senza sonno è solo il primo romanzo di una serie con al centro l’Uacv.
L’esordiente Cerone si muove con sicurezza e maturità dentro un romanzo che, al netto di qualche fronzolo, ha solidità e compattezza, ha una forma aerodinamica che lo fa muovere, poi correre e accelerare lungo le oltre cinquecentocinquanta pagine. L’autore non ha fretta di tirare le fila del racconto, sa di avere per le mani una storia potente. Nel caso del gioielliere ucciso, da subito qualcosa non quadra nella modalità della rapina ma occorrerà scavare in profondità e con pazienza per arrivare a far chiarezza; è la caccia al serial killer l’indagine più adrenalinica e coinvolgente: qui la sfida sembra persa in partenza perché mentre affiora dall’acqua il corpo (privo di mano e occhi) della prima vittima, un’altra giovane, per adesso ancora viva, ha già preso il suo posto nella stanza delle torture. Ogni capitolo aggiunge personaggi, scene, situazioni; i confini della città si allargano: a ovest Trenno, San Siro, Trezzano, Rho; a nord il Santuario della Madonna del Pilastrello, Bresso; Monza, Osnago, la Brianza. E aumentano pure le tipologie criminali: balordi, violenti, malavitosi, psicopatici con cui non si discute.
In tutto questo l’acqua è un elemento vitale della storia. Mandelli ama raccontare il luogo dove vive e ciò che sembra una divagazione storico-culturale sulla Milano città d’acqua, percorsa da una rete di «fiumi, navigli, rogge, fontanili, rivi, conche, marcite» e poi la Darsena e l’Idroscalo, diventa una chiave per comprendere come è costruito il romanzo stesso: pensato appunto come una rete di canali che, sotterranei o in superficie, scorrono verso un finale.
Cerone è dettagliato, preciso, sia che si tratti di località (libro alla mano si possono percorrere molti luoghi citati) che di persone: l’autore ha lo scrupolo di presentare ogni personaggio per nome, cognome e qualche tratto biografico, che sia un criminale vecchio stampo come Lino Porrati, detto «il Fetta» per la capacità di giudizio nello spartire il bottino; o Luca Valtolina, che ascolta Coez e fuma un po’ d’erba in riva al Lago dei Cigni quando vede affiorare dall’acqua qualcosa; o la signora Rina Valsecchi, che non è un’impicciona ma, siccome le piace guardare dalla finestra, qualcosa ha visto...