Corriere della Sera - La Lettura
I conti del figlio con il padre (e con il passato di entrambi)
La casa editrice Italo Svevo continua il suo lavoro sugli esordi con l’opera di Giuseppe Nibali (1991) dal titolo
Animale, nel quale si narra la storia di un figlio (Giuseppe) che vive e lavora al Nord, Bologna, nel settore della pubblicità e deve tornare al Sud (Messina) perché il padre, Sergio, professore di italiano, ha avuto un ictus. Padre e figlio non si sentono da anni e questo ricovero sarà il momento in cui Giuseppe potrà avvicinarsi a Sergio e fare i conti con il loro passato, sul quale aleggia la figura tormentata dalla madre/moglie.
Animale è un romanzo di scavo nel passato, in cui l’evento presente serve a far scaturire il rimosso e il nascosto: l’immagine dei cavalli e il ricordo dell’uomo con «due occhi bui, due zolfatare mai visitate da tale luce». Se appunto il dispositivo narrativo, cioè il motore della storia, è abbastanza usato e riconoscibile, notevole invece è la lingua che Nibali usa: uno stile già maturo e consapevole, soprattutto nelle transizioni liriche nella descrizione di certi ricordi, come la rievocazione della gita a Milano della famiglia e la gioia della madre, o la vanità della vita del padre: «Mi sveglio e penso: non sono mai esistito. Mai. Tutto quello che ho fatto, erba di vento».
Giuseppe Nibali è, di certo, uno scrittore promettente, ma dovrebbe dare più risalto al dato sapienziale della sua narrativa.