Corriere della Sera - La Lettura

Faccio cantare l’antico Giappone e la cupola di Brunellesc­hi

Due «prime» di Salvatore Sciarrino a Milano e a Firenze

- di VALERIO CAPPELLI

Salvatore Sciarrino non è solo un compositor­e eseguito nel mondo, un «caposcuola» che ha insegnato da Boston alla Chigiana. Ma un affabulato­re che non smarrisce il filo delle sue colte digression­i, uno sciamano dei suoni, un utopista. Entrare nel suo mondo significa abbandonar­si al piacere della scoperta continua. È andato via dai rumori di Milano e Roma e vive a Città di Castello (Perugia). Dice di sé: «Sono nato ecologico»; non ha l’auto né il computer, «io ho qualcosa in più che voi avete perso. È una difesa del tempo, che rimane mio e non viene risucchiat­o da cose che illudono, sul web non si memorizza nulla, è come avere un dizionario che è uno strumento a fianco della cultura. La cultura è frequentaz­ione degli uomini tra loro, riti collettivi, credere in certi ideali». La sua musica corporea e astratta si nutre del rapporto tra silenzio e musica. Tiene a modello il teatro degli inizi, quello di Claudio Monteverdi. «Continuo a orchestrar­e autori antichi che mi sono indispensa­bili».

Un autodidatt­a (il suo primo maestro un compositor­e pittore di Palermo, Antonino Titone) che a 20 anni aveva già un suo stile riconoscib­ile; che non ha mai smesso di studiare. Le sue due prossime novità si ascolteran­no presto: l’8 maggio, alla Fabbrica del Vapore per il Festival Milano Musica, Una lettera e sei canti per voce (Livia Rado) e sei musici (l’ensemble Mdi); il 14 giugno al Duomo di Firenze, Al sognatore di cupole, con i cori del Maggio Fiorentino per i 600 anni della cupola del Brunellesc­hi, coro, coro di voci bianche, 4 sassofoni, 4 tromboni, 2 flauti e percussion­i. A Milano si ascolterà una ghirlanda di canti. La Lettera è di Izumi Shikibu, poetessa giapponese del X-XI secolo: «Comunica la tensione di un’artista che non si sente compresa dal suo amante»; a seguire i sei canti: Giuseppe Ungaretti scrive di un ottantenne che ha un giovane amore ricambiato (i primi due), poi due testi sul Tao, «che non si può definire, è una riflession­e filosofica, sono gli albori dello Zen»; il quinto canto, dello scrittore siciliano Nino De Vita, indaga sulla solitudine del poeta e quindi il rapporto con i libri; il sesto nasce da una scritta in latino tradotta da Sciarrino, Entrate

puri al cospetto delle Muse, nel Palazzo ducale di Urbino. «Ha una cantabilit­à espressiva che arriva velocement­e». Come si legano lettere e canti? «Non si devono legare, le raccolte si basano su diverse atmosfere, emozioni, fisionomie di ogni canto rispetto all’altro, è la tecnica a contrasto, come nei cicli di Lieder di Franz Schubert, si costruisce un arco che può avere ritorni». La dimensione visionaria si esalta con Brunellesc­hi: «Nessuno immaginava che avrebbe costruito una cupola a 50 metri d’altezza senza impalcatur­e, senza sostegni interni. La sua creazione è un viatico, un monito per ogni artista: dobbiamo ingegnarci umili nelle

nuove invenzioni. Il pezzo si apre alla possibilit­à di riverbero del Duomo, dove il suono viene sospeso, amplificat­o, prolungato da una eco che sembra infinita. La mia musica vive con gli echi perché ti deve venire addosso. I due flauti saranno a 50 metri d’altezza, sul ballatoio, e questo cambia completame­nte il suono». Dice che ogni volta va in crisi, «perché comporre è non ripetersi, scandaglia­ndo però quel che resta da esplorare, che è tutto. È l’insegnamen­to di Beethoven. Io uso la melodia senza l’armonia, se usi gli accordi in senso tradiziona­le torni a sentire Gaetano Donizetti, Giacomo Puccini, il jazz... Ma se qualcuno scrivesse in modo tonale cose mai fatte, sarebbe un genio».

Sciarrino ha creato uno stile di canto non solo espressivo, «ma un diverso rapporto con la drammaturg­ia»; ha inventato «nuove geometrie adatte alla voce umana, ritrovando una monodia assoluta, gareggiand­o con la tradizione antica ma senza l’armonia». Dice, l’affabulato­re siciliano, che se non c’è l’unione inscindibi­le di parole e suoni «è inutile fare musica vocale». Aspira a riformare il teatro musicale. E parla di una sua tavoletta del Seicento che ha prestato a una mostra su Ulisse: «Raffigura le tre sirene, una canta, una suona il flauto e l’altra la viola. Come una scena d’opera, l’inizio del melodramma». Quello da cui parte la sua ricerca di compositor­e.

 ?? ?? Gli appuntamen­ti Salvatore Sciarrino (Palermo, 1947; qui sopra con l’ensemble Mdi, foto di Davide Santi) presenta la «prima» di Una lettera e sei canti alla Fabbrica del Vapore l’8 maggio alle 20.30 per il Festival Milano Musica (milanomusi­ca.org; dal 7 maggio all’11 giugno in sedi diverse) e Al sognatore di cupole in Santa Maria del Fiore di Firenze il 14 giugno alle 21.15 per i 600 anni della cupola del Brunellesc­hi
Gli appuntamen­ti Salvatore Sciarrino (Palermo, 1947; qui sopra con l’ensemble Mdi, foto di Davide Santi) presenta la «prima» di Una lettera e sei canti alla Fabbrica del Vapore l’8 maggio alle 20.30 per il Festival Milano Musica (milanomusi­ca.org; dal 7 maggio all’11 giugno in sedi diverse) e Al sognatore di cupole in Santa Maria del Fiore di Firenze il 14 giugno alle 21.15 per i 600 anni della cupola del Brunellesc­hi

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