Corriere della Sera - La Lettura

Nella mia America il nero è colpevole

- Di MARCO BRUNA

Arriva in Italia il romanzo di che ha vinto il

«Non cancellate la parola “nigger”, sarebbe come riscrivere la storia: un pericolo»

Per raccontare la tragedia del presidente Lincoln, che nel 1862 perse il figlio undicenne Willie, George Saunders ha costruito un limbo popolato da spettri umanissimi, dando vita a una tra le opere più sorprenden­ti degli ultimi anni, Lincoln nel Bardo (2017). Il dialogo struggente tra Lincoln e il figlio, la cui esistenza è sospesa nello stato intermedio del Bardo tibetano, è la conferma che i fantasmi continuano a bussare alla porta degli scrittori americani. Trent’anni prima di Saunders, la premio Nobel Toni Morrison mise al centro del capolavoro Amatissima (1987) lo spettro di una bambina assassinat­a dalla madre, la schiava fuggiasca Sethe, protagonis­ta di una storia che ha messo a nudo il peccato originale del Nuovo Mondo.

C’è un fantasma anche nel romanzo dell’autore afroameric­ano Jason Mott, Che razza di libro! (NN Editore), «la storia, basata sui fatti e in completa buona fede, di un ragazzo matto, autenticam­ente americano, dai grandi sogni e dalla sorte avversa». Vincitore del National Book Award 2021, il libro segue le vicende alterne e intrecciat­e di uno scrittore nero senza nome di 38 anni, impegnato in un turbolento tour per promuovere il suo romanzo, e di un bambino di 10 anni ribattezza­to dai bulli della scuola Nerofumo, a causa del colore nerissimo della pelle. Nerofumo ha una storia tragica: suo padre è stato ucciso da un poliziotto sotto i suoi occhi. Il terzo protagonis­ta è un altro Ragazzino, che solo lo scrittore, affetto da un disturbo dell’immaginazi­one, può vedere. Sullo sfondo c’è un’America arrabbiata, scossa da un caso di cronaca tristement­e simile a decine di altri: un bambino nero è stato assassinat­o dalla polizia in North Carolina. A metà romanzo scopriremo che il Ragazzino invisibile è in realtà il fantasma del piccolo abbattuto con otto colpi d’arma da fuoco.

«Questa storia è composta per il 70% dalla mia vita», spiega Jason Mott su Zoom a «la Lettura». «Io e lo scrittore protagonis­ta siamo nati e cresciuti a Bolton, North Carolina, la scena del crimine più antica d’America».

Non solo: entrambi avete scritto un romanzo intitolato «Che razza di libro!».

«La storia di questo romanzo comincia durante il mio primo tour, nel 2013. Viaggiai per due mesi. Avrei voluto pubblicare il libro subito, ma né la mia agente né il mio editor erano convinti. Poi, nel 2015, Freddie Gray, 25 anni, afroameric­ano, morì dopo essere stato sotto custodia della polizia, e Baltimora esplose di rabbia.

Per me fu l’occasione di tornare a riflettere sulla mia esperienza di uomo nero cresciuto in America. Ho tirato fuori dal cassetto il manoscritt­o e ho aggiunto la cronaca di quei giorni violenti. Il titolo è un’idea della mia agente: ironico e drammatico».

Le figure dei bambini contrastan­o con quella dello scrittore. È una storia sulla perdita dell’innocenza?

«La letteratur­a occidental­e è fondata sull’idea dell’innocenza perduta, eredità cristiana. Crescere significa scoprire che non è mai stato semplice stare al mondo, che non esiste un giardino dell’Eden a cui tornare».

Il bambino in carne e ossa della storia sa che per

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