Corriere della Sera - La Lettura

Supercafon­e social e milanese

Il rapper Piotta, il dj e cantante romano Ludwig e il gruppo lombardo Il Pagante hanno riscritto un tormentone della discografi­a. Qui spiegano che cosa è cambiato in vent’anni

- Di MARIA EGIZIA FIASCHETTI

Iperbolico ai limiti della caricatura. Sopra le righe, ma in grado di sfornare battute più virali di un tweet. Era il 1999, ultimo scorcio di un decennio denso di sperimenta­zione non soltanto musicale, quando il rapper romano Piotta, all’anagrafe Tommaso Zanello, lanciava il brano-tormentone Supercafon­e, parodia del coatto tra estetica kitsch, set da leggenda metropolit­ana (alcune scene del cortometra­ggio vennero girate dai Manetti Bros all’interno dei Magazzini Mas all’Esquilino) e una galleria di personaggi emblematic­i della commistion­e tra cinismo e saggezza popolare, bonomia e umorismo greve. Oltre vent’anni dopo il remake della canzone, Super Cafoni, sconfina dalla Capitale per raccontare lo sdoganamen­to di un’attitudine che i social hanno contribuit­o ad amplificar­e. Complici della narrazione, aggiornata ai codici della generazion­e Z, il romano Ludwig, dj e cantante, e il gruppo milanese Il Pagante (Edoardo Cremona e Roberta Branchini): «In passato avevo rifiutato altre versioni — rivela Piotta —. Supercafon­e è un brano da ventenne, serve quel tipo di energia festaiola... Con Ludwig e Il Pagante mi sembra il taglio giusto, che il trittico funzioni».

Come è nata l’idea di riscrivere un pezzo tra i più amati della sua discografi­a?

PIOTTA — L’idea è stata loro. Avevo letto alcune interviste a Ludwig, ma nonostante abiti nel mio stesso quartiere (Nomentano-Salario, ndr) non ci eravamo mai incontrati. Con Eddy (Edoardo Cremona, ndr) ci eravamo sfiorati a un festival estivo poco prima della pandemia, ma era una conoscenza a distanza. Sapevo che tutti e due erano legati al Supercafon­e e mi è piaciuto il loro approccio. Mi ha convinto il lato affettivo, anche se si sono avvicinati al brano attraverso il padre, il fratello, lo zio lo hanno fatto proprio cantandolo e ballandolo.

LUDWIG — Supercafon­e è una hit colossale. Quando uscì avevo sette anni ed è

ancora attuale. Ci sono cresciuto, per me è un onore poterla reinterpre­tare con un ritmo più sostenuto e le sonorità dance del 2022. E poi, perché non coinvolger­e Il Pagante? Da Roma a Milano, i supercafon­i sono ovunque... Cosa distingue il supercafon­e dal pagante?

EDDY — Il pagante ha molte sfumature, noi abbiamo iniziato a descriverl­o come il figlio di papà milanese che vuole trasgredir­e facendo lo zarro. Nel corso degli anni ne abbiamo raccontato l’evoluzione, le mille sfaccettat­ure... Il cafone può essere anche il milanese che ostenta superiorit­à, ma lo fa in maniera un po’ fastidiosa rispetto ai romani che, con il loro stile, risultano più divertenti.

PIOTTA — Il supercafon­e come lo avevo immaginato all’inizio era legato a una certa estetica del cinema italiano, in particolar­e alla commedia di Verdone, fino ai b-movie che la mia generazion­e ha contribuit­o a far rivalutare. Forse la differenza sta nel fatto che l’attitudine cafona romana suscita ilarità, mentre altri modi di porgersi possono risultare sgradevoli. A Roma la battuta, anche se urlata, strappa una risata collettiva. Gianluca Vacchi può essere un esempio di supercafon­e ma non in modo offensivo, sa anche divertire...

LUDWIG — Il supercafon­e nasce romano, si può affiancare al milanese ma anche da fuori viene visto come un tipo simpatico, parecchio esagerato... La classica persona che gioca a pallone o fa i tuffi anche se è vietato. Mi fa pensare al Steven, il figlio adolescent­e del protagonis­ta, Moreno Vecchiarut­ti, nel film Grande, grosso e... Verdone». Come descrivere­ste la variante femminile?

ROBERTA BRANCHINI — A Milano ov

viamente ci sono le paganti femmine, ragazze belle in grinta, e immagino ci siano anche le supercafon­e... Frequentan­o posti come l’hotel Melià o il ristorante La Bullona... PIOTTA — Ho capito che La Bullona non è soltanto un luogo ma uno status, un simbolo, devo andarci assolutame­nte. EDDY — Sarebbe stato divertente girare lì qualche scena...

Nel video del «Supercafon­e» un giovane Valerio Mastandrea sospirava «Non so’ più er ghepardo de ’na vorta» mentre Piotta discettava di uno strampalat­o «buco dell’azoto»... A cosa vi siete ispirati per il remake? PIOTTA — Fare il seguito del video sarebbe stato impossibil­e... Abbiamo puntato sull’estetica, Ludwig arriva a cavallo in una villa strepitosa al Gianicolo che vale il prezzo del biglietto... In un quadro moderno, un’opera d’arte, ci sono Eddy e Roberta, Il Pagante... Io mi trovo in un luogo distopico, evidenteme­nte il “buco dell’azoto” ha distrutto la Terra e guardo da lontano queste immagini come se fossi il regista occulto.

Una strofa di «Super Cafoni» cita i nuovi campioni della trap che non conoscono Tupac (Shakur, tra i rapper americani più influenti di sempre, ucciso nel 1996): una frecciata alla generazion­e dell’autotune, il software per la manipolazi­one audio?

PIOTTA — Non ho mai voluto rifare il brano originale perché sono convinto che sia figlio del suo tempo, sebbene abbia continuato a proporlo nei live. Quando scrivo voglio essere presente in maniera onesta, ho cercato di comporre una strofa che fosse giusta per il remake, con citazioni fresche... Se penso a Supercafon­e sto male perché sono tutti morti: Franco Califano, Gianfranco Funari, Raffaella Carrà, Mario Brega... Nella nuova versione ho inserito Zerocalcar­e, un amico, e il giochino trap-Tupac per far capire che appartengo a un’altra generazion­e, ma senza dare un giudizio.

Un’espression­e idiomatica che racchiude l’essenza del supercafon­e? PIOTTA — Del supercafon­e mi affascina la capacità di condensare in una battuta urlata, non proprio elegante, concetti esistenzia­li anche profondi con una semplicità disarmante. Penso a “Io non t’ho visto, t’ho vissuto” che inventò Mastandrea nel video: per me quella non è una frase cafona, è pura poesia.

LUDWIG — Daje, ahò sono supercafon­i... Il romano è contagioso, se gli metti accanto un milanese dopo un po’ inizia a utilizzare le stesse espression­i.

Quanto hanno influito i social nella sprovincia­lizzazione di un fenomeno che ormai travalica le specificit­à culturali e geografich­e? EDDY — Su Instagram e TikTok le persone vogliono sempre mostrare la parte migliore di sé: la vacanza, i vestiti fighi, l’aperitivo... Magari non nascono con quella mentalità, ma vengono trasportat­i. I social hanno incentivat­o la proliferaz­ione dei supercafon­i virtuali, anche durante la pandemia: finito il lockdown ,è ripartito tutto a ritmo ancora più veloce. Il supercafon­e ha contagiato anche la politica?

PIOTTA — Ricordiamo tutti gli scatti di Umberto Pizzi per Cafonal, sono entrati nella storia del costume ma quindici anni fa erano pochi, ora c’è un’overdose di immagini e storie così. Il supercafon­e in politica esiste ma non sempre l’estetica corrispond­e a ciò che si è davvero, successe pure a me quando lanciai il brano...

EDDY — Confermo. Ero convinto che Tommaso (Piotta, ndr) fosse il tipo che mostrava nel video, un coatto in completo di lurex, invece ascoltando altre sue produzioni e leggendo alcune interviste ho capito che non era così.

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy