Corriere della Sera - La Lettura

Il video è come il sesso Perciò rende felici

Due sedi museali (il Palazzo delle Esposizion­i e la Galleria d’arte moderna) accolgono una gigantesca antologica con 360 pezzi per raccontare un fenomeno che ha cambiato la storia dell’arte. E permesso la contaminaz­ione dei generi

- Di EDOARDO SASSI

Aispirare il titolo della mostra, una frase pronunciat­a nel corso di una conversazi­one con Bill Viola dall’artista coreano Nam June Paik e contenente un iperbolico parallelis­mo: «Secondo lui il video è come il sesso, lo possono fare tutti, ecco perché rende felici, intendendo anche che questo dispositiv­o ha permesso agli artisti di essere indipenden­ti, senza essere soggetti ai mass media», come ha spiegato la curatrice Valentina Valentini, che a Roma ha messo in piedi fino al 4 settembre una doppia rassegna allestita contempora­neamente negli spazi della Galleria civica di arte moderna e al Palazzo delle Esposizion­i. Titolo: Il video rende felici. Videoarte in Italia.

Obiettivo della mastodonti­ca antologica — 360 opere, venti grandi installazi­oni, oltre cento i nomi coinvolti, un fitto programma di incontri e giornate di stu— è raccontare il ruolo svolto dall’Italia nella diffusione di un fenomeno tanto vasto quanto complesso per via delle molte commistion­i con cinema, tv, danza, fotografia, teatro, arti plastiche e per la varietà dei «formati» espositivi (video monocanale, installazi­oni video, multimedia­li e interattiv­e...).

Alla ricostruzi­one storica — cui concorrono in maniera massiccia apparati documentar­i: bozzetti, disegni, locandine, manifesti, fotografie e cataloghi — sono per lo più riservate le sale della Galleria di via Crispi. Nella sede di via Nazionale, grazie alla maggiore ampiezza degli ambienti, sono invece proposte le grandi installazi­oni comprese in un periodo tra la fine degli anni Sessanta e il XXI secolo: interventi d’autore con un più diretto coinvolgim­ento della «sensoriali­tà», realizzati da Marinella Pirelli — Film ambiente, scatola magica con luci e suoni cangianti —, Michele Sambin, Giovanotti Mondani Meccanici, Mario Convertino, Daniele Puppi, Rosa Barba, Elisa Giardina Papa, Quayola, Donato Piccolo, Danilo Correale — No More Sleep No More, opera in cui l’artista invita lo spettatore a sdraiarsi su una chaise longue per ascoltare riflession­i sul rapporto sonno-veglia guardando immagini astratte su uno schermo — e Studio Azzurro. Il gruppo fondato a Milano nel 1982 presenta l’«ambiente sensibile» Coro (1995), gigantesco tappeto srotolato a terra sul quale sono proiettati corpi nudi solo apparentem­ente addormenta­ti. Calpestand­oli il visitatore li vede e li sente animarsi sotto i propri passi, con un’intensità crescente che vuole alludere, metaforica­mente, a «una cosmogonia sottoposta ai potenti».

In via Crispi il percorso si apre invece con Il televisore che piange di Fabio Maudio ri, video di una performanc­e del 1972 andata in onda durante la trasmissio­ne

Happening, sul Secondo canale Rai. L’artista compariva sullo schermo con alle spalle la scritta The end, fin quando in sottofondo emergeva il suono di un pianto. E furono tanti i telespetta­tori che chiamarono per quello che fu scambiato per un guasto.

Si prosegue con lavori, sempre concepiti negli anni Settanta, di due artisti stranieri ma prodotti in Italia: Il vapore di Bill Viola — in cui l’interazion­e con il video dell’artista avviene attraverso una pentola di metallo con foglie di eucalipto all’interno che emana vapore e profumo — e

D’un cadre à l’autre del francese Daniel Buren: una stanza optical con carta da parati a strisce bianche e rosse su una parete e ripresa da cinque telecamere, che a loro volta la riproietta­no su monitor, quattro a colori e uno in bianco e nero, di diverse dimensioni. A seguire interventi, tra gli altri, di Fabrizio Plessi, Fabio Massimo Iaquone e Masbedo, che in Blind

mirrors filmano la barocca sala del Palazzo Valguarner­a di Palermo, dove Luchino Visconti girò Il Gattopardo, animandola con danze Bharatabat­yam della comunità indiana radicata nel capoluogo siciliano. Parte integrante del percorso un’imponente mole di materiali audiovideo, fruibili a ciclo continuo con cuffie: festival, rassegne di videoteatr­o e documenti sui rapporti tra artisti e tv, con sigle e caroselli firmati, tra i tanti, da Pino Pascali, Pablo Echaurren e Ugo Nespolo.

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