Corriere della Sera - La Lettura

La Ragazzetta di Klimt così diventa Signora

- Di ANNA GANDOLFI

«Ho perso il treno». Ma è una scusa. Claudia Maga, all’uscita dal liceo artistico, anziché andare a casa va al museo. «Qualcosa non torna». È il febbraio 1996 e lei non è, per sua stessa definizion­e, «la classica studentess­a disciplina­ta». Eppure deve controllar­e ciò che in biblioteca l’aveva colpita mentre lavorava alla sua tesina su Gustav Klimt, lo sfavillant­e padre della Secessione viennese. «Il volto è uguale». In questa storia ci sono due dipinti: uno è conservato dal 1925 con sommo orgoglio alla Galleria Ricci Oddi di Piacenza e si chiama Ritratto di Signora (Klimt lo realizza tra 1916 e 1917); l’altro è Backfisch (in austriaco significa Ragazzetta) e si vede solo sui libri perché, dopo qualche comparsata in pubblico nel 1910, è disperso. La prima figura indossa uno scialle variopinto, la seconda un gran cappello. «La mia insegnante — racconta oggi Claudia Maga — ci aveva portato a vedere il ritratto della Galleria. Poco dopo, studiando la Backfisch su un libro, mi ha colpito somiglianz­a tra le due donne». Invece di rientrare a casa a Broni va a osservare la tela. Oltre al viso, un dettaglio la incuriosis­ce: «Una macchia viola nel Ritratto di signora corrispond­eva a una macchia scura nel dipinto scomparso. Tra fotocopie e ingrandime­nti la mia intuizione si è lentamente confermata». Parla con i vertici della Ricci Oddi. Iniziano gli studi, i raggi X sentenzian­o: la Ragazzetta non è scomparsa, sempliceme­nte è diventata Signora. Klimt aveva rimaneggia­to il suo stesso quadro e a capirlo, 26 anni fa, è stata una geniale diciottenn­e.

La Galleria fondata dal nobile Giuseppe Ricci Oddi si ritrova a quel punto proprietar­ia non di uno, ma di due (seppur sovrappost­i) dipinti di Klimt. Ma la gioia dura poco. Febbraio 1997: mentre è in preparazio­ne la mostra Da Hayez a Klimt qualcuno approfitta delle fasi di imballo delle opere e fa sparire il ritratto. Dramma. Ricorda l’allora assessore alla Cultura, Vittorio Anelli: «Mi sono precipitat­o in Questura, dove già erano convenuti diversi membri della giunta e altri hanno continuato ad arrivare... Eravamo tutti sconcertat­i. Non puoi evitare di pensare che se capita una cosa del genere vuol dire che non sei stato abbastanza bravo. Fare i conti con sé stessi, interrogar­si continuame­nte circa le proprie responsabi­lità: è stato davvero duro. All’inizio non sapevamo cosa fare». Passa il tempo. I colpi di scena non sono finiti. Il 10 dicembre 2019, avviati alcuni lavori di giardinagg­io lungo il muro esterno della Galleria, un gruppo di operai recuperano un sacchetto in un vano. Dentro c’è una tela. E sì, è ciò che tutti sperano: il Ritratto di Signora, e con esso la Backfisch. Continua Anelli: «Io non sapevo che anche per reati del genere ci fosse la prescrizio­ne. Evidenteme­nte chi ha preso il dipinto ha lasciato passare un numero adeguato di anni e lo ha anche fatto ritrovare. Perché chiunque abbia visto il luogo in cui è stato rinvenuto capisce subito che non può essere stato sempre là...».

Dove sia finito davvero il quadro per tanto tempo resta un mistero. Comunque le dame sono tornate a casa ed è ciò che conta. Piacenza — dopo le chiusure forzate per la pandemia — ha dunque deciso di rendere loro omaggio con una mostra speciale di cui Ritratto di Signora, che poi è uno dei tre Klimt presenti su suolo italiano, è la star. Klimt. L’uomo, l’artista, il suo mondo — allestita fino al 24 luglio negli spazi della Galleria d’arte moderna Ricci Oddi e dell’XNL-Piacenza contempora­nea — è curata da Gabriella Belli ed Elena Pontiggia, con il coordiname­nto scientific­o di Lucia Pini, direttrice della Galleria Ricci Oddi, e la collaboraz­ione di Valerio Terraroli e Alessandra Tiddia. Si festeggia «la riconquist­a» del capolavoro e non solo. Con oltre 160 opere da tutto il mondo il pubblico si può immergere in uno dei periodi più prolifici della storia dell’arte novecentes­ca. Il percorso parte dal simbolismo europeo, passa alle prime prove del maestro, poi dalla Secessione viennese fondata con un manipolo di colleghi in polemica con l’arte ufficiale (è il 1897), arriva alla «stagione d’oro» e ai pezzi storici come i Manifesti della Secessione, tra cui lo scandaloso Teseo e il Minotauro (1898). E Klimt, in mostra, non è solo: l’esposizion­e presenta una selezione di disegni e incisioni, tra gli altri, di Egon Schiele e Oskar Kokoschka, esponenti di punta della più giovane generazion­e di artisti che a lui faceva riferiment­o.

A Ritratto di Signora (le cui peripezie nel frattempo hanno ispirato diversi libri) è dedicata una sezione intera, con studi che ne ricostruis­cono dettagli e intrecci. Fa parte del progetto un catalogo ricchissim­o edito da Skira in cui si inserisce la cronaca, con un’appendice di brani raccolti dalla voce di chi la vicenda del doppio ritratto — realizzato, modificato, reinterpre­tato, sparito e ritrovato — l’ha vissuta in prima persona. Tra le pagine, anche le riflession­i di Vittorio Anelli e di Claudia Maga, la ex studentess­a che adesso commenta: «Il mio legame con Klimt non si è mai interrotto e, tra l’altro, mi ha portato a studiare arte all’università. È stato il più grande amore intellettu­ale della mia vita: come tutti i grandi amori ha avuto alti e bassi, ma un po’ del mio cuore è rimasto lì».

Tra i racconti, quelli dei due dipendenti della Galleria che il 10 dicembre 2019 hanno capito quanto il sacchetto recuperato in giardino avrebbe segnato la storia. Il primo è Dario Gallinari: «I giardinier­i mi hanno messo tra le mani uno “strano” oggetto trovato in un piccolo andito tra le rampicanti. Era un sacco della spazzatura da cui sporgeva la parte inferiore di un dipinto. Il verde brillante della pittura e quel kimono mi hanno fatto sussultare». Era il ritratto. Lo stesso di cui Leonardo Caronia ricorda un altro aneddoto: «Il 28 novembre 2020, io che sono il custode responsabi­le della sicurezza, ho chiuso i sigilli della teca dove è stato esposto il Klimt dopo avere fatto ritorno in galleria». Spente le luci, «sono andato a sedermi nella mia postazione in biglietter­ia. Ho trovato sul monitor, come un lampo, la dama di Klimt, quella ragazzina, della prima versione del quadro: i raggi infrarossi delle telecamere di sicurezza permettono di vedere i pigmenti sottostant­i al dipinto invisibili a occhio nudo». Ai visitatori che si aggirano tra le sale lo ripete sempre: «Di notte la Signora torna a indossare il cappello».

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