Corriere della Sera - La Lettura

A tu per tu con Gould Il genio (non) ti salva

- Di PAOLO DI STEFANO

«Sì. Il romanzo si potrebbe definire anche un’indagine sulle ragioni di un suicidio, se si pensa a Wertheimer. La sorella è vittima immolata al feticcio ossessivo, nevrotico, compulsivo dell’ideale artistico di Wertheimer, un ideale incarnato. Gli artisti spesso hanno in mente l’ideale di ciò che vorrebbero essere, ma Wertheimer se lo trova di fronte, incarnato. La stessa cosa sarà accaduta alle cantanti che hanno incontrato Maria Callas...».

Gould annienta Wertheimer ma anche sé stesso?

«Sì, Glenn Gould si chiude nella sua casa in Canada, nel bosco, e lì non fa altro che stare al pianoforte giorno e notte, si riduce a una macchina per fare musica. È la genialità che si autodistru­gge. Tra l’altro Bernhard è capace in un rigo di restituirc­i una quotidiani­tà domestica folgorante: per esempio quando ci dice che dal suo boscaiolo Gould si faceva portare solo un bricco di latte, del pane, del burro e un pezzo di carne affumicata».

Il narratore rinuncia alla musica ma, diversamen­te da Wertheimer, troverà il suo riscatto scrivendo.

«Soprattutt­o nei romanzi, Bernhard gioca in un continuo rovesciame­nto. Anche in Antichi maestri c’è da una parte il disprezzo per Vermeer, per Rembrandt e per i grandi maestri, ma poi subentra la convinzion­e che l’arte è l’unica cosa che ci salva. Con Bernhard abbiamo sempre a che fare con una ricerca disperata di salvezza».

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