Corriere della Sera - La Lettura
A tu per tu con Gould Il genio (non) ti salva
«Sì. Il romanzo si potrebbe definire anche un’indagine sulle ragioni di un suicidio, se si pensa a Wertheimer. La sorella è vittima immolata al feticcio ossessivo, nevrotico, compulsivo dell’ideale artistico di Wertheimer, un ideale incarnato. Gli artisti spesso hanno in mente l’ideale di ciò che vorrebbero essere, ma Wertheimer se lo trova di fronte, incarnato. La stessa cosa sarà accaduta alle cantanti che hanno incontrato Maria Callas...».
Gould annienta Wertheimer ma anche sé stesso?
«Sì, Glenn Gould si chiude nella sua casa in Canada, nel bosco, e lì non fa altro che stare al pianoforte giorno e notte, si riduce a una macchina per fare musica. È la genialità che si autodistrugge. Tra l’altro Bernhard è capace in un rigo di restituirci una quotidianità domestica folgorante: per esempio quando ci dice che dal suo boscaiolo Gould si faceva portare solo un bricco di latte, del pane, del burro e un pezzo di carne affumicata».
Il narratore rinuncia alla musica ma, diversamente da Wertheimer, troverà il suo riscatto scrivendo.
«Soprattutto nei romanzi, Bernhard gioca in un continuo rovesciamento. Anche in Antichi maestri c’è da una parte il disprezzo per Vermeer, per Rembrandt e per i grandi maestri, ma poi subentra la convinzione che l’arte è l’unica cosa che ci salva. Con Bernhard abbiamo sempre a che fare con una ricerca disperata di salvezza».