Corriere della Sera - La Lettura
POLITICA, ARCHITETTURA: IL JAZZ NARRATO DI LIGUORI E DAMIANI
Sempre più spesso i jazzisti italiani hanno l’occasione di raccontarsi in prima persona, permettendo agli ascoltatori di conoscere al meglio le loro ragioni musicali. Negli ultimi tempi questa particolare bibliografia si è arricchita di due testi, relativi a importanti musicisti quasi coetanei e dunque significativi nei paralleli come nelle divergenze. Il pianista Gaetano Liguori, nato a Napoli nel 1950 ma cresciuto a Milano, pubblica per Jaca Book La mia storia del jazz (pp. 216, € 25); il contrabbassista e violoncellista romano Paolo Damiani, di due anni più giovane, si offre alle domande di Serafina Gerace in Tra note jazz, volume che comprende anche diversi suoi interventi sugli argomenti che gli stanno più a cuore (M&P, pp. 244, € 19,90).
Più teorico dunque il secondo libro, più narrativo e spontaneo il primo, ma entrambi segnati dall’intenzione di riassumere le esperienze dei loro autori. Che si sono affermati negli anni Settanta, l’epoca del jazz più impegnato e militante, almeno da noi; non a caso entrambi hanno come punto di riferimento Giorgio Gaslini, allora il jazzista più anomalo e discusso. Liguori svilupperà un’idea di jazz popolare e internazionalista, sposando le cause di molte comunità in rivolta; per questo il suo jazz s’intreccia con una storia che è soprattutto quella degli oppressi, afroamericani in testa. Damiani dal canto suo, dopo aver studiato architettura, elabora ricerche sempre più multimediali e crea un rapporto privilegiato con la Francia, tuttora un suo grande punto di riferimento, pure istituzionalmente. Anch’egli, a suo modo, esplora un jazz «popolare» soprattutto nel rapporto con l’uso della voce, cantante e parlante. Per questo l’intervista (che spazia fra argomenti fin troppo vasti) si lega intimamente con la sua pratica musicale: è sempre, sensibilmente, la «sua» voce che crea un percorso variegato entro l’ampia vicenda biografica. Architettura (con la riflessione sugli spazi e sul risuonare della musica) e politica (con l’esigenza di melodie che coinvolgano il pubblico): due modi per intendere il jazz in Italia, oggi.