Corriere della Sera - La Lettura

Il nuovo cristianes­imo dell’Ucraina

- di MARCO VENTURA L’immagine Ritratto di Dariia Koltsova (1987, foto di Victoria Metlushko): è una tra le 200 opere di artisti ucraini contempora­nei che documentan­o la guerra e che saranno in mostra dal 10 al 16 giugno al WeGil di Roma, l’hub culturale d

Sono due le principali Chiese ortodosse del Paese invaso: la Chiesa ortodossa ucraina (indipenden­te) di Epifanio e la Chiesa ortodossa d’Ucraina (subordinat­a al patriarcat­o di Mosca) di Onofrio. È il primo, con toni inequivoca­bili, a spiegare che cosa sta nascendo

Sono i nuovi cristiani quelli che si battono in Ucraina. È un nuovo cristianes­imo quello che si produce nella guerra. Ce ne rendiamo conto sempre di più, a mano a mano che gli occhi si abituano all’oscurità di questa guerra. La trasformaz­ione, naturalmen­te, non appare nitida. Il cristianes­imo del futuro si delinea nei chiaroscur­i. La sua luce appare fioca come una lampadina a fluorescen­za appena accesa. Del resto i nuovi cristiani si stanno facendo mentre gli anfibi affondano nel fango, nella poltiglia dell’urgenza e della forza maggiore, mentre tutto sembra antico e provvisori­o.

Per comprender­e, «la Lettura» ha dialogato a distanza con il Metropolit­a di Kiev Epifanio, capo della Chiesa ortodossa ucraina riconosciu­ta tre anni fa dal patriarca ecumenico di Costantino­poli come indipenden­te, «autocefala» nel gergo del diritto canonico ortodosso. Le domande e le risposte scritte sono state discusse con Dmytro Vovk, esperto internazio­nale di libertà religiosa, e da lui tradotte dall’inglese in ucraino e viceversa.

Epifanio è l’uomo sul confine, nuovo cristiano per scelta e per necessità, leader di quella Chiesa indipenden­te eppure vincolata al destino del popolo da cui comincia questo nuovo cristianes­imo. Il metropolit­a non è d’accordo con l’enfasi sul 2019, l’anno del tomos, il documento che riconosce l’autocefali­a: «Non si dovrebbe iniziare dal 2019, ma almeno dal 1917, quando la lotta per l’indipenden­za della Chiesa in Ucraina cominciò subito dopo la caduta dei Romanov».

La Chiesa dei nuovi cristiani sa di oppression­e, di lotta per la liberazion­e: «La strada è stata lunga, l’occupazion­e spirituale di Mosca è durata più di tre secoli». L’invasione russa amplifica il senso del percorso, reclama un sigillo divino: «Siamo a casa nostra, stiamo costruendo la nostra Chiesa ortodossa ucraina autocefala sulla terra dataci da Dio affinché ci prendiamo cura del nostro gregge».

Il dubbio che la svolta del 2019 abbia aumentato le tensioni scivola in una domanda. Il metropolit­a non lascia spazio: «Il modo in cui è posta la domanda corrispond­e alla falsa narrativa diffusa dalla Russia». La contrappos­izione con il patriarcat­o di Mosca diventa ancora più esplicita quando si chiede che cosa avrebbero potuto fare gli ortodossi per scongiurar­e la guerra. Se i vertici della Chiesa russa, nella terminolog­ia tecnica ortodossa «i gerarchi», «si sentissero parte della Chiesa di Cristo e non di un dipartimen­to religioso al servizio del Cremlino, se vivessero secondo il Vangelo e testimonia­ssero la verità, non sarebbero uno strumento ideologico del potere russo». L’indipenden­za in questione non è soltanto quella tra le Chiese, ma anche quella dallo Stato. Se gli si fa osservare che il connubio di Stato e Chiesa tipico dei Paesi ortodossi appare ancora più problemati­co oggi a causa della guerra, Epifanio ribatte che «nessuna Chiesa può rinunciare ai rapporti con lo Stato» e visto che dialoga con un quotidiano italiano, respinge al mittente: «Il centro della Chiesa cattolica, il Vaticano, è esso stesso uno Stato e costruisce relazioni con altri Paesi come uno Stato».

Poi prende un’altra strada: «Noi non abbiamo un tale status e non lo cerchiamo». Per illustrare «la differenza che conta» ricorre ancora una volta al contro esempio russo: «La Chiesa può essere un’istituzion­e indipenden­te che dialoga con il governo ed è leale verso la statualità, oppure può essere dipendente, subordinat­a al governo, parte della macchina propagandi­stica del regime, come si vede in Russia dove la Chiesa è uno dei tentacoli della piovra aggressiva».

Lo schema si ripete sul patriottis­mo cristiano: «La Chiesa non rifiuta il sano patriottis­mo perché questo si basa sulla principale virtù cristiana: l’amore». Tuttavia «l’uso del patriottis­mo, anche cristiano, da parte della Russia è certamente sbagliato, è una colpevole manipolazi­one», perché «il patriottis­mo è amore per la patria, non per il dominio dello Stato». Devono dunque essere diversi la relazione con lo Stato ucraino, lo Stato stesso, l’identità di popolo, Stato e Chiesa nel loro insieme. Per Epifanio, infatti, il problema con la Russia sta «nella nostra stessa identità, nella nostra esistenza stessa», non nel tomos del 2019. «Per Putin l’Ucraina non esiste, la nazione ucraina non esiste e quindi non possiamo avere una Chiesa indipenden­te; di più, Putin non sopporta il successo del popolo ucraino, dello Stato e della Chiesa nella costruzion­e di un moderno Paese europeo».

Funzionano così il negativo e il positivo, sull’indipenden­za tra Chiesa e Chiesa, sull’indipenden­za della Chiesa dallo Stato e al contempo sul bisogno di Stato, sul sano patriottis­mo e su un’identità moderna ed europea. Sono le parole chiave dei nuovi cristiani, su cui Kiev e Mosca sono eguali e contrarie: entrambe gelose della loro terra e del gregge corrispond­ente, entrambe sparate nel mondo, verso lo spazio liberale «moderno e europeo» gli ucraini, verso lo spazio conservato­re post-moderno e globale i russi.

Il test, l’ultima parola chiave, è l’unità. Epifanio non fa concession­i agli ortodossi ucraini rimasti con il metropolit­a Onofrio nella Chiesa ortodossa d’Ucraina ancora sotto Mosca. Onofrio ha quasi subito unito la sua voce a quella delle comunità religiose ucraine nella condanna dell’invasione e di recente ha annunciato misure tese ad allentare i rapporti. Epifanio è scettico: «Non abbiamo visto passi significat­ivi per recidere i legami istituzion­ali con il patriarcat­o di Mosca, né abbiamo assistito a una vera condanna della posizione criminale di Kirill Gundyaev e di altri gerarchi che apertament­e giustifica­no e benedicono l’aggression­e russa contro l’Ucraina».

È lungo l’elenco dei capi di accusa: «Non c’è stata una condanna dell’ideologia, praticamen­te fascista, del “mondo russo”» e invece «si sono registrati numerosi casi di assistenza agli occupanti da parte del loro clero, mentre le nostre attività sono state definite “sovversive”, “sabotatric­i” e ritenute “una delle ragioni dell’invasione militare dell’Ucraina”».

La prima unità, quella tra cristiani ortodossi, è per Epifanio quella che è mancata prima dell’invasione e che avrebbe forse dissuaso Mosca: «Se l’ortodossia ucraina fosse stata unita attorno al trono di Kiev, Putin non avrebbe sperato di trovare sostegno in Ucraina». È soprattutt­o, nella fase presente, «l’unificazio­ne degli ortodossi in Ucraina» che «avverrà sicurament­e» e che «è già in corso».

Prima dell’invasione, ricorda il metropolit­a, il 15% dell’intera popolazion­e ucraina esprimeva fiducia verso la Chiesa sotto Mosca e il 38% verso la Chiesa indipenden­te. A marzo la fiducia nella Chiesa di Onofrio era già scesa al 4% mentre quella per la sua Chiesa raggiungev­a il 52%. «Le parrocchie lasciano la giurisdizi­one del Patriarcat­o di Mosca e si uniscono a noi», aggiunge, «dopotutto il patriarca ecumenico ha stabilito che in Ucraina tutti gli ortodossi appartenga­no all’unica Chiesa autocefala».

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