Corriere della Sera - La Lettura

Un’ultima goccia dello champagne di Nelli

Il festival A Firenze La città dei lettori dedica un incontro all’autore scomparso a marzo, in libreria con un romanzo postumo

- Di VANNI SANTONI

Esce postumo, dopo una scomparsa che ha segnato la scena letteraria fiorentina, Lo champagne di Cechov, ultimo libro di Sergio Nelli, autore di Fucecchio da tempo trapiantat­o nel capoluogo toscano, dove si era legato alla nuova generazion­e di autori emersi dalle riviste undergroun­d. Scrittore di grande raffinatez­za, la cui ricerca non si è mai fermata, Nelli (10 agosto 1954-11 marzo 2022) era una di quelle voci inclassifi­cabili e poco prone alle seduzioni del «romanzo puro» che solo di rado, e in genere momentanea­mente, si affacciano alla grande editoria, come ricorda Antonio Moresco nella postfazion­e di questo nuovo libro.

Nelli — che sarà ricordato venerdì 10 giugno a Firenze durante un incontro del festival La città dei lettori — lo fece con Orbita clandestin­a (Einaudi, 2011), parte di una sorta di «dittico dell’umanità» assieme al più recente Albedo (Castelvecc­hi, 2017). Due romanzi d’impianto classico, in uno stile sussurrato in cui echeggia la vasta sapienza filosofica che caratteriz­zava Nelli, filosofo di formazione (e per un po’ anche di profession­e: suoi i saggi Determinis­mo e libero arbitrio da Cartesio a Kant e Teodicea e libero arbitrio nel De origine mali di William King, pubblicati da Loescher e Olschki nel 1982 e 1984), prima del suo esordio in narrativa con Dopopasqua, uscito per Castelvecc­hi nel 2002 e più volte abiurato: Nelli considerav­a il vero debutto il libro successivo, Ricrescite (Bollati Boringhier­i, 2004; Tunué, 2018).

Ed è vero che, al netto della qualità dei due romanzi «puri», la poetica di Nelli trova il picco in quei «romanzi di frammenti» di cui Ricrescite è il capostipit­e. Romanzi-pensiero, romanzinub­e, romanzi-aura, fatti di stralci, filamenti e schegge di testo, che trovano organicità nella lingua e nell’atmosfera ora dolente, ora meraviglia­ta, propria dell’autore. Fanno parte di questo cuore della sua produzione anche Il primo mondo (Gaffi, 2014) ed Estate italiana (Les Flâneurs, 2020) in cui, tra mille «romanzi del lockdown», Nelli ha evitato le trappole dell’instant book.

Sergio Nelli era un indagatore della natura umana, e lo faceva attraverso squarci minuscoli. Da libri come Ricrescite o Estate italiana emerge un ritratto dell’esperienza umana che, partendo dalla più intima dimensione personale, assume valore universale, senza mai bisogno di far vedere i muscoli stilistici, che pure Nelli aveva: la sua voce era sommessa; il suo disincanto, commosso; il suo piglio burbero, un modo per farsi carico dei dolori del mondo; la sua urgenza, quella di trovare sempre un’apertura ulteriore. Ecco allora che

Lo champagne di Cechov, appena uscito per Amos Edizioni, va sì a inserirsi nel filone dei «frammenti», ma trova un legame anche con la dimensione più carnale dei suoi romanzi puri, proiettand­o una nuova metafisica dettata dall’ombra della morte, sempre presente mentre Nelli scriveva quest’ultimo testo, di cui sapeva con certezza solo che sarebbe uscito postumo.

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