Corriere della Sera - La Lettura

Di cosa ho bisogno? Del pollice di E. A. Poe

- Di MIRKO ZILAHY

innesta fantasie fiabesche sul realismo di tutti i giorni. Qui Laken Cottle, lasciato dalla madre per una profezia nefasta e cresciuto dal padre orologiaio, insegue il sogno di scrivere. Ma gli servono le dita giuste...

Lasciate ogni speranza, voi ch’intrate nel mondo immaginari­o di Tiffany McDaniel. Si sa che per passare la soglia dell’Inferno — letterario, ctonio oppure inconscio — servono due elementi imprescind­ibili: un invito magico ed elegante da una parte e un gesto di assoluta volontà dall’altra. È questa la grande metafora dell’incipit, del patto con il demone delle lettere. Un invito come quello che formula Dracula sulla porta del suo castello al giovane avvocato londinese, Jonathan Harker: «Welcome to my house. Enter freely and of your own will, go safely and leave something of the happiness you bring», benvenuto nella mia casa. Entra liberament­e e di tua volontà, vai sicuro e lascia qualcosa della felicità che porti.

È come se Dracula, lo scrittore di questa figura, formulasse la sua offerta, proponesse il suo patto al lettore, Harker, per indurlo a entrare di sua spontanea volontà in quel mondo irreale — il libro —, ad andarsene quando vuole (la libertà del lettore di abbandonar­e il romanzo) e a lasciare qualcosa della felicità che reca con sé (l’energia necessaria per accendere le parole morte che, letteralme­nte, fanno un testo).

Per rendere tutto più chiaro, Stoker ci riferisce che, pronunciat­o l’invito, il Conte s’irrigidisc­e come una statua, in attesa che Jonathan decida liberament­e cosa fare. Se il gesto magico dello scrittore funziona, il lettore accetta il patto, compie il passo ed è dentro a un altro mondo, infero e ulteriore. Un vero patto con il diavolo, insomma, a cui si soggiace per penetrare nell’aldilà letterario. D’altronde è un adagio ben noto nel mondo editoriale che per essere efficace un romanzo debba «catturare» il lettore sin dapprincip­io. Deve agire come un Big Bang, creare, seduta stante, un universo immaginari­o evocandolo come fa la voce di Dio per trarre luce dal buio.

Tra le divinità terrestri di questo oscuro miracolo c’è sicurament­e Tiffany

McDaniel. Scrittrice nativa dell’Ohio, come Toni Morrison e Sherwood Anderson, che in Italia ha trovato terreno fertile sulle sponde di Atlantide — mai nome fu più azzeccato per un editore che pubblica talenti visionari come Mat Osman e Matteo Trevisani. Autrice di nicchia e poi di culto, schiva e lontana dai social, con L’estate che sciolse ogni cosa (2017) — romanzo che abita tra il grottesco dei racconti di Flannery O’ Connor e lo stupore dell’universo di Stephen King di Stand by me — McDaniel costruisce le sue fantasie fiabesche innestando­le, con effetti ipnotici, sul duro reale quotidiano.

I suoi incipit, le sue soglie, appunto, sono folgori di buio sul fragile tessuto della luce. Dal libro d’esordio leggiamo in apertura: «Il caldo arrivò insieme al diavolo. Era l’estate del 1984 e il diavolo era stato invitato. Quel caldo torrido, no. C’era da aspettarse­lo che arrivasser­o insieme. Dopo tutto, il caldo non è forse il volto del diavolo? E a chi è mai capitato di uscire di casa senza portarselo dietro?».

In L’eclisse di Laken Cottle, appena uscito in anteprima mondiale in Italia, si svela la sua arte dell’acchito immaginifi­co (nella bella traduzione di Clara Nubile) che non a caso comincia proprio come una creazione, ma al negativo: «È arrivato. È emerso dal punto più meridional­e della terra. È nato dal mistero e dalla meraviglia, così come sono nati i cieli stellati e il nostro mondo. Questo strano bambino delle tenebre cresce in fretta: dilaga dal Polo Sud come acqua versata in una caraffa già piena, tracima dai bordi. [...] Il buio si dirige verso le stazioni scientific­he costruite nel deserto antartico. Là dentro, gli scienziati studiano il plancton e i meteoriti caduti sulla terra e ben conservati dal ghiaccio. Con gli occhi puntati sui microscopi, anche questi scienziati vengono spazzati via facilmente, e senza preavviso. [...] Le navi rompighiac­cio, con i loro carichi di merci e provviste, vanno alla deriva nelle

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