Corriere della Sera - La Lettura
CONTRABBASSO PIGRO E GENIALE
Studiava violino e timpani, cantava da «soprano» nell’Italiana in Algeri di Rossini. Per caso finì nella classe di contrabbasso al Conservatorio di Milano e il suo destino fu segnato. È un caleidoscopio di vicende al limite del funambolico, l’esistenza del virtuoso e compositore cremasco Giovanni Bottesini (1821-1889): quasi un romanzo d’avventure, nel quale è bello immergersi grazie al corposo volume di Aldo Salvagno, Giovanni Bottesini. Il Paganini del contrabbasso. La vita attraverso le lettere (Lim, pp. 608,
€ 45), che intreccia sobria narrazione e ricchissimo apparato documentario. Lettere, ma anche fotografie d’epoca, manoscritti. E gli ironici Souvenirs di Léon Éscudier, un ritratto folto di aneddoti spassosi. Si ripercorrono così tutti gli exploit dell’artista che più ha plasmato l’identità solistica del contrabbasso: «Bottesini è un genio inarrivabile. Egli è giunto ad obbligare al canto un istrumento a tal uopo intrattabile». Trionfi da virtuoso: «Prafe Potessine!», gli grida con accento tedesco la duchessa Maria Luisa, a Parma. Successi come autore; e sul podio, alla prima dell’Aida al Cairo. In mezzo a viaggi rocamboleschi a Cuba (sessantasei giorni in veliero), in Messico (con gli indigeni che gli intitolano una barca), negli States, in tutta Europa, a dispetto di una leggendaria quanto conscia pigrizia: «Molte volte sono poltrone»...