Corriere della Sera - La Lettura
FILIPPINE E GUINEA: IL MONDO DI DOMANI
Iconclavi funzionano come La lettera rubata di Edgar Allan Poe, cercata nei nascondigli più astuti finché si scopre che stava davanti agli occhi di tutti: sulla mensola del caminetto. Le previsioni sagaci vengono smentite, i papi della vigilia escono cardinali e, alla fine, risulta eletto il candidato che per forza era evidente, ma a posteriori. Così accadde per Ratzinger, alla vigilia considerato dai più solo un «grande elettore» nel conclave del 2005; così nel 2013 per Bergoglio, già candidato al conclave precedente e ormai nel novero dei porporati troppo anziani e in età da pensione. Il fatto è che i cardinali si trovano ad affidare la Chiesa e un potere assoluto: soltanto a posteriori è ovvio che solo Ratzinger potesse reggere l’eredità di Wojtyla, e solo il «prete callejero» Bergoglio — eletto da uno dei conclavi più conservatori — risollevare l’immagine di una Chiesa minata da Vatileaks.
Così l’unica cosa sensata, mentre non si sa neppure quando ci sarà un conclave, è nominare le figure alle quali nella Chiesa si guarda già da qualche anno come protagonisti sicuri della prossima elezione. E il primo è il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, 64 anni, al quale Francesco confidò a Manila: «L’Asia è il futuro della Chiesa». Il Papa lo ha voluto nel 2015 come presidente di Caritas Internationalis e nel 2019 lo ha nominato prefetto di Propaganda Fide, quello che una volta si definiva il «Papa rosso», incarichi che lo fanno conoscere alle Chiese (e quindi ai cardinali) di tutto il mondo. Di madre cinese, Tagle è un papabile di grande suggestione perché starebbe all’Oriente e alla Cina come Wojtyla all’Est Europa.
L’anima più conservatrice, compresi gli oppositori di Francesco, guarda da tempo al cardinale Robert Sarah, 77 anni, africano della Guinea, prefetto emerito della Congregazione per il Culto divino, che fu nominato vescovo da Wojtyla a soli 34 anni ed è vicino a Benedetto XVI. Autore di bestseller come Dio o niente (Cantagalli, 2015), è una figura ieratica e un difensore della tradizione liturgica.
Per unire una Chiesa divisa, gli elettori potrebbero tornare al classico papa italiano. Tra i porporati del nostro Paese si indicano due papabili. Uno è il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, 67 anni, grande diplomatico, artefice del dialogo con la Cina, e insieme capace di un profilo molto pastorale: vicentino, non ha dimenticato l’esperienza giovanile da viceparroco a Schio. L’altro nome forte è quello del cardinale Matteo Zuppi, 66 anni, arcivescovo di Bologna, appena nominato dal Papa presidente della Cei.