Corriere della Sera - La Lettura
La fabbrica di tutti gli incubi
dava per fatta quella che Putin chiama «operazione speciale»: una capacità profetica che richiama quella di un classico come «Noi» di Evgenij Zamjatin. Ora che «Il mago del Cremlino» esce anche in Italia, il libro avverte: «La natura dello Zar è necessariamente indifferente»
Ametà aprile, Edoardo Brugnatelli, di Mondadori, ha scritto su Twitter che in questo periodo gli editori sono tempestati di offerte di libri che parlano di Russia, Ucraina, Putin, oligarchi eccetera e che lui, rispetto a tutta questa roba, aveva un atteggiamento che si potrebbe riassumere così: «Alla larga»; e che con questo spirito si era messo a leggere un romanzo pubblicato da Gallimard, che gli era invece piaciuto moltissimo, e che c’erano diverse case editrici italiane che se lo contendevano e che sperava che alla fine lo comperasse Mondadori ma che, comunque, lo consigliava.
Il romanzo l’aveva scritto Giuliano da Empoli, docente all’Institut d’études politiques de Paris (e già consigliere politico di Matteo Renzi), si intitolava Le mage du Kremlin (Il mago del Cremlino), e il protagonista è uno dei principali consiglieri di Putin, Vladimir Surkov, nel romanzo Vadim Baranov.
Ho ordinato Le mage du Kremlin ,ho cominciato a leggerlo e ho scritto a Brugnatelli che mi offrivo come traduttore.
Brugnatelli mi ha risposto che, se Mondadori alla fine avesse avuto i diritti, gli sarebbe piaciuto farmelo tradurre, ma che il romanzo era già tradotto, da Empoli è bilingue e l’ha scritto sia in francese che in italiano.
«Che peccato», devo aver risposto io. Ho finito poi di leggerlo e, tra le altre cose, mi ha ricordato un’opera del 1911 del poeta russo Velimir Chlebnikov, Il maestro e l’allievo. Chlebnikov, che era anche matematico, si è dedicato allo studio della scienza del tempo, e ha concluso, nel 1911, che c’era da aspettarsi, per il 1917, la caduta dell’impero russo. La rivoluzione è, per Chlebnikov, la conseguenza del fatto che nel 534 fu assoggettato il regno dei vandali. «Nel 534 fu assoggettato il regno dei vandali», scrive Chlebnikov: «Non dovremmo dunque aspettarci, per il 1917, la caduta di uno Stato?».
Ne Il mago del Cremlino, consegnato a Gallimard nel gennaio 2021, si dà come fatta quella che il governo russo chiama «operazione speciale» e che noi in Occidente chiamiamo «guerra»; non so che calcoli abbia fatto da Empoli per arrivare alle sue conclusioni, ma la cosa colpisce, vista da qui.
Ne Il mago del Cremlino si cita un classico della letteratura russa, il romanzo Noi, di Evgenij Zamjatin, del quale si dice: «Nel 1922 Zamjatin aveva smesso di essere uno scrittore ed era diventato una macchina del tempo. Credeva di scrivere una critica al sistema sovietico in costruzione ma in realtà, senza rendersene conto, aveva scavalcato un secolo per rivolgersi direttamente alla nostra era. Noi dipingeva una società governata dalla razionalità, nella quale ogni cosa si convertiva in numero e la vita di ciascun individuo era regolata nei minimi dettagli per garantire la massima efficienza. Una dittatura implacabile ma confortevole, nella quale i rapporti tra i sessi erano determinati da un meccanismo automatico che permetteva a ognuno di selezionare i partner più compatibili e di accoppiarsi con loro. Tutto era trasparente. “Si dice che nell’antichità si votasse quasi di nascosto, come dei ladri”, dice a un certo punto il personaggio principale, D-503. “A cosa servisse questo mistero, non è mai stato stabilito esattamente. Noi non nascondiamo niente, non abbiamo vergogna di niente: noi celebriamo le elezioni in modo aperto, leale, in piena luce. Io vedo tutti gli altri votare per il Benefatto