Corriere della Sera - La Lettura
Arriva una felicità che fa paura
ha esordito a 46 anni e, oggi che ne ha 66, anche in questo romanzo dimostra di sapersi tenere alla larga dalle mode. Stavolta svela nel dettaglio, con spietata lucidità, le dinamiche emotive di due coppie londinesi
Intrecci
Questa è la storia di amiche del cuore sposate ad amici del cuore, con tutto ciò che ne consegue. Una morte fa precipitare le cose
Di un personaggio del suo nuovo romanzo — un ragazzo che ambirebbe a diventare scrittore — Tessa Hadley scrive che purtroppo «non possedeva la crudeltà o il senso di incompletezza interiore necessari a fare di un uomo un artista». Crudele e insoddisfatto della propria incompletezza: così nell’opinione di quest’eccellente romanziera inglese dovrebbe essere chiunque ambisca a cogliere l’essenza dell’esperienza umana in tutte le sue meno ovvie sfumature, mutamenti e contraddizioni. Esattamente ciò che riesce a fare lei nel suo strepitoso romanzo L’arte del matrimonio, con l’aiuto di una prosa sontuosa.
Tessa Hadley, 66 anni, incarna una felice antinomia: una scrittrice britannica così classica da risultare controcorrente. Ha pubblicato il suo primo romanzo a 46, non ha mai vinto il premio Booker, non cerca l’innovazione stilistica ( àla Rachel Cusk) o l’aderenza a nuovi contenuti ( à la Sally Rooney), si tiene a distanza dalle mode letterarie come l’autofiction ( àla Deborah Levy), e scrive romanzi di rara perspicacia, ambientati nelle dimore di una Londra colta (à la «Hampstead novel»), che scandagliano le acque infide del matrimonio, esplorano le sfide dell’essere genitori, le consolazioni dell’amicizia, la fedeltà, l’infedeltà, e il potere creativo e distruttivo del sesso, con una tale capacità di cogliere anche i minimi scarti dell’animo e con una tale ironia da aver conquistato l’ammirazione di due autrici assai più giovani e à la page come Zadie Smith e Chimamanda Ngozi Adichie. Né sono pochi i critici anglosassoni che l’hanno paragonata a Virginia Woolf.
L’arte del matrimonio è il secondo dei suoi otto romanzi a uscire in Italia (nella buona traduzione di Milena Zemira Ciccimarra), dopo Il passato — ed è la storia di due amiche del cuore che sposano due amici del cuore, con tutto ciò che ne consegue. Andando con ordine: la morte improvvisa dell’amabile e generoso Zachary, stroncato da un infarto nella sua galleria d’arte a Londra, è l’evento che getta nel caos le vite di questo piccolo gruppo di persone a cui il ricco, generoso ed energetico Zach aveva fatto per trent’anni da áncora. Parliamo della sua bella e pigra moglie Lydia, che non si è mai presa la briga di lavorare o imparare a guidare; di Christine, l’amica del cuore di Lydia, che è anche la prima artista a cui Zach ha dato sostegno come mercante d’arte; e Alex, l’ombroso marito di Christine, un poeta pieno di angoscia repressa che ha smesso di scrivere e si è accontentato di dirigere una scuola elementare, senza dare spiegazioni.
In mezzo ai preparativi del funerale di Zach e al modo in cui ognuno vive la perdita di quest’uomo così amato — Lydia trasferendosi in casa di Christine e Alex pur di non affrontare la solitudine; Grace, la giovane figlia artista di Zach e Lydia, trasferendosi in quella della sua migliore amica Isobel; e Isobel, la figlia di Christine e Alex, circondando di affetto l’amica — Tessa Hadley comincia ad aprire qualche finestra sul loro passato. E bisogna dire che la vista, da quell’altezza, è ricca di sorprese.
Innanzitutto scopriamo che Lydia e Christine, legare da amicizia fin tempi della scuola, avevano conosciuto Alex quando era il loro professore di francese. All’epoca Alex era sposato e con un bimbo piccolo, e Lydia, presa da un’ossessione amorosa per lui, era riuscita a intrufolarglisi in casa come baby sitter, portandosi appresso Christine, per scoprire se il suo matrimonio aveva delle crepe. È dunque in casa di Alex che Zach, il suo migliore amico fin dai tempi del collegio e poi di Cambridge, incontra Christine e si mette con lei; mentre Lydia fa un buco nell’acqua con Alex. Poi, lo scambio: Christine si rende conto che a Zach piace Lydia, e decide di lasciarlo all’amica. Dal canto suo, Lydia rinuncia alla sua ossessione per Alex, il quale prima divorzia e poi trova conforto nella serietà senza fronzoli di Christine. Le coppie così formate si cementano: nozze, nascita delle figlie, gite alla Biennale di Venezia, serate al cinema. Il tempo passa: ormai tutti hanno superato i cinquant’anni da un po’. I setting sono quelli della bohemian middle-class inglese: l’appartamento nella zona nord-ovest di Londra dove vivono Alex e Christine è bagnato di luce di giorno e risuona delle note di Schubert di sera; la galleria che Zach inaugura con successo è una cappella sconsacrata nel quartiere trendy di Clerkenwell e comunica con l’appartamento dove Lydia passa le sue giornate annoiandosi piacevolmente; le case delle loro ragazze ormai cresciute ne rispecchiano la personalità: modesta e ordinata quella di Isobel, come si addice a una professionista impegnata nel sociale; caotica, sporca e condivisa quella della vulcanica Grace, che studia da scultrice a Glasgow.
Poi, a metà di questa storia che attinge a significativi flashback, ecco che un colossale, imprevisto tradimento immette nuova benzina nel motore della narrazione, la quale si avvarrà, sempre in flashback, della rivelazione di ulteriori e segrete trasgressioni. «Il sesso sembrava un trucco di bassa lega, da fuori, ma nell’istante in cui ardeva bruciava il mondo intero nella sua fiamma», riflette Alex dopo aver fatto l’amore con Lydia e di conseguenza messo fine al suo matrimonio Christine. «Non si può avere tutto: la saggezza della vita si riduce a questo. Qualunque cosa tu abbia è al posto di qualcos’altro».
Una domanda aleggia su tutto questo arco narrativo: perché Christine e Lydia, che si definiscono femministe e hanno ricevuto un’istruzione di primo livello, hanno scelto di vivere come le loro madri, e dipendere dall’esperienza e la competenza dei mariti?
La risposta è che in principio quella dipendenza aveva i suoi vantaggi. Che col tempo, però, si rivelano effimeri. E nel suo viaggio dall’incanto al disincanto Christine, l’unica protagonista di questa storia a uscirne, in fondo, vincente, scopre finalmente l’indipendenza. E insieme a questa, per la prima volta nella sua vita, «una tale promessa di sollievo e felicità da provare paura».