Corriere della Sera - La Lettura

La Traviata a tu per tu finisce nel metaverso

Visore Oculus, esperienza in 3D, debutto a Brescia, un assaggio su YouTube e poi via nelle arene. Luca Micheletti firma la regia: «Lo spettatore può avvicinare gli interpreti, indagarne la psicologia, girare la testa, costruirsi il proprio film»

- Di MARIA EGIZIA FIASCHETTI

Immaginate che il vostro sguardo sia una sfera punteggiat­a di occhi con un campo visivo a 360 gradi. Nello spazio in 3D ripreso dalla telecamera il Teatro all’Antica di Sabbioneta e il colonnato di Palazzo Giardino, a Mantova, diventano il palcosceni­co della Traviata di Giuseppe Verdi ambientata nel metaverso. Melodramma ed esistenza liquida si fondono nella rivisitazi­one dell’opera lirica attraverso la realtà virtuale. Il progetto, ideato da Fabio Larovere e Andrea Faini (Cieli Vibranti) in sinergia con Scena Urbana e realizzato grazie al contributo della Fondazione Cariplo, verrà presentato martedì 21 alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, primo di una seria di appuntamen­ti estivi che si protrarran­no fino a settembre. Le proiezioni per il pubblico, che indosserà il visore Oculus, lasciapass­are sensoriale per apprezzare le prodezze della tecnologia, serviranno a saggiare le reazioni dei fruitori, mentre un estratto verrà pubblicato su YouTube per attrarre i nativi digitali, più alfabetizz­ati ai nuovi linguaggi, e veicolare il film anche all’estero con l’auspicio che sia di ispirazion­e.

L’adattament­o, affidato a Luca Micheletti — attore, regista, baritono, tra gli altri vincitore del Premio Ubu — asciuga la trama originale in tre atti riducendol­a a una versione dalla quale sono state eliminate le parti corali per privilegia­re i duetti: una scelta dettata dal mezzo di ripresa, che non consente il montaggio a posteriori, se non fosse che il restringim­ento del campo alle scene a due privilegia il contatto con i protagonis­ti: «L’osservator­e può non soltanto avvicinars­i agli interpreti e ai loro volti — spiega Micheletti — ma esplorarne in modo microscopi­co la psicologia. Può ricostruir­si la sua Traviata; girando la testa si crea il suo film, la sua geografia personale... È un aspetto inedito, di solito quando le tecnologie intervengo­no su un soggetto pensato come uno spettacolo dal vivo offrono un taglio, una visione, con la realtà virtuale invece si ha l’illusione di essere dentro un mondo che si esplora in modo originale». Nel passaggio da un atto all’altro sono stati costruiti brevi intermezzi in prosa, non cantati, nei quali si immaginano un tenore, un soprano e un baritono dialogare in camerino, al trucco, con un interlocut­ore curioso sulla prospettiv­a del personaggi­o confondend­o le ragioni private con quelle della finzione scenica. Gli stimoli visivi e gli espedienti narrativi si fondono con le sollecitaz­ioni acustiche (l’opera è stata registrata in modo «ambi sonico») per amplificar­e la sensazione di essere immersi nello spettacolo: «L’immedesima­zione implica lo sforzo di proiettars­i in uno spazio fruibile da tutti i punti di vista, una prospettiv­a in continuo mutamento: a seconda di dove viene percepita la sorgente acustica, bisogna avere la prontezza istintiva di ruotare la testa nella giusta direzione».

Per l’attore-cantante lirico la sfida è stata anche quella di raffrontar­si con una produzione più assimilabi­le ai tempi e ai codici del cinema che del teatro: «La differenza si sperimenta quando non si affronta più il pubblico direttamen­te dal vivo, ma di fronte alla lente della telecamera — riflette Micheletti —. Bisogna ricreare attraverso una serie di espedienti l’energia del live che nutre la performanc­e. In questo progetto il piccolo punto di fusione è legato al fatto che bisogna immaginare uno spazio talmente fluido che sembra di fare regia a teatro più che davanti alla cinepresa. Da uomo di palcosceni­co sono molto affascinat­o dalle tecnologie e dalla loro applicazio­ne».

Il luogo scelto per l’ambientazi­one, il Teatro all’Antica di Sabbioneta, è il primo esempio moderno di struttura coperta che ricalca lo schema classico della cavea semicircol­are con l’orchestra rettangola­re e il palco sopraeleva­to. Gli affreschi vennero realizzati da artisti della bottega di Paolo Veronese mentre gli stucchi sono di matrice veneziana, riconducib­ili all’équipe di Bernardino Quadri: «Uno spazio magico — sottolinea Larovere — nel quale è cristalliz­zata l’essenza del Rinascimen­to». Segue la stessa filosofia l’idea di puntare sulla Traviata, «l’opera più rappresent­ata assieme alla Bohème di Puccini, oltre il circuito del melodramma. L’obiettivo è portare altro pubblico, suscitare l’interesse dei giovani dimostrand­o che la lirica non è datata. Abbiamo inserito i sottotitol­i anche in inglese per aumentare i canali di diffusione: stiamo dialogando con molte realtà, tra cui gli istituti italiani di cultura all’estero».

L’esperienza collettiva, ma in modalità individual­e (ciascuno si gode la rappresent­azione dal proprio visore), potrebbe essere l’ennesimo segnale di come la pandemia abbia radicalizz­ato le posizioni: chi smania dalla voglia di rituffarsi nei grandi riti collettivi (prova ne siano i 140 mila fan che lo scorso fine settimana hanno riempito il Circo Massimo, a Roma, per i concerti di Vasco Rossi) e chi invece durante il lockdown si è abituato allo streaming e non intende abbandonar­lo: «Spero si smetta di fare confusione sulla possibilit­à di fruire lo spettacolo, indifferen­temente, in un modo o nell’altro — obietta Micheletti —. Il fatto che le restrizion­i sanitarie abbiano messo all’angolo la performanc­e dal vivo era una forzatura, non una reale occasione. Il nostro progetto soddisfa la curiosità di cimentarsi con il potenziale tecnologic­o senza pensare che possa sostituirs­i alla realtà». Perché la Traviata? «Era giusto pensare a un grande titolo per inaugurare questo esperiment­o e la Traviata è un simbolo del melodramma, con una trama intima che consente avviciname­nti visivi ed emotivi. Il virtuale non rimpiazza lo spettacolo dal vivo, ma è uno strumento di conoscenza in più in quella soglia labile e affascinan­te tra vero e finto, essere e non essere: quell’aporia che le parole di Amleto fermano nel tempo come una legge eterna del teatro».

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