Corriere della Sera - La Lettura

In fiamme i dell’imprendito­re che denunciò i

Lazzaro D’Auria, 56 anni, ha creato nel Tavoliere 6 aziende agricole. Da anni vive sotto scorta per le minacce della Quarta mafia. Pochi giorni fa il nuovo attacco campi clan

- Di GIANNI SANTUCCI

Non è così semplice bruciare un campo di grano. Avevano provato un paio di volte, negli ultimi tempi. Avevano sbagliato «tecnica». Fiamme in zone esterne, vento contrario, incendio non deflagrato. Invece il 10 giugno le fiamme le hanno appiccate in una zona più centrale, e il vento le ha fatte propagare, così decine e decine di ettari del raccolto sono andate in malora. È accaduto in località Incoronata, Foggia, con danni tra i 2 e i 300 mila euro. È stato più che un incendio. Perché dietro la ferocia dolosa di quelle fiamme c’è la violenza ossessiva e funesta della mafia foggiana, la Quarta mafia. In questo caso però non rientra nella logica criminale «classica», della sequenza minaccia/attentato/pizzo.

Qui la frontiera è più nera e più avanzata: perché nessuna organizzaz­ione criminale potrebbe pensare oggi di estorcere denaro a Lazzaro D’Auria, 56 anni, imprendito­re campano che nel Tavoliere ha creato 6 aziende agricole (tra cui quella che coltiva grano all’Incoronata) che fatturano decine di milioni di euro. D’Auria è sotto scorta da anni. Nel 2017 denunciò gli uomini dei clan dopo due anni di minacce e aggression­i. Lo agganciava­no all’improvviso mentre usciva da una banca, o andava in macchina a Foggia. Iniziarono a tartassarl­o proprio quando, nel 2015-2016, decise di comprare quei campi in Borgo Incoronata. Pretendeva­no 200 mila euro, o «ti ammocchiam­o» (non serve traduzione dal dialetto).

D’Auria, dopo un travaglio drammatico, denunciò: e da quel momento non ha mai fatto un passo indietro, primo imprendito­re a essersi costituito parte civile in Tribunale, testimone in aula nel processo «Decima azione», la più vasta operazione investigat­iva e giudiziari­a in provincia di Foggia dell’ultimo decennio. È anche uno dei volti più noti dell’associazio­ne antiracket nata in città alla fine dello scorso anno, simbolo di reazione dopo anni di sottomissi­one.

Quando il «Wall Street Journal», qualche mese fa, ha dedicato un lungo servizio alla devastazio­ne economica e sociale della provincia più a Nord della Puglia, l’articolo era corredato proprio dalle foto di D’Auria, che negli ultimi anni ha subito «sei attentati e quindici tra rapine e atti vandalici». Ma la lista è da aggiornare. Nella notte tra 11 e 12 giugno, 24 ore dopo l’attacco al raccolto di grano all’Incoronata, qualcuno ha dato fuoco all’impianto di irrigazion­e di un altro terreno di D’Auria, in località Palmoli, a San Severo, dove l’azienda coltiva pomodori, e dove nell’estate 2021 venne fatto saltare un capannone. Definito il profilo di D’Auria, si capisce anche perché la Quarta mafia s’accanisca sul suo grano e sulle sue aziende. Non per chiedere il pizzo. Ma per vendetta, per sfregio, per mandare a tutti gli altri il messaggio che, se passeranno dalla parte della giustizia, non avranno mai pace. D’Auria ha detto che l’anno prossimo seminerà di nuovo il suo grano.

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