Corriere della Sera - La Lettura
Il sogno della pace in 30 milioni di file
Nell’aprile del 1946, una sobria riunione a Ginevra metteva fine alla storia della Società delle Nazioni, prima organizzazione intergovernativa permanente per la prevenzione dei conflitti tra Stati membri. Pochi mesi prima, dall’altra parte dell’Atlantico, aveva preso vita l’Organizzazione delle Nazioni Unite in nome di una marcata discontinuità. A segnare da tempo la sorte della Società delle Nazioni era il fallimento nel suo compito principale. Eppure, alte speranze avevano accompagnato la sua nascita dall’alveo della Conferenza di pace di Parigi del 1919, solo in parte raffreddate dalla mancata adesione degli Stati Uniti, che pure l’avevano promossa. La leggenda nera che circonda l’organizzazione ha impedito di considerare appieno la sua esperienza di inedito laboratorio della cooperazione internazionale: la speranza che quella storia sia ora restituita all’opinione pubblica è offerta dal progetto Lontad, che ha portato a compimento la digitalizzazione dell’intero archivio della Società, mettendolo a disposizione online gratuitamente e senza restrizioni.
Tutto l’archivio della Società delle Nazioni è stato digitalizzato ed è disponibile alla consultazione. Il responsabile Francesco Pisano illustra un progetto che permette di conoscere meglio un’organizzazione meno fallimentare di come di solito la si presenta
Una rapida ricerca basta a svelare aspetti poco noti che restituiscono la complessità dell’organizzazione. Ci si può imbattere così nel resoconto della visita a Ginevra nel 1924 di Deskaheh, capo degli irochesi e rappresentante del Consiglio delle Sei Nazioni che abitavano l’omonima riserva indiana in Canada. La sua richiesta di ammissione alla Società si scontrò con l’opposizione britannica; nondimeno, la vicenda illustra come l’organizzazione fosse considerata in ogni angolo del mondo lo strumento principale per ottenere il riconoscimento internazionale di uno Stato e con esso la garanzia della sovranità.
Filoni documentari di grande ricchezza offrono un riscontro di organi tecnici come la Commissione per la cooperazione intellettuale, antenata dell’odierna Unesco, cui parteciparono tra gli altri Albert Einstein, Marie Curie, Henri Bergson, Jagadish Chandra Bose. Essa contribuì a forgiare legami culturali e scientifici senza precedenti, mai recisi del tutto dal nuovo conflitto mondiale né dalla successiva guerra fredda. Sul piano legale, la Società delle Nazioni produsse documenti di enorme influenza, come la Dichiarazione dei diritti del bambino e la Convenzione sui diritti dei rifugiati; il suo Comitato di esperti per la Codificazione del diritto internazionale ebbe come primo presidente lo svedese Hjalmar Hammarskjöld, padre del futuro segretario generale delle Nazioni Unite Dag Hammarskjöld. Ampio spazio trova anche la storia del «passaporto per i senza Stato», presto rinominato «passaporto Nansen» dal nome del noto esploratore norvegese che se ne fece promotore. Si trattava di un documento di viaggio rilasciato dall’Alto Commissariato per i rifugiati della Società delle Nazioni e riconosciuto a livello internazionale, destinato a facilitare il transito e il ricollocamento dei molti rifugiati apolidi prodotti dalla Prima guerra mondiale. Anche in questo caso, la storia successiva avrebbe appreso molto da quell’esperienza.
Del Progetto Lontad e dei suoi risultati abbiamo parlato con Francesco Pisano, direttore della Biblioteca e Archivio delle Nazioni Unite di Ginevra dal 2016.
Milioni di file, centinaia di terabyte: i numeri del progetto Lontad sono difficili persino da immaginare. Come è nata un’idea tanto ambiziosa?
«Da tempo gli Stati membri dell’Onu ci richiedevano la riproduzione di porzioni documentarie; noi ne approfittavamo per farne copie digitali per uso interno. Si trattava però di un lavoro frammentario ed episodico. Il progetto è nato dunque dalla volontà di ridurre drasticamente i tempi e di conferire organicità all’iniziativa. La progettazione, durata tre anni, ha consentito di stimare con buona approssimazione il budget necessario, i tempi di lavorazione e i possibili inconvenienti. Questo ci ha permesso persino di risparmiare rispetto alle previsioni e di accantonare risorse sufficienti alla manutenzione per 15 anni. Al contempo, il checkup dell’intero archivio è andato di pari passo con il suo restauro; in futuro la documentazione cartacea sarà preservata meglio, poiché la digitalizzazione rende meno necessario l’accesso fisico».
Da dove viene il supporto economico al progetto?
«Una volta predisposto il piano di lavoro, ci siamo rivolti per il finanziamento al peculiare ecosistema economico ginevrino, che ha nel Dna un forte orientamento internazionale. Abbiamo riscontrato l’attenzione di una fondazione che ha nel proprio statuto la preservazione del pa
trimonio documentario. Dopo un breve negoziato, la fondazione ha deciso di procedere a una cospicua donazione, rinunciando a ricavarne alcun vantaggio al punto di chiedere di rimanere anonima».
Nella volontà del suo ideatore, il presidente statunitense Woodrow Wilson, la Società delle Nazioni doveva diventare il palcoscenico pubblico della diplomazia, lontano dalla segretezza che aveva fomentato la guerra del 1914. Dopo il 1945, la neonata Onu trovò sede nel Palazzo di Vetro. Il progetto Lontad si pone in linea di continuità ideale con quello spirito di trasparenza?
«La parola chiave del progetto è “accesso”. Volevamo che il patrimonio documentario fosse accessibile senza restrizioni, indipendentemente dal grado di specializzazione degli utenti e dalla loro disponibilità a consultarlo a Ginevra, città tra le più care al mondo. L’uguaglianza di accesso è garantita anche dalla possibilità di ottenere l’aiuto online di archivisti professionisti in tempo reale, per orientarsi all’interno della complessa struttura dell’archivio. La continuità ideale risiede quindi nella speranza che un accesso più trasparente promuova la comprensione del ruolo storico del multilateralismo».
Studiare la Società delle Nazioni equivale spesso a registrarne il principale fallimento: l’incapacità di impedire una nuova guerra mondiale. Eppure, essa fu al centro di un’altra storia: l’assistenza ai rifugiati, la collaborazione scientifica internazionale, la formazione di figure tecniche e professionali spiccatamente internazionali (come Jean Monnet, padre dell’integrazione europea). Ritiene che la disponibilità online dell’archivio possa incentivare la conoscenza di quelle esperienze?
«Questo era l’obiettivo del ciclo biennale di iniziative “Multilateralism100”, in occasione del centenario della Società delle Nazioni (1919): mostrare come essa sia stata un inedito laboratorio di cooperazione internazionale. Al contrario dell’Onu, che è ricorsa al sistema delle agenzie specializzate, la Società comprendeva al suo interno una miriade di sezioni tecniche in materia per esempio di immigrazione e sanità e altro: questo trova ampio riscontro nell’archivio. Per almeno due decenni, questo sistema ha mostrato che la cooperazione internazionale in ambito tecnico può funzionare. La fama che circonda la Società delle Nazioni ha una ragione storica: i vincitori della Seconda guerra mondiale avevano necessità di addossarle la colpa per il fallimento dell’ordine prebellico e di dimostrare che l’Onu iniziava una storia nuova. Tuttavia, è tempo di riconoscere che il fallimento fu il prodotto della mancanza di volontà politica nel fare funzionare l’organizzazione ben più che delle sue disfunzioni».
È difficile negare che il multilateralismo stia vivendo anni difficili. Il progetto Lontad può contribuire al rilancio della discussione pubblica in merito, a fronte di sfide globali come il cambiamento climatico?
«Il progetto Lontad è nato nel 2016, quando erano già percettibili i segnali di un’epoca di rinnovati conflitti internazionali. L’archivio è parte dell’ecosistema Onu e il nostro lavoro si fonda sulla convinzione che la cooperazione internazionale vada a vantaggio di tutti, anche di chi crede il contrario, e che quella attuale non sia la crisi del multilateralismo ma della voglia di farne uso per risolvere i problemi. Certamente è necessario un aggiornamento dei suoi strumenti, perché è cambiato l’ordine delle priorità così come il sistema degli Stati; d’altro canto, la storia del secolo scorso ci dice che, dopo ogni trauma bellico di carattere internazionale, il multilateralismo si è rafforzato. Anche questo è un obiettivo di Lontad: indagare successi e fallimenti del passato, affinché si smetta di parlare di futuro del multilateralismo e si inizi a progettare il multilateralismo del futuro».