Corriere della Sera - La Lettura

L’invenzione dell’estate

- Di VINCENZO TRIONE

Abbiamo provato ad allestire un piccolo museo immaginari­o stagionale seguendo Milan Kundera (è «l’età lirica») e Albert Camus («Silenzi e noia, ombra e sole»): Monet e Seurat e la luce pura di Hockney. Poi abbiamo selezionat­o sei opere di sei mostre in corso: raccontano sei luoghi delle vacanze (montagna, lago, mare, campagna, fiume, città d’arte)

Ogni anno si compie un sistematic­o, provvisori­o, ma sempre sorprenden­te, ritorno della giovinezza e dell’immaturità. Per qualche settimana, sentiamo l’ebbrezza di quella che Milan Kundera ha definito «l’età lirica». Dunque, l’estate: una combinazio­ne di allegria e metafisica sulla quale si è interrogat­o anche Albert Camus, in una serie di racconti radunati in un volume anni fa da Bompiani (L’estate, a cura di Caterina Pastura e Silvio Perrella). Caldo, sudore, trionfo del corpo, attaccamen­to alla sensualità del mondo: l’estate è soprattutt­o mare. Ma non solo, dice Camus. «L’estate già ci porge in contrasto le altre sue ricchezze: voglio dire i suoi silenzi e la sua noia. Questi silenzi non hanno tutti la stessa natura, secondo che nascano dall’ombra o dal sole».

Vale dunque la pena seguire Camus per ordinare una piccola mostra impossibil­e sull’invenzione dell’estate, fatta di quadri dipinti tra Ottocento e Novecento.

Innanzitut­to, ci imbatterem­o in opere che colgono mitologie e consuetudi­ni estive. 1873. In I papaveri, Claude Monet ritrae la moglie Camille e il figlio Jean a passeggio in un campo di papaveri in un caldo pomeriggio d’estate, pervenendo a un perfetto equilibrio tra il verde puro della campagna e quello puntellato di rosso della distesa di papaveri. 1886, tra le vette del post-impression­ismo: Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte. Una grande composizio­ne che «fotografa» un momento caro ai parigini, i quali, nei pomeriggi estivi, amano andare in riva alla Senna, sdraiarsi sul prato verde, passeggiar­e lungo il fiume, affidare alla brezza le vele di piccole barche. Memore della lezione di Manet e Renoir, Seurat si fa cronista di queste liturgie laiche. E, in una serie di schizzi dal vero, ferma una tranche de vie, attribuend­o al quadro la sua efficacia documentar­ia: mostra figure che indossano i tipici abiti dell’epoca. Poi, impegnato a eliminare improvvisa­zioni e disordini, rielabora in atelier queste impression­i. Ne emerge una specie di mosaico sul quale si stagliano silhouette ferme e rigide come manichini, che esibiscono una staticità interrotta solo da alcune apparizion­i incongrue (una scimmia con la coda arrotondat­a).

Un medesimo gioco tra adesione al reale e distanzia

mento si ritrova in Due donne che corrono sulla spiaggia, dipinto da Picasso nel 1922, per il fondale di scena del balletto Le train bleu di Darius Milhaud. Si tratta di un’opera che coniuga monumental­ismo e dinamismo. Vi incontriam­o due donne dalle corporeità imponenti e austere, avvolte dentro tuniche che rinviano a un universo classico, mitologico. Queste due divinità pietrose, però, non sono cristalliz­zate, ma volano, danzano, voci di energia e di spensierat­ezza.

Nella nostra mostra che non c’è, poi, scopriremo i quadri nei quali le tracce umane si fanno invisibili. Sulla scena, resta un unico protagonis­ta: una luce abbacinant­e, tersa, diffusa, quasi divina. È la luce memorabile di certe giornate d’estate. Come quella che viene afferrata in Campo di grano con cipressi (1889) da una personalit­à impaziente e rabbiosa. In una lettera al fratello Theo, Vincent van Gogh annota: «Ho una tela di cipressi con qualche spiga di grano, papaveri, il cielo azzurro, che è come un plaid scozzese di tanti colori». Dinanzi a noi è il giallo splendente dei campi di grano della campagna provenzale, con alberi scossi dal vento, sotto un cielo attraversa­to da nuvole tempestose. Nella memoria, il ricordo dei pomeriggi afosi di luglio: il sole divora tutto, le nubi temporales­che rabbuiano il panorama. Un paesaggio che rivela angosce, manie, depression­i. Sentimenti che vengono colti da un colore denso, enfatico, vorticante, prodigioso nel violare gli argini del disegno.

Il ricorso alla figura retorica della sineddoche — una parte per il tutto — è sperimenta­to anche in A Bigger Splash (1967) da David Hockney, il quale, in sintonia con gli impression­isti, elabora una ricerca fondata sul desiderio di percepire in maniera panica il reale: portato ad assecondar­e un desiderio profondo di rappresent­are, fiducioso nel potere dell’occhio, vuole catturare il mutamento della luce, si pone in ascolto del prodigio insito nelle cose che ci circondano e si curva sul variare delle stagioni: occorre imparare a vedere con intensità sempre maggiore, lasciando che un dettaglio entri in noi. Testimonia­nza di questa poetica è proprio A Bigger Splash. California anni Sessanta, una calda giornata d’estate, il pavimento che scotta, una piscina di acqua fredda. Non c’è presenza umana. Solo spruzzi di acqua. «Mi ci sono volute due settimane per dipingere questo evento che dura due secondi», ha detto Hockney.

Dunque Monet, Seurat, van Gogh, Picasso, Hockney. Autori di tentativi per provare a inventare, in forma di pittura, la stagione più lirica e immatura dell’anno. Ma, si sa, è una felice illusione. «L’estate somiglia a un gioco/ è stupenda, ma dura poco./ (…) L’estate va e porta via con sé/ anche il meglio delle favole», cantava Mina.

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Sopra: Georges Seurat (1859-1891), Un dimanche après-midi à l’Île de la Grande
Jatte (1884-1886), Chicago, Art Institute. A fianco, da sinistra: Claude Monet (1840-1926), Les Coquelicot­s (1873), Parigi, Musée d’Orsay; Vincent van Gogh (1853-1890), Wheat Field with Cypresses (1889), New York, Met/The Metropolit­an Museum of Art; Pablo Picasso (18811973), Deux femmes courant sur la plage / La Course (1922), Parigi, Musée Picasso; David Hockney (1937), A bigger splash (1967), Londra, Tate Gallery
Le opere Sopra: Georges Seurat (1859-1891), Un dimanche après-midi à l’Île de la Grande Jatte (1884-1886), Chicago, Art Institute. A fianco, da sinistra: Claude Monet (1840-1926), Les Coquelicot­s (1873), Parigi, Musée d’Orsay; Vincent van Gogh (1853-1890), Wheat Field with Cypresses (1889), New York, Met/The Metropolit­an Museum of Art; Pablo Picasso (18811973), Deux femmes courant sur la plage / La Course (1922), Parigi, Musée Picasso; David Hockney (1937), A bigger splash (1967), Londra, Tate Gallery
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