Corriere della Sera - La Lettura
Il sogno di Lodi: un polo culturale condiviso da tutta la città
Per capire come mai Lodi adesso «rischi» di diventare un immenso polo culturale, bisogna tornare indietro di un secolo. Fuori città, appena oltre la ferrovia, lo stabilimento dava lavoro a 1.600 operai, impegnati giorno e notte. Pettinatura, cardatura, 8.500 chili di filato greggio al giorno in 40 mila metri quadrati su due piani: ecco cos’era il Linificio Canapificio Nazionale. Aperto nel 1909, chiuso nel 1967, nel 1976 è stato comprato dal Comune e utilizzato (circa metà della superficie) per ospitare la sede Inps, il liceo artistico, le Poste, l’Agenzia delle entrate, perfino la pista di atletica. E mentre Lodi cresceva, i capannoni del Linificio (nelle foto) si avvicinavano al centro. Che farne? Un polo culturale (immenso: 20 mila metri quadrati), a partire dall’Archivio storico: con questa proposta la giunta di centrodestra che ha governato la città fino allo scorso giugno si è aggiudicata 18 milioni del Pnrr. Cioè: i fondi arriveranno se i lavori partiranno entro il 2023. Nel frattempo però, Lodi ha cambiato colore. Nuova giunta di centrosinistra, nuovo sindaco, il venticinquenne Andrea Furegato. E allora? Impensabile rinunciare al sogno del Linificio, giusto dargli carattere culturale e sociale. Con tutti i dubbi del caso: il sindaco, affiancato da Andrea Cancellato (che oltre a essere stato primo cittadino a Lodi dal 1980 al 1990 ha guidato la Triennale, messo in piedi l’Adi Design Museum di
Milano, presiede Federculture), sa bene che spazi così grandi vanno riempiti di contenuti all’altezza. E costano. Da qui l’idea: convocare per settembre gli Stati generali della Cultura di Lodi e capire con il territorio — coinvolgendo i privati — come avviare il processo. Dice Furegato: «La vera sfida è la sinergia con la città. Calare nella dimensione di Lodi un progetto che ha dimensioni così imponenti è difficile. Per questo serve una scelta condivisa, di ampio respiro, che abbia un percorso chiaro. Altrimenti rischia di rimanere sulla carta». (a. sac.)