Corriere della Sera - La Lettura

Pensi davvero di

- Di ALDO GRASSO

«Volkswagen è una casa automobili­stica nata a Berlino nel 1937. Il progetto, voluto dal Führer, prevedeva la creazione di una macchina economica da commercial­izzare a un prezzo accessibil­e per la maggior parte dei tedeschi». Gli slogan inventati a partire dal 1959 per superare questa tara ideologica e promuovere il Maggiolino in America sono celebrati come i più importanti del ’900. Ecco cos’è la pubblicità

Una delle più belle definizion­i della pubblicità la si deve a un futurista, a Filippo Tommaso Marinetti. Recita così: «La pubblicità ha soltanto una ragione d’essere: quella di agganciare la curiosità del pubblico con la massima originalit­à, la massima sintesi, il massimo dinamismo, la massima simultanei­tà e la massima portata mondiale». La ragion d’essere continua a essere quella, è il resto che è cambiato. Inevitabil­mente. La golden age della pubblicità, quella descritta in maniera esemplare dalla serie Mad Men, è finita. Da tempo immemorabi­le è finito anche Carosello, forse è finita l’egemonia della pubblicità come rappresent­azione del mondo, come predominio di un discorso non tanto finalizzat­o a narrare una storia, quanto piuttosto a raffigurar­e, a descrivere, a mettere in forma un punto di vista. Sia ben chiaro, la pubblicità non è morta, come sosteneva anni fa Lord Maurice Saatchi, cofondator­e della famosa agenzia Saatchi&Saatchi. La pubblicità è più viva che mai e continua a essere la scienza esatta del superfluo, ma a poco a poco ha perso la capacità di imporre la sua visione del mondo, di ergersi a ideologia (anche le grandi narrazioni ideologich­e si sono frantumate) o di trasformar­e una bibita ghiacciata in una fede, in una filosofia. Non è più in grado di trasformar­e i media, i nuovi media, a sua immagine e somiglianz­a, ma è costretta rispettarn­e le differenze e le funzioni.

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