Corriere della Sera - La Lettura
Usa, il disagio dei laureati carichi di debiti
Un sistema fondato sull’autonomia e su un rapporto stretto con il mondo economico
Negli Stati Uniti il ministero dell’Educazione agisce indirettamente sul sistema universitario assegnandogli fondi federali accompagnati da norme per il loro uso. La università sono, infatti, private e autonome, un dato che dipende dalla natura fortemente decentrata della società e delle istituzioni politiche risalente addirittura al periodo coloniale e ribadita dalla Costituzione del 1787, la cui più creativa istituzione, il federalismo, venne ideata perché le colonie diventate Stati intendevano difendere le loro diversissime identità.
Privati erano la dozzina di college istituiti in età coloniale a opera delle Chiese dominanti nelle singole colonie come il primo di essi, Harvard, fondato nel 1635 per formare i ministri della Chiesa congregazionalista del Massachusetts. Questo sistema privato accelerò nella prima metà dell’Ottocento e allo scoppio della Guerra civile nel 1861 esistevano circa 400 college. Si trattava per lo più di piccole istituzioni in cui non si faceva ricerca, volute da comunità locali per difendere la propria identità educando la futura classe dirigente.
Le cose cambiarono dopo la guerra,
La svolta
Dopo la Seconda guerra mondiale il GI Bill favorì l’accesso agli studi degli ex combattenti con un forte aumento delle iscrizioni
con il rapidissimo sviluppo economico che già ai primi del Novecento aveva reso il Paese una potenza economica di portata mondiale. Ne conseguì un altrettanto rapido mutare del sistema universitario: venne importato il modello tedesco dell’università di ricerca, considerato il migliore al mondo, che Oltreatlantico si sviluppò a stretto contatto con il mondo economico che aveva bisogno di brevetti industriali e di personale specializzato. Nacquero, così, grandi università di ricerca volute e finanziate da capitani d’industria come la Johns Hopkins a Baltimora, Cornell a Ithaca, Stanford in California, la University of Chicago, mentre molte altre, a partire da Harvard, si riformarono divenendo a loro volta istituti di ricerca.
Un’ulteriore trasformazione si ebbe con il Morrill Act del 1862 con il quale il governo federale cedette grandi estensioni di terre federali agli Stati per finanziare la nascita di college con lo scopo primario di formare agronomi che inventassero metodi innovativi di coltivazione.
Nel 1881 nacque anche la prima università nera, la Tuskegee University in Alabama, destinata a formare insegnanti per le scuole nere segregate. Questi mutamenti accompagnarono la continua crescita del sistema universitario anche nel Novecento. La crisi del 1929 e la Seconda guerra mondiale la rallentarono, tranne che per i community college ,i college spesso biennali delle comunità locali, voluti dal mondo economico per essere destinati all’insegnamento professionale.
L’età d’oro delle università americane ebbe inizio con la Seconda guerra mondiale e il GI Bill del 1944, che stanziò imponenti fondi federali per consentire ai veteran, gli ex combattenti, di dare vita a un’attività propria oppure di iscriversi a un college.
Il successo del GI Bill fu enorme e consentì l’iscrizione ai college di due milioni di nuovi studenti. Pur criticato perché rafforzò la già esistente università maschile bianca — afroamericani e donne erano discriminati oltre a essere una minoranza nelle forze armate — il GI Bill fu una molla decisiva per le università, che conobbero un ulteriore balzo in avanti con l’arrivo della baby boom generation e l’egemonia economica e culturale degli Stati Uniti su larga parte del mondo. Nel 1980 il numero degli studenti universitari aveva raggiunto gli undici milioni e 500 mila.
Non si trattò, tuttavia, di una crescita pacifica: negli anni Sessanta le università divennero il centro della protesta contro la guerra in Vietnam e dei movimenti studenteschi. Fu in esse che prese forma la Nuova sinistra e che nel 1960 nacquero gli Students for a Democratic Society che proponevano una democrazia reale, «partecipativa», in cui i cittadini fossero direttamente protagonisti e fu a Berkeley, in California, nel 1964 che nacque il free speech movement per la libertà di parola e di attività politica nelle università. Fu sempre nelle università che vennero sostenuti i movimenti delle donne, dei gay e degli afroamericani. La Nuova sinistra studentesca, tuttavia, scomparve negli anni Settanta, quando prese forma il neoconservatorismo che portò all’elezione del presidente Ronald Reagan nel 1980.
Il sistema universitario continuò a crescere e raggiunse il picco degli iscritti nel 2010, con 20 milioni di studenti, per poi perderne da allora il 10 per cento a causa della crisi economica iniziata nel 2008. L’ultimo decennio ha visto due importanti novità. La prima è stata la nascita delle for profit university, università-impresa che intendono fare profitto e che sono sempre più frequentemente online; ma che hanno dato luogo a molti problemi e a condanne per violazioni fiscali e amministrative. La loro reputazione è in ogni caso bassa.
Il più grave problema odierno, tuttavia, è la crisi dei debiti studenteschi. Il sistema universitario americano, in quanto residenziale e privato, è sempre stato caro; ma ha raggiunto livelli insostenibili in questo secolo, anche se governi e università offrono borse di studio (diminuite, però, con la crisi economica). Il governo federale ha inteso risolvere il problema garantendo crediti bancari quasi illimitati agli studenti, da ripagare dopo essere entrati nel mondo del lavoro. Il debito studentesco è schizzato oggi a 1.700 miliardi di dollari e grava gli studenti di un carico fino a decine di migliaia di dollari che la situazione economica rende molto difficile ripagare.
Il presidente Joe Biden si è impegnato a risolvere la crisi; ma non ha ancora trovato il modo. Accanto a questo problema è l’aggravarsi della sempre esistita disparità fra le università maggiori e quelle che non consentono l’accesso a primarie professioni ad alto reddito. Una disparità che rallenta l’ascensore sociale e contribuisce a rendere il Paese più instabile.