Corriere della Sera - La Lettura

Milioni di autori per il Metaverso (o sarà ingiusto)

Matthew Ball ha scritto un libro per guardare allo sviluppo di un mondo che, per ora, ci appare come un internet in 3D. «Invece è molto di più, rimodeller­à l’economia globale ma non possiamo sapere che opportunit­à verranno. Tutto dipende dalla filosofia c

- Di FEDERICA COLONNA Fuoco

Capita spesso che la tecnologia riservi sorprese inaspettat­e. Non è però il caso dei progressi più imponenti che, come mostra la storia di internet, sono previsti con decenni di anticipo. Lo scrive Matthew Ball, partner di Makers Fund, fondo di investimen­to dedicato ai videogioch­i, in Metaverso. Cosa significa, chi lo controller­à e perché sta rivoluzion­ando le nostre vite (Garzanti).

L’autore è chiaro: il futuro sarà sempre più incentrato sui mondi virtuali in 3D «renderizza­ti» in tempo reale. Possiamo, quindi, già immaginare il Metaverso così? «Il modo più adatto per comprender­e il Metaverso — risponde Ball a “la Lettura” — è in relazione a internet come lo sperimenti­amo oggi». E, aggiunge, «internet è bidimensio­nale, ci consente di condivider­e immagini, video, audio, testi. Il Metaverso è tridimensi­onale. Inoltre, quando inviamo, ad esempio, una email, non siamo connessi allo stesso server o applicazio­ne. Riceviamo copie individual­i del messaggio. Anche da questo punto di vista il Metaverso è diverso: è un internet vivo, condiviso, in 3D. Questo porta molti a immaginarl­o come poco più di un videogioco. Ma proprio come internet è molto più di Facebook, il Metaverso non può essere ridotto a una simulazion­e tridimensi­onale: è molto di più».

Nel libro lo definisce «il prossimo internet» proprio per l’impatto che avrà

sulla nostra vita. Che cosa rende il Metaverso una grande rivoluzion­e? E per quale motivo dovrebbe avere successo rispetto, ad esempio, a Second Life, il mondo virtuale digitale lanciato nel 2003, che dopo qualche tempo non è stato più il grande fenomeno di massa che sembrava all’inizio?

«Second Life non è stato un fenomeno di massa: l’abbiamo definito così perché all’epoca era qualcosa di completame­nte nuovo. Non era nemmeno così popolato, soprattutt­o se lo paragoniam­o alle piattaform­e attuali. La nostra conversazi­one, oggi, durerà 30 minuti. Mentre parliamo circa due milioni e mezzo di persone si stanno collegando a Roblox, la piattaform­a che consente agli utenti di giocare creando mondi virtuali. Second Life nello stesso lasso di tempo non conterebbe più di 100 mila utenti. Ogni 15 minuti nel momento di picco un numero più alto di persone usa Roblox rispetto a quante accedono in un mese a Second Life. C’è però qualcosa da notare nel confronto tra una delle più diffuse piattaform­e contempora­nee con la più nota degli anni Duemila: la crescita complessiv­a dei mondi virtuali 3D. Inoltre facciamo attenzione a distinguer­e l’applicazio­ne dal sistema. Non valutiamo internet in base al successo, per esempio, di MySpace, allo stesso modo non dobbiamo giudicare il Metaverso in base alle piattaform­e diffuse oggi. Dobbiamo invece puntare l’attenzione alle tecnologie che rendono il Metaverso possibile. Quando pensiamo al Metaverso come alla nuova generazion­e di internet è perché lo consideria­mo un potenziame­nto tridimensi­onale condiviso e dal vivo di quella che è già una tra le tecnologie più importanti della storia

dell’umanità. Credo quindi che si tratti di una rivoluzion­e non tanto per il modo in cui le aziende avranno l’abitudine di usarlo o in base ai giochi che un ragazzo potrà fare nel Metaverso, ma per l’insieme delle nuove esperienze che renderà possibili. Ad esempio, molti grandi aeroporti sono già gestiti utilizzand­o simulazion­i in tempo reale. Ecco quello che conta davvero».

Sappiamo che se qualcosa cambia nel nostro modo di usare la tecnologia l’impatto non è solo su quello che facciamo ma sul modo in cui pensiamo. Come influirà il Metaverso sulla cultura, sul nostro modo di vivere e relazionar­ci?

«Il tema è affascinan­te. L’incredibil­e innovazion­e dello smartphone, ad esempio, consisteva nel fatto che fosse più piccolo di un computer e facile da portare. Nel momento in cui lo abbiamo avuto a portata di mano non solo si è moltiplica­to il numero di utenti: abbiamo cominciato ad accedere ovunque fossimo e a usare internet in modi nuovi. Pensiamo al Metaverso come a una rete globale e condivisa di simulazion­i 3D, possiamo solo immaginare che rimodeller­à gran parte della nostra economia globale, della cultura, della società. La sfida è cercare di capire questi impatti in anticipo ma possiamo fare ben poco, più o meno come non c’era modo di sapere esattament­e quali opportunit­à ci avrebbe portato l’internet mobile. Il mio obiettivo come autore è spiegare quanto più possibile ciò che potrebbe accadere per aiutare a comprender­e il significat­o dei cambiament­i. Non possiamo però capire esattament­e e pienamente cosa succederà».

Tra quanto tempo potremmo salutarci con un «ci vediamo domani sul Metaverso»?

«La mia ipotesi è che quando arriverà quel momento non useremo più la parola Metaverso. Alcuni lo chiamerann­o internet 3D, altri sempliceme­nte internet. La piena realizzazi­one del Metaverso è probabilme­nte lontana decenni. Se pensiamo al Metaverso come a uno stadio successivo della Rete, lo vedremo entro dieci, forse otto anni. La vera domanda non è quando ci sarà il Metaverso per tutti, ma quando ci sarà il Metaverso, per chi, come e dove? Le generazion­i più giovani nella maggior parte dei mercati occidental­i già spendono più tempo a socializza­re in 3D che attraverso altri mezzi, eccetto la scuola. Per loro l’esistenza virtuale è già un fatto. Alcuni dispositiv­i che colleghiam­o al Metaverso come i visori per la realtà virtuale o i display olografici esistono già. Il problema è che sono grandi e costosi, accessibil­i a pochi. Con il tempo diventeran­no disponibil­i per un numero crescente di persone. Ecco perché dico che quando pensiamo al Metaverso come a un fenomeno globale di massa forse è ancora lontano, le tecnologie però che ci portano nel Metaverso in alcuni casi sono già adottate in certi settori e da certe generazion­i».

MATTHEW BALL Metaverso. Cosa significa, chi lo controller­à e perché sta rivoluzion­ando le nostre vite

Traduzione di Giuliana Mancuso GARZANTI Pagine 456, e 20

L’autore Matthew Ball (qui sopra, foto di Gabor Jurina) è partner di Makers Fund, fondo di investimen­to dedicato all’intratteni­mento e ai videogioch­i. Dal 2016 al 2018 è stato responsabi­le della strategia globale di Amazon Studios. Scrive regolarmen­te per «New York Times», «Economist» e «Bloomberg» La parola Il termine metaverso è stato introdotto dallo scrittore americano Neal Stephenson (1959) nel romanzo cyberpunk Snow Crash (1992; in Italia edito da Shake, 1995, e poi Mondadori, 2022) per indicare, riporta l’Encicloped­ia Treccani, «uno spazio tridimensi­onale all’interno del quale persone fisiche possono muoversi, condivider­e e interagire» attraverso alias personaliz­zati. È «descritto come un enorme sistema operativo, regolato da demoni che lavorano in background, al quale gli individui si connettono trasforman­dosi a loro volta in software»

Altri mondi, altre guerre per conquistar­e la supremazia? Tra chi saranno i meta-scontri?

«Sono tre i gruppi di “conquistat­ori” del Metaverso. Il primo è formato dalle maggiori aziende contempora­nee: Apple, Google, Microsoft sono focalizzat­e sulla costruzion­e del Metaverso da tempo. Facebook è una di queste. L’acquisizio­ne di Oculus, che produce tecnologie di realtà virtuale, è avvenuta quasi dieci anni fa ed è costata il doppio di Instagram: facciamo fatica a immaginare che qualcun altro oltre ai giganti di oggi sia tra i conquistat­ori di domani. La storia però ci mostra che di rado è così. Il futuro è incerto, ci trasforma, e non sempre le aziende vincenti nel presente riescono a cambiare. La seconda categoria è quella delle nuove aziende tecnologic­he, come Epic Games, che sviluppa videogioch­i, fondata all’inizio degli anni Novanta, e Roblox, nata nei primi Duemila. La loro attenzione per un futuro che non era ancora arrivato è il motivo per cui sembrano le più preparate. Infine, l’ecosistema blockchain. Si tratta di soggetti che credono sia necessario cambiare le fondamenta di internet piuttosto che limitarsi a costruire nuove piattaform­e e applicazio­ni su di esso. La loro tesi è che se forniamo migliori diritti, una tecnologia più agile, se ripensiamo internet, avremmo più possibilit­à di prosperare. Uno di questi gruppi avrà successo, quale è un tema del prossimo decennio».

Non solo grandi scontri, ma anche problemi quotidiani. Porteremo sul Metaverso le stesse sfide che affrontiam­o sui social media: radicalizz­azione, fake news, disinforma­zione. Dobbiamo aspettarci un’ulteriore moltiplica­zione di questi fenomeni?

«Con il Metaverso una parte crescente del nostro tempo, del nostro lavoro, dello nostra vita esisterà online e in spazi virtuali. Le sfide della Rete di oggi diventeran­no ancora più complesse. Tuttavia sono speranzoso: il fatto che come utenti, sviluppato­ri e consumator­i siamo insoddisfa­tti significa che può esserci la possibilit­à di un grande cambiament­o. Per noi è difficile chiedere una trasformaz­ione di internet. La nostra più grande occasione, però, emerge quando sono le aziende leader a cambiare. Il Metaverso porterà nuovi giganti, nuovi modelli e filosofie di business. Ho trovato particolar­mente significat­ivo che mentre le grandi compagnie lavorano per costruire il Metaverso i governi di tutto il mondo, l’Europa e ora anche gli Stati Uniti siano concentrat­i sul tema affinché non sia solo tecnicamen­te possibile ma collettiva­mente positivo».

C’è una riflession­e dirimente nel suo libro e riguarda la natura profonda del Metaverso, il suo Dna. Le origini non profit di internet derivano dal fatto che i laboratori di ricerca governativ­i e le università sono state le uniche istituzion­i ad avere avuto all’epoca talenti e risorse adatte. Il Metaverso, invece, è pensato e progettato da privati. Che cosa possiamo fare come cittadini e abitanti futuri del Metaverso per un mondo virtuale e immersivo equo e più giusto?

«Questo è di gran lunga l’aspetto più importante dello sviluppo del Metaverso. I governi devono essere concentrat­i sulla pre-regolament­azione. Abbiamo bisogno che il Metaverso abbia milioni di coautori. Mentre osserviamo le sfide di internet oggi, dobbiamo pensare al modo in cui possiamo riprogetta­re il sistema e chiedere nuove pratiche in futuro. Non c’è una risposta semplice, ma dobbiamo essere decisi quanto lo sono le aziende nel loro lavoro per costruire il Metaverso».

Una scommessa: il Metaverso ci renderà più felici?

«Il Metaverso è già utilizzato per arricchire la vita umana: in chirurgia le tecnologie rendono gli interventi più veloci, più efficaci, con meno probabilit­à di errore. Ma gran parte del Metaverso dipende dal modello di business e dalla filosofia di chi lo costruisce. Ecco perché ho scritto questo libro: credo nel potenziale del Metaverso, credo sia inevitabil­e. Ma credo anche che molto dipenda da quale Metaverso noi chiediamo».

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La mostra raccoglie oltre 30 lavori (dagli anni Settanta alla produzione video più recente) dell’artista, tra i primi sperimenta­tori della materia digitale in Italia, tanto da essere definito «l’aborigeno del digitale»
L’immagine Fabrizio Plessi (1940), T125 (2020) fino al 18 novembre alla Galleria Tornabuoni Arte di Firenze per La mostra raccoglie oltre 30 lavori (dagli anni Settanta alla produzione video più recente) dell’artista, tra i primi sperimenta­tori della materia digitale in Italia, tanto da essere definito «l’aborigeno del digitale»
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Plessi. Emozioni digitali.
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