Corriere della Sera - La Lettura
Una notte di felicità in tutta la vita
Sceneggiatrice del film di Bernardo Bertolucci «Io ballo da sola», Susan Minot sa descrivere con sensibilità la società «bianca, anglosassone e protestante» del Maine. Qui in un romanzo del 1998 un’anziana signora fa i conti con i ricordi
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Oltre alle bandiere a stelle e strisce che sventolano enormi una casa sì e una casa no, c’è un aspetto che colpisce chiunque trascorra qualche giorno lungo la costa del Maine: tutti sono bianchi, preferibilmente biondi, e vivono una tipica ricchezza Wasp (acronimo per White, Anglo-Saxon, Protestant: bianco protestante di origine anglosassone) dove nulla è appariscente, men che meno le emozioni. La natura, ovviamente, è bellissima.
Susan Minot, autrice nata a Boston nel 1956, vi trascorre le estati fin da quando era bambina ed è capace di raccontare questa scena sociale in modo sublime. Salita alla ribalta nel 1986 con Scimmie, acclamatissimo romanzo in cui la vita intima di una famiglia di classe alta è raccontata dal punto di vista di sette bambini che si confrontano con la morte della madre, Minot ha negli anni continuato a scrivere eleganti opere di finzione, tra cui la sceneggiatura del film Io ballo da sola di Bernardo Bertolucci (1996) e la raccolta di racconti La lingua dei cani e dei gatti (Playground, 2021).
La sera, romanzo del 1998 adattato per il cinema nel 2007 insieme allo scrittore Michael Cunningham, è finalmente in uscita per la prima volta anche in Italia grazie a Playground e la traduzione di Bernardo Anselmi. La storia è quella di Ann Lord, una donna circondata da parenti, amici e infermiere, che sul letto di morte scorre la propria vita e ricorda come nessuno dei suoi tre matrimoni sia mai stato all’altezza della notte trascorsa su un’isola tra le braccia di Harris Arden.
Dolori, rimpianti e passioni si alternano e poco dà l’idea di una trama estremamente fantasiosa; eppure con il suo stile ricco di particolari minimi Minot è capace di svelare, pagina dopo pagina, lo stato d’animo di chi vive senza esprimere le proprie emozioni. «Nei suoi sessantacinque anni di vita Ann Lord si è sempre mantenuta occupata, ha dedicato pochissimo tempo alla riflessione, ma adesso è costretta a restare lì, a letto, e si ritrova, un giorno dopo l’altro, a ricevere le visite di molti pensieri. Ormai la vita non le può riservare più alcuna sorpresa, pensa, non le resta che affrontare quest’ultima esperienza. Ma i suoi occhi sono ben aperti, come non mai, e non le sfugge nulla».
La prosa accurata di Susan Minot rende il libro una di quelle belle opere di letteratura in cui un’esistenza in fin dei conti ordinaria è raccontata nelle estensioni meno attese. I dialoghi sono scarni. La struttura narrativa è audace e ricca di passaggi in flusso di coscienza che sottolineano il vacillare di Ann a causa del cancro e dei farmaci. L’equilibrio degli elementi narrativi — tra cui le magnifiche descrizioni dell’ambiente e le sensazioni — è alto e in grado di raccontare alcune delle verità più oscure del mondo Wasp, un mondo patriarcale che spesso si basa sull’apparenza e giudica con severità. «Gli uomini, avrebbe imparato, preferiscono soffrire che cambiare decisioni o abitudini. Sono anche in grado di elaborare dei sofisticati sistemi di contenimento del dolore, a volte così efficaci da renderli del tutto inconsapevoli della vastità della sofferenza che alberga in loro».
Tra episodi memorabili e banali, drammatici, irritanti e dolci, scopriamo che la scarsa attitudine di Ann verso la riflessione non è altro che la conseguenza delle delusioni per cui ha sofferto: la consapevolezza che Harris non tornerà, certo, ma anche il dolore accumulato con i tre mariti e quello atroce per la morte del figlio di 12 anni. Episodi forse troppo vicini agli stereotipi più sentimentali dei drammi letterari, ma che nell’intreccio di Minot sono centellinati al punto di creare un senso di sorpresa. Con l’espediente tecnico di far ruotare la trama su un singolo fine settimana, Minot riesce infatti a suscitare una leggera tensione che copre tutto il libro. È solo verso le ultime pagine che impariamo che cosa sia davvero accaduto in quei giorni, che scopriamo perché Ann non abbia mai voluto parlarne con nessuno.
I momenti più incisivi arrivano tuttavia quando ogni sentimentalismo è messo da parte e Ann riflette sulla perdita e il passare del tempo. Memorie, sogni e illusioni: tutto scorre sullo stesso piano quando guardiamo al passato. La sera racconta di ciò che rinunciamo a vivere per non trascurare le nostre responsabilità e perdere rispettabilità. Dell’amore e delle passioni da cui preferiamo allontanarci. «Non possiamo lottare contro i nostri desideri», risponde Harris in un irreale dialogo ad alta voce con Ann, che è sotto gli effetti della morfina. «Quello che conta è come ci comportiamo quando non vengono soddisfatti, quello che facciamo».
Quando le figlie che le sono accanto chiedono chi sia Harris, Ann nasconde la verità. Quali lati della propria esistenza scegliamo di trasmettere ai nostri figli? Così come per Ann, il pensiero delle cose che sarebbero potute essere provocano nelle nostre vite le emozioni da cui facciamo più fatica ad allontanarci. Poco importa se avrebbero reso le nostre giornate migliori o peggiori. Sono emozioni che parlano a tutti, anche ai biondi Wasp che trascorrono l’esistenza nelle case appollaiate sui piccoli terrapieni delle coste del Maine, uno Stato dalla natura magnifica dove le bandiere americane continuano a sventolare imperterrite.