Corriere della Sera - La Lettura
Andreea (con due e) Simionel La bimba spaesata cerca casa e trova la lingua
Male a est rappresenta una sorta di «esordio» di Andreea Simionel, che in realtà ha già pubblicato un primo libro per una piccola casa editrice aquilana. La scrittrice, originaria della Romania, vive a Torino, dove si è trasferita ancora bambina. Questo ragguaglio biografico non deve annoiare il lettore, perché serve a spiegare in parte la storia raccontata nel libro, che è appunto una storia di migrazione. Il romanzo, in 17 capitoli suddivisi in due parti — intitolate rispettivamente Pesce (ovvero la Romania, la cui forma sulla cartina geografica ricorda un pesce) e Stivale (a indicare la forma per antonomasia dell’Italia), racconta la storia di Andreea — e le due E sono centrali — che vive con la sorella e la madre in Romania, mentre il padre è in Italia a faticare; Andreea ha la sua vita in paese, i suoi amici, si appresta ad affrontare il delicato cambio dalle elementari alle medie, inquieta sì come tutti i bambini nella linea di passaggio tra preadolescenza e adolescenza, ma che vive in un luogo per lei sicuro, che è rappresentato dalla sua lingua, dal suo alfabeto. Tutto questo viene messo in crisi dal ritorno del padre che decide di portare tutta la famiglia a Torino, dove ciò che sembrava bello nei racconti fantasiosi del padre si rivelerà infine molto più triste (di grande commozione la descrizione della «nuova» casa).
Sbaglia chi, a questo punto, pensi a un semplice scritto biografico di sovrapposizione tra Andreea narratrice e personaggio, perché la novità del romanzo non è tanto nella consueta storia di estraneità verso il Paese nuovo, quanto il fatto che questo avvenga nella lingua, quel luogo sicuro di colpo crolla. Le lettere dell’alfabeto sono di meno, i segni grafici, i suoni, la pronuncia, la postura della bocca, tutto si riduce, e sembra obbedire a un impoverimento generalizzato, economico in primo luogo, in cui la Simionel ci descrive una famiglia, che vive di stenti e a fatica, ma anche umano, le difficoltà dei rapporti a scuola, e persino dei genitori con i loro figli.
Simionel è una scrittrice, e di talento; appunto per questo sceglie un modo diverso per raccontare lo s-paesarsi: la Romania è perduta, perché è perduta la lingua che parlavano, e quella nuova è piena di vuoti che sono difficili da riempire. C’è un episodio emblematico a questo riguardo. Andreea è in quinta elementare, per il Giorno della memoria la maestra detta la famosa poesia di Primo Levi; la protagonista ha ovviamente difficoltà a eseguire il compito, il dettato della poesia è così riproposto: «Voi che…/ Nelle vostre… case/ Voi che trovate… sera/ Il cibo caldo e… amici/ Con… è un uomo/ Che lavora nel…/ Che non… pace/ Che lotta … pane/ Che…». Quali sono le parole che la protagonista ha perduto? Il verbo vivere, l’aggettivo tiepido, il nome concreto visi.
Il romanzo Male a est è come questa poesia, piena di «salti e fossi»; sono questi buchi che, appunto, raccontano in un modo nuovo, diverso, più vivo e doloroso che cosa sia la perdita di un’identità e il faticoso apprenderne un’altra. Un libro notevole e bellissimo.