Corriere della Sera - La Lettura
130 anni fa L’Asino delle meraviglie
Nacque una rivista satirica anticlericale e modernissima, come rivelano gli originali custoditi da un collezionista romano
«La rivista “L’Asino” ha rappresentato in quei difficili anni una delle più importanti coscienze critiche dell’Italia. Gli alfabeti erano un numero ridotto e chi leggeva i giornali rappresentava una ancor più ristretta élite: ma una battuta, uno slogan sulle copertine, lo spirito dei disegni, venivano raccontati nei circoli culturali, nei conciliaboli, persino nei bar e facevano opinione ben al di là del ristretto numero di copie stampate. Infatti il fascismo ne fece un nemico e arrivò a chiuderla con la violenza…».
Lorenzo del Boca (giornalista e saggista, ex presidente della Federazione nazionale della stampa e poi dell’Ordine dei giornalisti) da anni si dedica alla storia italiana tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento e alla storia del giornalismo. Conosce bene le vicende della rivista satirica più importante per quel periodo italiano.
Il 27 novembre ricorrono i 130 anni della fondazione de «L’Asino», avvenuta nel 1892, anno del primo governo Giolitti e della nascita del Partito socialista italiano. Le condizioni delle classi operaie e contadine erano durissime, i diritti pochi o inesistenti, gli orari privi di ogni regola. La Chiesa esercitava un potere non direttamente partitico ma fortissimo sulla società italiana. Fondatori e protagonisti furono due intraprendenti e attivissimi ventisettenni, lo studente carducciano di lettere Guido Podrecca, giornalista, e l’ex studente di matematica Gabriele Galantara, rapidissimo e sagace disegnatore. I due si ritrovarono in un progetto e in una testata che citava il motto di Francesco Domenico Guerrazzi, politico e scrittore anticlericale degli anni del Risorgimento, scomparso nel 1873: «Come il popolo è l’asino: utile, paziente e... bastonato».
I due adottarono altrettanti pseudonimi (Goliardo per Podrecca, e l’anagramma Rata Langa per Galantara) e raggiunsero un rapido successo proponendo una linea socialista, anticlericale, internazionalista, contestando senza tregua Giolitti e il giolittismo, denunciando la durezza della vita delle classi proletarie e la violenza dei regimi negli Imperi Centrali in Germania e nell’Austria-Ungheria, guar
La rivista satirica «L’Asino», che celebra il 27 novembre 130 anni di storia, venne fondata nel 1892 da due ragazzi di 27 anni, uno studente di Lettere, Guido Podrecca di cui il prossimo anno sarà un secolo dalla nascita (Vimercate, Monza, 5 dicembre 1865-Auburn, Stati Uniti, 29 aprile 1923), giornalista, e un ex studente di Matematica, Gabriele Galantara (Montelupone, Macerata, 18 ottobre 1865Roma, 10 gennaio 1937), disegnatore. Testata anticlericale, antigiolittiana e socialista, dovette chiudere nel 1925 per i suoi attacchi al fascismo e a Mussolini. Giuseppe Marino (in alto), gallerista e collezionista romano, ha raccolto negli anni duecento copie della rivista e una cinquantina di disegni originali di Galantara Le immagini A fianco: nel bozzetto di una copertina del 1909, Pio X immagina una soluzione della Questione Romana. Nella pagina accanto: il bozzetto e l’originale della copertina del 4 settembre 1904 con il Padreterno che cerca di entrare in Vaticano: «Sono Iddio e vorrei parlare col mio Ministro». Risposta della guardia svizzera: «Mi dispiace, caro signore, ma qui non si può entrare con i piedi nudi». A destra: il primo bozzetto di un’altra copertina del 1909 che avrebbe poi illustrato Giovanni Giolitti intento a curare l’orto del proprio elettorato interamente composto da zucche, cioè gli italiani. Fotografie di Claudio Guaitoli
dando con evidente favore a ciò che offrivano Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti. Una delle carte vincenti fu l’anticlericalismo diffusissimo in un’Italia nata da un Risorgimento di stampo laico, in cui la questione romana era ancora aperta, i pontefici vivevano chiusi nella Città Leonina esercitando però una forte pressione etico-religiosa sul popolo italiano attraverso la rete delle parrocchie e degli episcopati, insieme a un potere anche economico: proprietà edilizie e terriere, interessi nel mondo finanziario e bancario italiano e internazionale.
Fortunatissima tra i lettori la rubrica «Il Covo», ovvero san Pietro con Papa Pio X, futuro Santo, chiamato Bepi per la sua bonomia trevigiana, spesso ritratto trasandato e in maglia e mutandoni ma col triregno, impegnato in tante ingerenze nella vita del nuovo Regno d’Italia. Così come furono vincenti le inchieste e le satire sullo scandalo della Banca Romana.
Una storia interrotta dalla violenza e dalla censura del fascismo nella primavera del 1925 dopo un’incessante campagna contro Benito Mussolini già solidamente al potere, indicato come responsabile dell’atroce delitto Matteotti, satireggiato senza pietà per le sue abitudini oratorie e per la mimica facciale: minacce e incursioni delle squadre fasciste portarono alla chiusura. Galantara, rimasto unico animatore della rivista (Podrecca, dopo tante divisioni ideologiche tra i due, aveva aderito al fascismo nel 1919) venne arrestato. Una celeberrima copertina del 1924 ritrae Mussolini con una piccola corona in testa, gli occhi fiammeggianti, una fronte spaziosissima, il tutto su uno sfondo grafico di tenebre con una sola didascalia: «Lui». Un’inquietante profezia, nel 1925, di ciò che sarebbe stato il fascismo per l’Italia.
Racconta un grande appassionato della rivista, il collezionista e gallerista romano Giuseppe Marino (ha al suo attivo numerose mostre di arte moderna e contemporanea in Italia e all’estero, in particolare in Cina) che da cinquant’anni cura e arricchisce una raccolta con 200 numeri della rivista e circa cinquanta disegni originali di Galantara: «Secondo molte ricostruzioni la rivista nel 1906 raggiunse 110 mila copie di tiratura e nel 1909 ben 160 mila. Cifre altissime, per quel periodo, e con una notevole diffusione all’estero. Ho rintracciato copie in Sudamerica e in Russia. Ciò significa che tanti abbonati vivevano nei Paesi dell’emigrazione e tenevano i rapporti con l’Italia leggendo una rivista controcorrente e a suo modo modernissima». Sul suo tavolo formidabili prime pagine: un calendario con un 1° maggio presidiato da un carabiniere e un poliziotto osservati da un borghese e un prete assai sollevati, un Padreterno con barba bianca e una veste straccia che chiede di entrare in Vaticano per «parlare col mio ministro» (ovvero il papa) ma viene fermato da una guardia svizzera perché «non si può entrare a piedi nudi», una Miseria che confessa di essere figlia del Capitalismo e dell’Ignoranza. E si potrebbe continuare.
Marino, che da anni spera di poter organizzare una grande mostra dedicata alla storia dell’Italia attraverso le riviste della satira politica, è un fan dichiarato di Galantara: «Amo molto l’idea che diventa disegno di qualità. Galantara era un disegnatore infaticabile, realizzava non solo le copertine ma tutte le vignette di ogni numero e i finalini, ovvero i piccoli disegni in chiusura degli articoli. Dispiace che in Italia questo settore della nostra storia artistica e sociale non sia riconosciuto e venga di fatto ignorato o dimenticato: in Francia per esempio un caricaturista come Honoré Daumier viene considerato un grande artista con un vasto mercato di appassionati e di collezionisti». Nel 1980 la testata conobbe una effimera rinascita con un mensile anticlericale («per il disarmo unilaterale», si leggeva sotto la testata) diretto da Carlo Cassola e Francesco Rutelli con Ivan Novelli unico redattore. Durò solo 10 mesi. Ma si tratta, come si dice in simili casi, di tutta un’altra storia.