Corriere della Sera - La Lettura

Ogni casa èil mondo .Evain scena

Al Rosetum di Milano la nuova regia di Marcello Chiarenza, «Alzati, è lunedì», centrata su un’idea semplice e complessis­sima: «Caverna o appartamen­to, l’abitazione è la ricreazion­e del cosmo»

- Di MICHELE FARINA

«Mi è venuto in mente che c’è un quadro di Giorgio de Chirico in cui il sole arde nel camino». L’ultimo spicchio di intervista arriva qualche ora dopo via Whatsapp. Con Marcello Chiarenza abbiamo già parlato a lungo di casa, corpo e cosmo. L’idea del suo nuovo spettacolo, Alzati, è lunedì, nasce quasi trent’anni fa in seguito ad alcune letture sull’argomento: Mircea Eliade, Carl Gustav Jung. Un gioco serio: «Immaginare la creazione del mondo in una casa moderna, con gli oggetti della vita quotidiana, i rubinetti che perdono, impianto elettrico, termosifon­i, radio e tv. Allora lavoravo a Torino con un amico attore che si chiama Gianni Bissaca. Con lui avevo scritto due spettacoli: Pollicino e Il Cantico delle Creature. Lì sono venuti i primi appunti per la Casa e il Cosmo».

Il cosmo è freddo, lontano e imperscrut­abile. La casa è simbolo di accoglienz­a, ordine, umanità: in casa ci difendiamo dal mondo esterno... «Non è così: quando l’uomo arcaico abita la casa, non lo fa per difendersi dalla natura. Anzi, la casa è proprio la ricostruzi­one del cosmo. Pensiamo a tutte le strutture di ordine spirituale dove le colonne sono alberi, le volte sono il cielo. Oppure alla tenda primordial­e che ha il fuoco per terra, il foro in alto al centro, e si crea questa verticalit­à di comunicazi­one tra la terra e il cielo attraverso il fuoco e il fumo che esce da questo occhio che guarda il cielo. Oggi noi tendiamo a vedere la casa come una macchina da abitare, ma l’uomo ha sempre cercato di riordinare il cosmo dentro la casa. Pensiamo al modo in cui la disegnano i bambini, con le finestre come occhi. Nel mio spettacolo la finestra è anche una tenda, una nuvola che si muove tra l’esterno e l’interno. C’è l’acqua che scorre come un torrente attraverso i rubinetti, il fuoco è nei fornelli, le stelle nei lampadari. All’interno della casa si ricostruis­ce anche il tempo. L’armadio ha tutti i cambi delle stagioni. D’inverno portiamo l’estate in casa con i caloriferi e facciamo l’opposto con i frigorifer­i che portano il freddo nella stagione più calda. Sono analogie divertenti che hanno radici antiche: come diceva Jung, l’uomo non ha inventato le cose per un bisogno materiale. Le ha inventate prima di tutto per un bisogno spirituale, per cercare una risposta alle grandi domande».

Nell’opera di Chiaranza, nelle sue ricche creazioni di arte povera, la casa è una puntuale ossessione. Case sacchetti, case valigia, case scarpone. Case cosmo. Non sorprende che Marcello abbia potuto concepire la creazione del mondo in un appartamen­tino di periferia. «Quei vecchi appunti erano riemersi qua e là negli anni, fino all’incontro con il padre francescan­o Marco Finco, direttore artistico del Rosetum». È qui, in questo centro culturale inaugurato a Milano da Maria Callas nel 1957, che in questi mesi ha preso forma lo spettacolo che andrà in scena la sera del 30 settembre. «Per tanti anni facendo il teatro di piazza avevo lavorato sulle voci della creazione, che riguardano tutta l’umanità, tutte le culture. Non c’è solo la Genesi che interessa le tre religioni monoteisti­che, pensiamo al più antico testo dell’umanità che è quello di Gilgamesh dove troviamo l’uomo del diluvio».

Nella creazione fatta in casa l’uomo del diluvio ha bisogno di un idraulico. «C’è un sogno, un emissario del sogno arriva di notte, ha difficoltà a entrare dalla porta, entra dalla finestra, si accorge che c’è il pavimento allagato, di lì a poco incontra la persona che ci abita e che si chiama, casualment­e, Adamo. L’inquilino è alle

Lo spettacolo

Alzati, è lunedì di Marco Finco va in scena venerdì 30 settembre al Rosetum di Milano (via Pisanello 1; info: rosetum.it; tel 351 7770227), data unica: la regia è di Marcello Chiarenza, con Marco Pinco e Pietro Grava, scenografi­e di Marco Muzzolon, musiche di Cialdo Capelli, con la partecipaz­ione di Carlo Rossi. Il centro culturale Rosetum fu inaugurato nel 1957 da Maria Callas L’autore Marcello Chiarenza (1955; qui sopra), siciliano, architetto, vive a Venezia. È artista, autore di teatro, poeta e scultore (in alto, alcune sue creazioni sul tema della casa); ha lavorato molto per il teatro (dalla Gran Bretagna al Kenya) alternando palcosceni­co e feste di piazza. Coltivava da anni l’idea di uno spettacolo sulla casa e il cosmo prese con una perdita d’acqua che non sa bene da dove arrivi. La casa è buia e allagata. Al signore del sogno che entra di notte, Adamo darà un nome. Lo chiamerà Angelo, come suo zio».

«Il gioco comincia — racconta Chiarenze — e piano piano affronta gli elementi della creazione». La prima ad arrivare è la luce. «Ma ci pensi che basta un dito su un tasto e la tua mano diventa la mano di Dio?», dice un personaggi­o. Chiarenza ride: «Noi non pensiamo più che gli oggetti della nostra casa siano meraviglio­si, diamo tutto per scontato e invece siamo circondati da magie».

È difficile raccontare le magie del suo teatro, che usa strumenti di uso comune per dare vita allo straordina­rio. Bisogna vederle: le pendole e i ditali che producono perfettame­nte il suono della pioggia, il lampadario di stelle, l’aspirapolv­ere che anziché aspirare traspira sorprese, gli ombrelli, le scale a dondolo, il cappello, gli stivali. A proposito: «Sono nate prima le scarpe o le barche?», si chiede a un certo punto un personaggi­o. Bella domanda. La creazione fatta in casa offre repentini giochi di parole che passano dagli oggetti agli esseri animati, con le scarpe che diventare pinne, gli ombrelli ali. Gli attori sono due ma i personaggi sono 5. Gli ultimi tre entrano in scena nel finale: la radio, la television­e e il telefono. Dalla radio si spande la voce di Eva, dalla schermo partono le tentazioni del diavolo, dal telefono arriva per conto di Dio l’ordinazion­e di tre pizze (indovinate perché tre). Il finale della creazione è pensato come una commedia, l’Eden è un ristorante. C’è la leggerezza e la nostalgia del paradiso. C’è la fine del sogno, la cacciata di Adamo, il riposo della domenica, la vita che incalza: «Alzati, è lunedì».

Il titolo dello spettacolo (i sottotitol­i potrebbero essere due, dice l’autore: «Il sogno di Adamo», «La casa e il cosmo») viene dall’incontro con il frate francescan­o Marco Finco. Quest’ultimo, che ha una parte importante sul palco, l’abbiamo incrociato un giorno al Rosetum, insieme con lo scenografo Marco Muzzolon, fedele homo faber di Marcello. I due «Marchi» hanno scherzato su quel benedetto «aspiratore che non aspira» ma butta fuori sorprese. Per realizzarl­o hanno sudato una mattina intera. Teatro artigianal­e, magie di oggetti in cui la fantasia ci mette le mani. E dove il pubblico, come negli spettacoli di piazza cari a Chiarenza, è chiamato a partecipar­e fin dall’inizio. Alzati, è lunedì comincia proprio con la luce puntata sulla sala, prima di ribaltare il gioco delle ombre sul palco. Gli spettatori sono chiamati in causa, anzi in casa, «perché anche il teatro è un’abitazione». Con la sua memoria di vite e oggetti, la casa è anche un testo, e viceversa.

Vengono in mente le case libro di cui è foderato lo studio di Marcello a Venezia, quella che lui chiama «la mia stanzetta». Microcosmi: «Un mio amico dice che lavoro su diverse scale, un po’ perché ne ho fatte tante, un po’ perché mi piace giocare sulle dimensioni». Anche il suo Pollicino, che ha girato i teatri del mondo, è ambientato tutto su un tavolo. Perché questa predilezio­ne per il micro? «L’universo piccolo ti dà la possibilit­à di guardarlo da lontano. E allora puoi vedere un paesaggio. Se pensi ai bonsai, non si sa esattament­e la loro origine, ma una delle ipotesi è che siano nati proprio per il teatro, per poter realizzare grandi paesaggi su un palcosceni­co. L’attore è grande, il paesaggio è piccolo ma proprio perche piccolo diventa grande. E poi c’è la ricchezza nella povertà, in cui ho sempre creduto. Quante cose povere e piccole sono importanti nella nostra vita».

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