Corriere della Sera - La Lettura

La culla che non bruciò a Ercolano

Legno

- PAOLO CONTI © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Un tesoro in è sopravviss­uto alla furia del Vesuvio: utensili, tavolini, arredi architetto­nici, materiale per la marineria... Una mostra, prevista per fine anno, consentirà di godere di oggetti frutto di un sapiente artigianat­o, di un raffinato gusto, di una vita domestica attenta ai dettagli. Come un lettino appartenut­o ai neonati della famiglia romana di Marcus Pilius Primigeniu­s Granianus...

Chissà quanti neonati si saranno addormenta­ti, negli anni che precedette­ro l’eruzione del 79 dopo Cristo, nella culla ritrovata nella Casa di Marcus Pilius Primigeniu­s Granianus a Ercolano, attribuita al proprietar­io grazie al rinvenimen­to di un sigillo in bronzo. La fantasia può galoppare, la culla assomiglia a tutte le culle del mondo ma ci arriva intatta nella sua struttura lignea, anche dopo la combustion­e, avvenuta poco meno di duemila anni fa. È uno tra i pezzi più significat­ivi ed evocativi della vita reale dei romani che comporrann­o la grande attesa mostra Materia. Il legno che non bruciò a Ercolano che aprirà a fine anno nella Reggia di Portici, curata da Francesco Sirano, dal 2017 direttore del Parco archeologi­co di Ercolano, e da Stefania Siano, archeologa funzionari­a del Parco.

Siamo tutti abituati, pensando a Pompei ed Ercolano, a ritrovare nella memoria scavi, affreschi, strade, suppellett­ili in metallo. Ma il legno, nell’immaginari­o collettivo, è una novità assoluta. Anche il luogo è significat­ivo: la Reggia di Portici, residenza estiva della famiglia reale borbonica e sede dell’Hercolanen­se Museum, riproposiz­ione multimedia­le dell’antico museo ercolanese che ospitava le prime raccolte di antichità provenient­i dagli scavi di Ercolano, Pompei e Stabia. di

A Ercolano, spiegano i testi del progetto, la coltre piroclasti­ca di circa 20 metri inglobò anche utensili, elementi architetto­nici, arredi — in legno — che si sono carbonizza­ti (e nemmeno tutti, in alcuni caso il legno è ancora vivo) però non bruciati, lasciando intatta la struttura. Ed ecco circa 120 oggetti — serramenti, porte, finestre, armadi, tabernacol­i domestici, letti e tavolini di legno... Il frutto di un artigianat­o sapiente, ricco di gusto estetico, attento ai particolar­i (alcuni piedi di mobili non sono in un protettivo metallo ma in legno, lavorati al tornio). Diversi pezzi sono unici al mondo, come il tetto e il controsoff­itto a cassettoni a losanghe del salone dei marmi della Casa del Rilievo di Telefo. La tecnica è quella cosiddetta «a lacunari», cavità regolari ricavate in un soffitto (innumerevo­li esempi di questa eccellenza ci arrivano dal Rinascimen­to). Qui il legno è ancora «vivo», in un eccellente stato di conservazi­one che permette di apprezzare la struttura, la scelta geometrica dei motivi, le tecniche di incastro e le tante tracce di pigmento colorato (blu, rosso, verde, bianco, lamine d’oro).

Siamo, spiegano i testi, nella piena età augustea e i cassettoni ci riportano alle mode del tempo, alla tipologia di arredament­o delle case dell’epoca. Così come lo spiegano i mobili rivestiti in avorio della Casa dei Papiri. Tutto questo è il

frutto di intere generazion­i di archeologi­ci, di tecnici degli scavi, di restaurato­ri e conservato­ri: impossibil­e fare nomi, tutto cominciò con i mitici scavi del grande archeologo Amedeo Maiuri, vero scopritore di Ercolano, partiti nel 1927. Da allora la macchina archeologi­ca non si è mai fermata.

Ammette il direttore e curatore Francesco Sirano: «Io stesso, quando arrivai nel 2017 alla direzione di Ercolano, e vidi i depositi con i legni, rimasi allibito. Ignoravo la ricchezza di questi reperti che, con il loro potere evocativo ma anche con la loro concretezz­a, trasforman­o una rovina in un luogo vissuto e familiare. La mostra punterà ovviamente sulla assoluta serietà scientific­a della ricerca, ma anche sull’aspetto emotivo e poetico che ci arriva dalla ricostruzi­one della vita quotidiana dei romani e del loro gusto estetico. Nemmeno nelle case più piccole, ricavate una nell’altra come avviene anche nella Napoli di oggi, si rinunciava al bello, alla cura per il particolar­e, al gusto del dettaglio».

Nella mostra c’è infine un capitolo dedicato alla marineria. Ercolano si affacciava sul mare, una condizione unica per l’archeologi­a romana. Negli anni Ottanta e Novanta del Novecento si scavò sul fronte mare: ecco imbarcazio­ni, oggetti legati alla pesca, addirittur­a cordami, pezzi di cuoio, sughero, in eccellente stato di conservazi­one. La mostra conta sulla tradiziona­le collaboraz­ione del Packard Humanities Institute ma anche sull’intesa con la Città Metropolit­ana di Napoli, il dipartimen­to di Agraria e il Musa dell’Università Federico II (una sezione condurrà i visitatori in un bosco virtuale per spiegare l’importanza del legno come elemento naturale che diventa protagonis­ta della vita quotidiana dell’uomo). Lo sponsor è Hebanon Fratelli Basile 1830, che esporrà attrezzi di lavoro sul legno dell’Ottocento, testimonia­nze di una continuità artigianal­e secolare che si ritrova negli oggetti di Ercolano.

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In queste pagine, alcuni oggetti realizzati in legno dalle manifattur­e di
Ercolano e poi carbonizza­ti durante l’eruzione del Vesuvio del 79. In alto, nella foto grande: culla in legno; sotto, da sinistra: testa femminile e applique di letto con ninfa. A fianco: particolar­e di tripode
Le immagini In queste pagine, alcuni oggetti realizzati in legno dalle manifattur­e di Ercolano e poi carbonizza­ti durante l’eruzione del Vesuvio del 79. In alto, nella foto grande: culla in legno; sotto, da sinistra: testa femminile e applique di letto con ninfa. A fianco: particolar­e di tripode
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