Corriere della Sera - La Lettura
Indaga gli angoli ciechi di vite ordinarie In cerca dell’uomo giusto nel buio americano
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Nella borsa di paillette, insieme a portafoglio, chiavi, cellulare, rossetto, Juliana tiene un punteruolo da ghiaccio lungo quindici centimetri con la punta molto aguzza. Gira per le strade, attratta dalle luci dei bar. È incinta e sembra felice, in attesa del matrimonio con un uomo (finalmente quello giusto?). Intanto guarda all’indietro la lunga sequenza di amori sfortunati, relazioni violente, abusi, fallimenti che costellano il suo passato. Se il futuro felice per lei fosse assicurato, non saremmo in un racconto di Joyce Carol Oates, che delle inquietudini più o meno oscure dei suoi personaggi ha fatto il centro della sua narrativa. Juliana appare in Notte al neon, la storia che dà il titolo a questa raccolta: nove racconti basati, come sempre, sulla profonda capacità di Joyce Carol Oates di narrare le dinamiche delle relazioni, la loro indeterminatezza, gli angoli ciechi di ogni vita apparentemente ordinaria.
«L’aspetto davvero curioso è che non è che le idee mi vengono. Sono io che vado da loro» dice lo scrittore protagonista del secondo racconto, Curiosità, rispondendo a una domanda che molti lettori fanno ai loro autori preferiti. La stessa risposta probabilmente potrebbe darla Oates, sempre condotta dalla sua vena creativa verso le ossessioni e gli smarrimenti americani. Se nell’ultimo romanzo, uscito lo scorso mese da La nave di Teseo, Respira, l’indagine psicologica si sposa con la ghost story nella vicenda di una giovane donna che assiste all’agonia del marito per una misteriosa malattia, la suspense in Notte al neon più che dal mistero o dal soprannaturale deriva dalla consapevolezza dell’irriducibile vulnerabilità dell’individuo in un mondo ammorbato dallo squallore.
Modellata sulla cronaca più nera, la desolazione del presente è trattata dalla scrittrice con la consueta maestria stilistica. Ci sono disturbati, psicotici, predatori; c’è il clone messo all’asta (nudo, spietato, meccanico) di Marilyn Monroe (altra «ossessione» letteraria di Oates) che si promette adorante e non rivendicativa all’uomo che la acquisterà («Non ti accuserò mai di avermi abbandonata. Non ti accuserò mai di avermi sfruttata e tradita. Non ti accuserò mai di aver preso i miei soldi... »). C’è «il flagellante», uno stalker in prigione per aver causato in un incidente la morte dei suoi figli, sottratti alla madre dopo che un’ordinanza restrittiva gli aveva imposto di non avvicinarsi. Nella sua cella
si fustiga con una verga ottenuta di contrabbando, pur essendo convinto di essere solo un povero cristo vessato dalla moglie («È sbagliato che una madre ami i suoi bambini più di quanto ami loro padre») e di essere «non colpevole» per la giustizia degli uomini.
Ma la più efficace delle storie è la prima, inquietante variazione sul tema della «deviazione». La trova, e la imbocca, una signora, alla guida della sua auto che si rompe costringendola a proseguire a piedi verso una casa che si vede in lontananza. Oates interpreta la storia a modo suo: sarebbe un peccato anticipare che cosa trova, ma di certo non il lieto fine.