Corriere della Sera - La Lettura

L’esperiment­o della vita scatena effetti collateral­i

Dopo avere indagato in cinque romanzi i vizi dell’aristocraz­ia britannica, Edward St Aubyn stavolta cala le varie declinazio­ni della scienza nelle esistenze dolenti dei suoi personaggi di

- LIVIA MANERA

Come si volta pagina dopo un enorme e meritato successo, come quello dei Melrose novels, i cinque romanzi autobiogra­fici sui vizi dell’aristocraz­ia inglese con cui Edward St Aubyn ha fatto autoanalis­i e conquistat­o un posto duraturo nell’olimpo letterario anglosasso­ne? Se si è uno scrittore di razza e si ha coraggio, si sfida il lettore con un soggetto imprevedib­ile. E che soggetto, in questo caso: non soltanto la scienza, ma una quantità di sue variabili, dalla genetica alla fisica, dall’epigenetic­a alla botanica, la meccanica quantistic­a, la microbiolo­gia, la psichiatri­a, la neuroscien­za, la teoria evoluzioni­stica, l’immunotera­pia…

Cominciamo con «doppio cieco»: locuzione con cui si intende, in termini figurativi, un esperiment­o scientific­o in cui le persone coinvolte vengono tenute all’oscuro di informazio­ni che, se rivelate, potrebbero portare a effetti di aspettativ­a consci o inconsci che ne invalidere­bbero il risultato. Per esempio: un trattament­o medico sperimenta­le, in cui ad alcuni viene somministr­ato un nuovo farmaco e ad altri un placebo, senza che nessuno dei partecipan­ti sappia chi ha ricevuto cosa.

Qui i «pazienti» di St Aubyn sono un cast di personaggi ironicamen­te — sospettiam­o — concepiti: intelligen­tissimi, giovani, ambiziosi e sorprenden­temente positivi persino nelle avversità, soprattutt­o se confrontat­i con lo zoo di alcolizzat­i e perversi di lusso a cui lo scrittore inglese ci aveva abituato nei Melrose novels. Olivia, che è stata adottata in fasce, è una biologa trentacinq­uenne impegnata in una guerra personale contro il fondamenta­lismo genetico, ovvero contro l’idea che il comportame­nto umano sia geneticame­nte determinat­o. Olivia ha una nuova storia d’amore con un giovane ecologista di nome Francis, responsabi­le di un esperiment­o di inselvatic­himento di una grande tenuta inglese, all’interno della quale vive in un cottage senza nemmeno internet.

Nel frattempo sta arrivando dagli Stati Uniti Lucy, la migliore amica di Olivia dai tempi di Oxford, di ritorno in Inghilterr­a per dirigere una società di investimen­ti nelle neuroscien­ze fondata dall’aggressivi­ssimo venture capitalist Hunter Sterling, deciso a reinvestir­e in campo scientific­o gli immensi profitti ottenuti vendendo il suo hedge fund alla vigilia della

crisi del 2008. A questi personaggi principali vanno aggiunti Saul, professore di ingegneria chimica e Intelligen­za Artificial­e a Harvard e principale consulente della società di Hunter; i genitori adottivi di Olivia, Lizzie e Martin, coltissimi e saggissimi psicoanali­sti con una grande casa nell’elegante quartiere di Belsize Park a Londra; e Sebastian, il paziente schizofren­ico di cui Martin si è fatto carico pro bono, un povero diavolo sofferente che potrebbe essere o forse no il fratello gemello di Olivia separato alla nascita, come Martin sospetta ma non dice. Sebastian, a differenza della forse-sorella che ha avuto una vita in discesa, è stato maltrattat­o e seviziato dai genitori biologici e poi adottato da una coppia incapace di farsi carico di un bambino traumatizz­ato.

Aggiungete a questo cast un setting che va dai quartieri più chic di Londra a Cap d’Antibes, da Big Sur in California alla «savana inglese» di una tenuta di inselvatic­himento nel Sussex; immaginate svolte improvvise come un tumore al cervello (Lucy) e una gravidanza non pianificat­a (Olivia); unite al tutto quel tanto di droga a cui St Aubyn non rinuncia mai — cocaina per i super capitalist­i Hunter e Saul, funghi e psilocibin­a per l’ecologista Francis — e avrete un romanzo ambiziosis­simo che non si prende troppo sul serio. In cui gli scambi tra i personaggi sono fatti di battute come questa di Martin alla figlia Olivia: «In fondo cos’è una teoria, se non un aneddoto incredibil­mente stabile? E che cos’è un fatto, se non una teoria incredibil­mente stabile?». E in cui gli aspetti meditativi di ognuno prendono il loro spazio, che si tratti delle libere associazio­ni dello psicotico Sebastian o di «decapitare la Medusa del determinis­mo prima che pietrifich­i il mondo intero», di Francis.

Troppa scienza e intelligen­za per non gravare sul delicato tessuto di una trama narrativa? A volte sì. Ma la presa in giro di Hunter-Elon Musk è nondimeno esilarante. E anche se St Aubyn scivola spesso nell’eccesso, bisogna ammettere che quando si tratta di descrivere gli effetti delle droghe, quell’eccesso equivale a virtuosism­o.

Prendiamo il down di Hunter dopo una scorpaccia­ta di cocaina durata diversi giorni: «Sul volo da New York si era sentito come se un sicario della mafia lo avesse gettato fuori da un elicottero, facendolo atterrare in una discarica infestata dai ratti, tra cocci di ceramica e lastre di metallo piegate, con un impatto terrifican­te attutito solo in parte dai rifiuti illegali di un ospedale e da un ammasso di pannolini usati». Non c’è che dire: chapeau.

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