Corriere della Sera - La Lettura
Il patto con il mago del gatto Specchio
Specchio il gattino e
Specchio il gattino di Gottfried Keller è una squisita favola adulta e macabra, impreziosita dalle rimarchevoli illustrazioni di Maximilian Liebenwein. Complice una lingua rigorosa e cristallina, ricorda Gattomachia di Lope de Vega e Il latte dei sogni di Leonora Carrington. Due opere colme di sottile e inquietante sapienza che non rinunciano alla serietà del fantastico.
La trama della fiaba racconta il destino di un gatto di nome Specchio, da qui il titolo. Morta di vecchiaia la padrona, a cui è rispettosamente legato, Specchio — dall’indole ragionevole e filosofica —, è costretto a vagabondare fuori casa cacciato dagli eredi della vecchia. Non gradiscono la sua presenza nonostante l’eccellenza nella caccia dei topi.
Senonché, durante una delle sue tristi giornate, incontra Pineiss, lo stregone della città di Seldwyla, che gli propone un accordo. Rifocillerà Specchio in cambio del grasso, necessario per gli incantesimi. Perché possa il mago ricavarlo, va da sé che l’animale dovrà prima o poi morire. Il gatto accetta, titubante, poiché ormai ridotto allo stremo da giorni di terribili pietanze di strada e liti furibonde con gli altri animali.
Specchio sarà in grado di tardare la sua morte usando la più contorta furbizia? O si troverà costretto, al sorgere della luna piena, a rispettare il mefistofelico contratto scontrandosi con un destino paradossalmente funesto? Dalla singolare e puntuale efficacia narrativa, Specchio il gattino è una fiaba letteraria — acuta, costruita a puntino e mai didascalica —, che può certamente essere accostata, per austerità compositiva, morale mai scontata e pathos da paura, anche alle fiabe perturbanti dei fratelli Grimm. Non è, altresì, un caso che il famoso scrittore svizzero fosse stato stimato dall’autore connazionale Robert Walser che, come nel caso di Keller, riesce a immergere le sue storie — con bravura tagliente —, di morte, di saggezza e di metafisica per trarre lentamente in inganno sull’importanza definitiva delle nostre anime.