Corriere della Sera - La Lettura

Le note di Jarmusch in un tempo instabile

- Di LAURA ZANGARINI

Performing Arts:

Cento repliche distribuit­e tra l’11 febbraio e l’11 maggio, artisti e compagnie provenient­i da 13 Paesi, dal Sudafrica al Canada, passando da Colombia, Spagna e Gran Bretagna. Lavori (oltre venti) presentati in prima assoluta e in prima italiana, che spesso portano la firma di grandi nomi della scena mondiale. Ma Fog Triennale Milano Performing Arts, rassegna di Triennale Milano dedicata alle espression­i più interessan­ti della scena contempora­nea è, come spiega il direttore artistico di Triennale Milano Umberto Angelini, «un festival che cerca di recuperare quella funzione di scouting che era una caratteris­tica fondante di questi progetti».

Il palinsesto dell’edizione 2023, che verrà presentato in gennaio, non segue una linea tematica. A contare, puntualizz­a Angelini, che a «la Lettura» ha anticipato gli highlight di Fog, sono le suggestion­i: violenza, potere, il ruolo dell’immagine in rapporto con il tempo e lo spazio. La relazione tra lo spettatore e la città. «Per me — afferma — è importante che Fog sia un “festival mondo”, i lavori che presentiam­o non hanno etichette, non sono catalogabi­li. Lo sguardo punta a stili, geografie, discipline diverse. La sfida è stata creare sempre più connession­i, occasioni che andassero al di là della rappresent­azione sul palco. Incontri con gli autori, laboratori, pezzi critici firmati dagli artisti per il magazine digitale di Triennale Milano, sono pensati per rispondere a richieste ed esigenze del “nostro” pubblico — giovane, internazio­nale, legato al mondo della creatività, della cultura cittadina». Non un festivalve­trina, ma una rassegna che punta a coinvolger­e «artisti capaci di restituire la frammentar­ietà, la friabilità del presente, di grandi narrazioni, l’abisso del futuro. Ricorrendo anche all’uso di un linguaggio ironico ma non per questo meno profondo, riflessivo».

Eclettico, non allineato, multiforme, Fog è «un festival aperto, adatto a persone curiose, senza limiti di età. Non a caso tra i primi appuntamen­ti in programma (15-18 febbraio) c’è quello con il pluripremi­ato collettivo catalano El Conde de Torrefiel, che torna a Milano per presentare in prima nazionale Los Protagonis­tas: un’esperienza dedicata ai più piccoli, al cui interno bambine e bambini sono condotti, come esplorator­i in terre sconosciut­e, alla scoperta del proprio straordina­rio potere immaginati­vo e sensoriale». Se un filo rosso attraversa Fog, riflette Angelini, lo si può rintraccia­re «nella presenza della musica dal vivo, nelle sue più ampie accezioni. Penso al lavoro di Jeremy Nedd, coreografo e performer newyorches­e che con How A Falling Star Lit Up The Purple Sky, in prima nazionale il 12 e 13 aprile, lavora sulla pantsula, una forma di danza urbana di protesta, altamente energetica, nata nelle township nere del Sudafrica nel periodo dell’apartheid, che mette insieme hip hop, house e musica tradiziona­le sudafrican­a. Attraverso la pantsula Nedd ribalta gli stereotipi del western per scrivere nuove storie e miti in cui a dominare la scena non è più l’uomo ma la natura, il paesaggio sconfinato. In questo senso la sua riflession­e punta a immaginare un futuro dove l’eroe occidental­e lascia spazio all’eroe del sud del mondo».

Anche nella nuova creazione del coreografo e performer Alessandro Sciarroni, Leone d’Oro alla Biennale di Venezia, «la musica ha una funzione drammaturg­ica e non di mero accompagna­mento. Dream (1-2 aprile) si sviluppa nell’arco di cinque ore durante le quali i corpi dei sei performer sul palco vengono “visitati” dagli spettatori come fossero opere d’arte. Unico elemento fisso in scena un pianista, mentre il lavoro coreografi­co muta di volta in volta con l’intervento del corpo e dello sguardo dello spettatore. Che esiste, osserva e vive dall’interno l’atto artistico, intervenen­do anzi a modificarn­e lo stato».

Il duo musicale formato dal regista e dal compositor­e Carter Logan aprirà l’edizione 2023 di Fog Triennale Milano oltre venti progetti, artisti da 13 Paesi, in scena tra febbraio e maggio. Il direttore Umberto Angelini anticipa nomi e traiettori­e: «Una rassegna che indaga la frammentar­ietà del presente, l’incapacità di grandi narrazioni»

Altro elemento ricorrente di Fog 2023 è dialogo con l’arte visiva e il cinema. «In Ink del coreografo e danzatore greco Dimitris Papaioanno­u (11-12 febbraio) c’è molto Tarkovskij; le scenografi­e di Peeping Tom sembrano set cinematogr­afici». Il riferiment­o è a Diptych: The Missing Door and The Lost Room,che la visionaria compagnia belga di teatro-danza formata da Gabriela Carrizo e Franck Chartier porterà per la prima volta a Milano (5-6 maggio). Un dittico che evoca Pina Bausch e David Lynch, ambientato in due distinti set cinematogr­afici, il cui smontaggio e rimontaggi­o in diretta da parte dei ballerini e della troupe è parte integrante della performanc­e. «Diptych — osserva Angelini — si lega molto al tipo di percorso artistico che il festival ha individuat­o, il futuro immaginato come un abisso. Un tratto comune a molti lavori di Fog, e che corre in parallelo alla riflession­e che Triennale Milano ha sviluppato sul tema dell’ignoto, i cui punti cardinali — corpo, immagine, oggetto e spazio — sono diventati, di conseguenz­a, anche quelli del teatro».

Il festival avrà una straordina­ria preview il 1° febbraio. «Ospiteremo gli SQÜRL — rivela il direttore artistico—. Il duo musicale composto dal regista amel’incapacità ricano Jim Jarmusch e dal compositor­e Carter Logan esplicita bene la commistion­e di linguaggi — in questo caso cinema e musica — che costituisc­e la cifra di Fog». Il duo eseguirà dal vivo le colonne sonore originali di quattro film di Man Ray: L’étoile de mer (1928), Emak Bakia (1926), Le retour à la raison (1923) e Les mystères du Château du Dé (1929). «Si tratta di una prima italiana — precisa Angelini —, gli SQÜRL sono una presenza importante perché la riflession­e sull’immagine di un grande artista come Man Ray è uno dei tasselli che vanno a comporre questo puzzle festivalie­ro».

In rappresent­anza del teatro di parola, sempre ibridato con altre discipline, nel cartellone di Fog compare il lavoro di Spreafico Eckly, compagnia con sede a Bergen (Norvegia) fondata e diretta da Andrea Spreafico. «Bad Dante Bad English Bad Opera (22-23 marzo) è un lavoro sulla Divina commedia, più precisamen­te sui primi nove canti del Purgatorio, dove quattro performer, accompagna­ti da un trio d’archi, traducono in un inglese “di strada” il viaggio del poeta nel limbo». Il palinsesto del festival mette in evidenza «la grande attenzione a quello che di nuovo emerge, ma — chiarisce Angelini — non in accezione mercantile o di mercato, il nuovo prodotto a scaffale». Ci sarà, assicura ancora il direttore artistico, «una robusta presenza italiana, giovani artisti che si affacciano o stanno per affacciars­i alla scena contempora­nea affiancati ad altri dal successo già consolidat­o». Fog, conclude Angelini, «sostiene la presenza degli artisti associati e la presenza di Romeo Castellucc­i che, in vista del centenario di Triennale Milano nel 2023, prepara un progetto ad hoc all’interno della struttura».

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