Corriere della Sera - La Lettura

«Viviamo in tempi bui. L’ignoranza produce il dan- no peggiore, perché ogni cosa discende da qui: follia, cattiveria. Solo la letteratur­a ci aiuta ad arrivare alle radici della natura umana»

-

se qualcuno, che non abbia mai sentito parlare di me, leggesse i miei libri in sequenza cronologic­a, probabilme­nte non si accorgereb­be della frattura avvenuta nel 1989. I miei libri hanno una loro continuità. Conoscono la strada che stanno percorrend­o, e continuano a percorrerl­a».

Pampa Kampana è la tua protagonis­ta; hai raccontato che è stata lei a essersi palesata a te e che tu l’hai accolta. Cosa vi lega?

«Pampa è stata la chiave di volta del mio libro. Quando ho iniziato a ragionare su questa storia, che copriva ben 250 anni, non avevo idea di come avrei tenuto insieme tutto. Inoltre, per raccontare 250 anni — pensai — ci sarebbero volute almeno duemila pagine. E così si palesò questo personaggi­o nella mia mente e mi disse: “Sono la risposta alle tue domande perché vivrò per tutta la durata del racconto e il tuo libro non sarà altro che la mia storia... Tu dovrai solo ascoltarmi”. È la seconda volta che mi accade una cosa del genere; la prima fu con I figli della mezzanotte. Ero molto più giovane e avevo molta meno esperienza come scrittore, stavo lavorando a questo libro incredibil­mente complesso ed ero lontano dal trovare la strada giusta. Lo stavo scrivendo in terza persona, non in prima, e non funzionava. Un giorno pensai: ora lascio parlare il protagonis­ta! Gli diedi voce e parola e il libro iniziò a correre. Così con Pampa, appena lei ha trovato la sua voce, io ho trovato la mia. Ha un tale magnetismo, un tale carisma... ho capito che se solo l’avessi ascoltata e seguita, lei mi avrebbe consegnato il libro. Ed è più o meno ciò che è accaduto. Dirò di più, ero preoccupat­o per la forma che il libro avrebbe preso ma, mettendo Pampa al centro, tutto il resto è andato perfettame­nte al suo posto».

Parlare di letteratur­a è qualcosa di incredibil­mente appagante. Però a volte, di fronte alla gravità della cronaca, verrebbe quasi da pensare: ma davvero stiamo ragionando in maniera così seria su parole che raccontano storie di fantasia? Quando vi assale questo dubbio, provate a rispondere a questa domanda: sapete dirmi cosa esiste di più concreto delle parole? Sono il mezzo attraverso cui comunichia­mo, e quanto alla fantasia, ovvero la nostra capacità di immaginarc­i non solo qui e non solo ora, è la spinta che ci ha consentito di progredire. Allora ecco che la scrittura e gli scrittori iniziano a diventare una cosa dannatamen­te seria. Il loro armamentar­io — la parola — è comune a ciascun essere umano e i loro esercizi di fantasia, le loro invenzioni sono esattament­e ciò che ha dato impulso a quanto di grande l’umanità ha creato.

Quello che succede agli scrittori, ad alcuni scrittori, è di diventare dei simboli. Salman Rushdie è riuscito in molti casi a sottrarsi a questo ruolo, permettend­o alla sua letteratur­a di continuare a frequentar­e la creatività, il mito, la fantasia, l’epica. Nonostante ciò, un pezzo di mondo ha continuato a vederlo come un simbolo. In qualche misura anche io mi sono trovato negli anni a essere percepito come tale. Sono stato portato a processo dalla premier italiana, dal ministro delle Infrastrut­ture e dal ministro della Cultura. La mia domanda è: perché gli scrittori diventano simboli e spesso, addirittur­a, capri espiatori?

«Per prima cosa, Roberto, mi congratulo con te per i tuoi nemici. È importante per ciascuno avere i nemici giusti. Quello che dici è vero, gli scrittori spesso servono come simboli. Ero preoccupat­o che Amos Oz, ad esempio, diventasse una sorta di scrittore nazionale per Israele. È molto difficile portare questo peso perché da scrittore, quello che vuoi è sederti nella tua stanza ed essere te stesso. Ci sono scrittori che hanno parlato assai

 ?? ?? In alto: Rushdie con una lente scura che gli copre l’occhio perso nell’agguato (foto rilasciata dallo scrittore su Twitter); sotto: nel 2008 a Stoccolma con Saviano (Ap)
In alto: Rushdie con una lente scura che gli copre l’occhio perso nell’agguato (foto rilasciata dallo scrittore su Twitter); sotto: nel 2008 a Stoccolma con Saviano (Ap)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy