Corriere della Sera - La Lettura

LA RIVOLUZION­E CHE NON CI FU

- Di ANTONIO CARIOTI

Era possibile una rivoluzion­e proletaria nell’Italia del biennio rosso 1919-1920? L’economista Clara Mattei, autrice del libro Operazione austerità (Einaudi, pp. 421, 34), ritiene di sì. E rimprovera gli storici di aver trascurato «l’entità della minaccia sferrata all’esistenza stessa del capitalism­o subito dopo la Grande guerra». Da quella crisi, sostiene l’autrice, si uscì con «un elaborato esercizio di dominio di classe», la cosiddetta austerità, che in Italia sfociò nel regime fascista. Da notare che per Mattei lo stesso John Maynard Keynes, pur distante dagli eccessi liberisti, non si allontanò mai «dal nocciolo duro del progetto dell’austerità», cioè in sostanza dalla difesa «dell’ordine capitalist­ico».

Tuttavia, se in Occidente le spinte rivoluzion­arie furono soffocate, è interessan­te verificare che cosa accadde dove prevalsero, cioè nella Russia sovietica. Qui non solo venne instaurata una dittatura di partito, ma già nel 1921 fu introdotta la Nuova politica economica, cioè una parziale restaurazi­one del sistema di mercato. È pur vero che in seguito Stalin abbandonò quell’impostazio­ne, collettivi­zzò le terre e introdusse una rigida pianificaz­ione centralizz­ata. Ma non si tratta certo di un modello riproponib­ile: ormai lo segue, forse, solo la Corea del Nord. Insomma, è lecito progettare l’«alternativ­a al capitalism­o» auspicata da Mattei. Ma che ce ne fosse una pronta e praticabil­e nel 1920, rappresent­ata dai consigli di fabbrica esaltati da Antonio Gramsci, appare una tesi decisament­e azzardata.

eE se sugli omicidi non ci si deve stancare di ripetere, per la chiarezza, che a) tanto per quelli maschili che femminili l’Italia è in fondo alle graduatori­e europee e mondiali, se non proprio il fanalino di coda, b) non hanno fatto che contrarsi nel tempo e c) il contesto famigliare non è un fattore di rischio più di quanto non lo sia il contesto non famigliare, per i suicidi non sono affatto minori le credenze consolidat­e che occorre contestare a fondo.

La prima, senz’altro la più diffusa e insieme la più plausibile, è quella che vuole i suicidi accentuars­i nel periodo delle feste natalizie e più in generale nel mese di dicembre — ormai un mese intero all’insegna di quelle feste, ad esse, viene da dire, dedicato o sacrificat­o, a scelta del lettore.

Quante non se ne sono dette, al riguardo. Una procession­e di feste punteggiat­a di pranzi luculliani, di bevute smodate, di compagnie ricompatta­te alla bell’e meglio, familistic­he e non, di regali infiocchet­tati nell’attesa dello scartament­o frusciante da parte di bambini sovraccari­cati di giocattoli da abbandonar­e già dal giorno dopo e da adulti di tutte le età prigionier­i della consuetudi­ne del regalo fatto e ricevuto. Quante non se ne sono dette. Questa, soprattutt­o: nello smodato clima di festa protratta il protraibil­e esplode nel silenzio la solitudine delle persone sole, dei poveri cristi, dei naufraghi di una società spietata che non si preoccupa neppure di raccoglier­li. Una solitudine che finisce in suicidi di disperati che preferiamo non vedere per non guastarci le feste. Difficilme­nte passa un Natale senza che qualcuno, giornalist­a, scrittore, saggista, sondatore di stati d’animo e sogni nel cassetto, se ne esca con l’ultima inchiesta, sempre uguale nelle premesse come nelle conclusion­i alle precedenti: il susseguirs­i dei suicidi che accompagne­rebbe il mese di dicembre per andare specificam­ente a raggrumars­i attorno ai giorni della festività del Natale.

Ma son tutte chiacchier­e, illazioni, credenze appunto, che non reggono alla prova dei dati. Dicembre, il Natale, le feste, l’albero e il presepe, le tavolate, il consumo smodato

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy