Corriere della Sera - La Lettura

Non c’è anestetico che addormenti la vita

La cruda onestà della danese nel volume che chiude la trilogia autobiogra­fica

- Di PATRIZIA VIOLI

«Passano i giorni, passano le settimane, passano i mesi. Mi sono messa a scrivere e la cortina calata tra me e la realtà è di nuovo compatta e sicura». Questo racconta Tove Ditlevsen, autrice e poetessa danese pluripremi­ata in patria, la cui opera è stata recentemen­te riscoperta e molto apprezzata per l’intensa e coraggiosa attualità.

La capacità di sfuggire allo spleen della vita di tutti i giorni è da sempre un’ossessione dell’autrice e quando l’arte dimostra di non essere un anestetico abbastanza potente, fa ricorso ad altre sostanze. Come racconta in Dipendenza, ultima parte dell’autobiogra­fia che, dopo Infanzia e Gioventù, conclude La trilogia di Copenaghen.

È un’opera di precoce autofictio­n che, nel 2021, è stata pubblicata e accolta come un capolavoro nel mercato anglosasso­ne. Mentre da noi è proposta, da Fazi con l’ottima traduzione di Alessandro Storti, divisa in tre testi. I primi due sono usciti nello scorso anno, l’ultimo è appena arrivato in libreria. La cronaca del terzo volume, più crudo e drammatico dei precedenti, comincia nei primi anni della Seconda guerra mondiale: la Danimarca è occupata dai nazisti, nelle strade di Copenaghen c’è il coprifuoco e la polizia ausiliaria danese, istituita dalle forze tedesche, tiene d’occhio la popolazion­e. Tove, poco più che ventenne, è già una poetessa pubblicata e sembra essere finalmente sfuggita dalla drammatica miseria vissuta degli anni precedenti. Ha sposato il suo pigmalione, un anziano editore. Con un marito che ha quasi il triplo della sua età, la ragazza si annoia ma fortunatam­ente l’unione è platonica. Con cinica ironia descrive la routine domestica che ha come grande benefit tanto tempo libero per cominciare a scrivere il primo romanzo, dimenticar­e appunto l’amarezza della realtà, smettere anche di invidiare e spiare dalla finestra le coppiette che si baciano. L’amore che il vecchio intellettu­ale le riserva è più paterno che passionale, così Tove viene incoraggia­ta dal marito a frequentar­e, ma solo una volta alla settimana, un circolo di ragazzi con ambizioni letterarie. I giovani artisti amano godere in pieno le gioie dell’esistenza, per Tove lo sbocco verso la libertà rappresent­a una grande tentazione. «Mi addolora il fatto che la mia vita stia per complicars­i come non mai, ma rifletto anche sulla stranezza di non essermi mai opposta al volere di nessuno; mai sul serio, perlomeno».

Tra serate alcoliche e trasgressi­oni

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