Corriere della Sera - La Lettura

I primi italiani e una donna sull’Everest

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Sono passati settant’anni da quando, il 29 maggio 1953, il neozelande­se Edmund Hillary e il nepalese Tenzing Norgay raggiunser­o per la prima volta la vetta più alta del mondo, gli 8.848,86 metri del monte Everest. Cinquanta, invece, sono gli anni trascorsi dalla spedizione italiana che arrivò in cima il 5 e il 7 maggio 1973. E trent’anni fa, il 22 aprile 1993, sul «tetto del mondo» salì Pasang Lhamu Sherpa, che contro il razzismo, la discrimina­zione di genere, l’opposizion­e politica, fu la prima donna nepalese ad arrivare in vetta. A portare gli spettatori (anche) sulla catena dell’Himalaya è la 71ª edizione del Trento Film Festival, rassegna dedicata alla montagna, che torna dal 28 aprile al 7 maggio con 130 film in nove sezioni.

Due sono i documentar­i che a Trento saranno dedicati all’Everest. Il primo è un restauro. Quello realizzato dalla Cineteca di Bologna, a partire da una copia d’epoca in 35 mm del «Fondo Monzino» del Fai - Fondo per l’Ambiente Italiano, del film di Guido Guerrasio (1920-2015) che nel 1973 celebrò la prima scalata italiana: Everest. La spedizione italiana al tetto del mondo (qui accanto un fotogramma). Una spedizione dell’esercito, organizzat­a dall’imprendito­re e alpinista Guido Monzino, seguita dalla macchina da presa di Pietro Magni. Vi partecipar­ono — ricostruis­ce il film — 53 militari e dieci civili, con un imponente quantitati­vo di materiale a supporto dell’impresa ed elicotteri per gli approvvigi­onamenti e i soccorsi.

Di spedizioni — in questo caso invernali — sulla catena himalayana si parlerà nella serata Fra ghiaccio e neve, dove l’alpinismo si fa epico con gli alpinisti Chhepal Sherpa, Alex Txikon e David Göttler (il 29 alle 21). Conduce invece nel Nepal degli anni Novanta il documentar­io della regista americana Nancy Svendsen, tra i 27 titoli del concorso, Pasang: In the Shadow of Everest. Con immagini d’archivio e interviste a famigliari e grandi dell’alpinismo, come il francese Marc Batard, Svendsen ricostruis­ce l’appassiona­nte e tragica vicenda di Pasang Lhamu Sherpa (1961-1993; nella foto in alto in un’immagine del film che la ritrae sul Monte Bianco). Donna di etnia sherpa, buddhista in un regno a prevalenza induista, dovette affrontare l’opposizion­e della famiglia, la contrariet­à degli scalatori stranieri, il governo del suo Paese per poter realizzare il suo sogno: essere la prima donna nepalese a raggiunger­e la vetta dell’Everest (la prima in assoluto era stata la giapponese Junko Tabei, il 16 maggio 1975; la sua storia è raccontata da Sofia Gallo nel libro Un fiore di primavera nato in autunno, in uscita il 19 maggio per Solferino). Pasang Lhamu Sherpa ci riuscì al quarto tentativo ma morì durante la discesa. Una storia che sconvolse il Nepal ma diede il via a movimenti per i diritti di donne e minoranze.

Quella di Pasang è una delle tante storie al femminile raccontate dal Trento Film Festival (info e programma su trentofest­ival.it). Tra i titoli in concorso si segnala Wild Life, produzione National Geographic firmata da due premi Oscar (Elizabeth Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin, Free Solo), ritratto dell’imprenditr­ice e ambientali­sta Kristine Tompkins, vedova di Doug Tompkins, alpinista e fondatore di The North Face. E An Accidental Life di Henna Taylor, che celebra il coraggio della scalatrice Quinn Brett, resa invalida da una caduta nello Yosemite. (cecilia bressanell­i)

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