Corriere della Sera - La Lettura
HO SENTITO KATRINA ARRIVARE
Sento l’odore di liquami fognari in decomposizione prima di sentire il suo ruggito. Guardo dalla finestra, immobile, e immagino le onde che si gonfiano, scrosciano, rotolano e si innalzano sull’oceano. Riesco quasi a sentire il sapore della salsedine, tanto è vicino. Gli argini si stanno sgretolando, sommersi e invasi dalla spinta dell’acqua, percossi dal vento implacabile. Le cinciallegre lanciano tra gli alberi un grido inquietante e spero che abbiano il tempo di fuggire, prima di essere bloccate senza speranza. Io non ho speranza.
Rivolgendomi a Joey Senior, che da sei anni è mio marito, gli dico di andarsene. Lui non si muove dal tavolo. Se ne sta lì seduto, le grandi mani afferrate alla tela cerata rossa e screpolata; mani che potrebbero stringere a morte una gola, mani che non possono niente quando è in questo stato di torpore. L’ho visto così innumerevoli volte, fissare con occhi ciechi. Ho imparato a ignorare l’odore della cannabis che gli si attacca alla pelle, come rugiada su una ragnatela. Non grido per riportarlo a me — al mio mondo — né cerco di riportarlo a uno stato vitale. Oggi moriremo nella melma dell’Atlantico. Le sue acque salgono sulla veranda di ferro battuto del nostro appartamento, nel cuore di New Orleans. Il mare è guidato dalla tempesta e raccoglie la forza della natura.
Sussurro, esortando Joey Senior ad andarsene. La mia rabbia si è ormai esaurita, so che mi sente, ma non si muove. Fissa la zuccheriera al centro del tavolo, senza dire niente. Due lacrime ovali gli scivolano lungo le