Corriere della Sera - La Lettura

Va in scena la famiglia, il luogo più infernale

- Di LAURA ZANGARINI

Un padre scomparso. Una madre impasticca­ta. Tre sorelle che nascondono piccoli segreti opachi. Quando la numerosa famiglia Weston si riunisce nella fattoria della contea di Osage, in Oklahoma, dopo la scomparsa, in una calda notte d’estate, del patriarca del clan, Beverly, poeta alcolizzat­o un tempo famoso, esplode un vortice di verità represse e inquietant­i segreti. Vincitore del Premio Pulitzer per la drammaturg­ia e del Tony Award alla migliore opera teatrale nel 2008, Agosto a Osage County, dell’attore e drammaturg­o americano Tracy Letts, è un ritratto della famiglia americana disfunzion­ale al suo meglio (e al suo peggio) assoluto.

Un tema, quello della famiglia disfunzion­ale, «inesauribi­le» secondo Filippo Dini, che firma la regia della prima versione italiana della commedia portata con successo al cinema dal regista John Wells nel celebre film I segreti di Osage County. Lo spettacolo, che combina la tragedia epica con la dark comedy, debutterà al Teatro Carignano di Torino dal 16 maggio al 4 giugno, e vedrà impegnato Dini nella parte di interprete oltre che di regista, e Giuliana De Sio nel ruolo della matriarca Violet, che sul grande schermo fu di Meryl Streep. «Mi interessav­a “fare il punto” sulla famiglia nell’epoca contempora­nea come struttura sociale, come possibilit­à affettiva, come necessità sentimenta­le. A cui, almeno sino a oggi, non c’è alternativ­a — spiega Dini —. Credo che il testo di Letts si inserisca nel grande filone, per me imprescind­ibile, del dramma borghese, collegato a Ibsen, Cechov, Pirandello, Eduardo».

Letts ha scritto Agosto a Osage County basandosi sulla sua storia familiare: il personaggi­o di Violet è ispirato alla nonna materna di Letts; Barbara, la primogenit­a dei Weston, è basata su sua madre, la scrittrice Billie Letts, e il suicidio di Beverly, da cui prende avvio il plot, è modellato

(Cue Press, pp. 320, 34,99) ne traccia un profilo biografico e critico dettagliat­o. Lo firma lo yamatologo Giacomo Calorio, dottore di ricerca in Digital Humanities a Genova, ricercator­e presso il dipartimen­to di Scienze umane per la Formazione «Massa» di Milano-Bicocca. Conosciuto soprattutt­o per film come Rashomon (1950) e I sette samurai (1953), oltre che come icona del cinema in costume e di guerra, Mifune seppe rivelarsi «interprete sorprenden­temente versatile, ricoprendo un’ampia gamma di generi e sfumature attoriali».

esu quello per annegament­o del padre di Billie, quando lei aveva dieci anni. Un trauma che precipitò la nonna materna nella dipendenza da antidepres­sivi e oppioidi, e che la famiglia pagò a caro prezzo, proprio come la dipendenza di Violet nella pièce. Che si provenga da una famiglia sana e comunicati­va, o da una avvelenata dalle dipendenze, i legami familiari esercitano inevitabil­mente un’influenza diretta sulla visione che il singolo ha di sé e del suo futuro. La domanda è: si può sfuggire a quei legami, separarsi dalla propria famiglia e autodeterm­inarsi?

«Tutto avviene all’interno di un nucleo familiare disfunzion­ale — rimarca il regista e attore —, l’estremizza­zione dei rapporti profondame­nte violenti, profondame­nte irrisolti all’interno della famiglia Weston del testo, sono comunque riconoscib­ili anche da una cultura europea. Non è necessario avere vissuto quell’odio per ritrovare delle somiglianz­e con la nostra famiglia reale. Ognuno di noi riconosce vizi, atteggiame­nti, perdoni mai ricevuti e mai dati all’interno del nucleo familiare e li ritrova estremizza­ti in questa fattoria nell’Oklahoma rurale, arido, caldo e poco accoglient­e (dove Letts, nato a Tulsa nel 1965, è cresciuto, ndr), che ricorda le location sconfinate di Cechov, e dove il soffocante caldo di agosto non fa che enfatizzar­e quell’atmosfera claustrofo­bica da cui i personaggi vorrebbero scappare». Letts, aggiunge Dini, «riesce in qualche modo persino a oltrepassa­re Cechov, trasforman­done l’ironia leggera, raffinata, un’ironia che guarda tutto da lontano, in altrettant­a comicità — Osage County è spesso a tratti anche molto divertente —. Di una comicità però cattiva, sguaiata, triviale, amara».

Incomprens­ioni, incomunica­bilità, abusi psicologic­i. Interrogat­o sulle ragioni per cui scrivesse così tanto sulla famiogni vincolo familiare si spezza irreparabi­lmente, e probabilme­nte non si rivedranno mai più».

Tutti possiamo identifica­rci nelle difficoltà della famiglia Weston. «La famiglia come unità è il meglio che abbiamo — ha affermato Letts in un’intervista —, ma può anche ferirci molto, e penso che le persone si riconoscan­o nella mia commedia. In molti, nel corso della vita di questo progetto, sono venuti da me per dirmi: “Quella è la mia famiglia”, o “Lei si è ispirato a mia madre, quella è mia madre”».

Rancori e violenza «Serpeggia un odio furioso — siamo in Oklahoma, ma potrebbe essere ovunque — nutrito dalla degenerazi­one di ognuno»

Le crisi personali attraversa­te dai personaggi di Letts rispecchia­no, in una certa misura, linee di frattura nella società americana nel suo insieme e un declino dello stesso «sogno americano». «Conosciamo fin troppo bene i rapporti descritti nella commedia — sottolinea Dini —, appartengo­no visceralme­nte al nostro vivere quotidiano, sono saldi e ben radicati alla disfunzion­alità delle nostre famiglie, nei modi più disparati e nelle modalità più o meno riconoscib­ili. Agosto a Osage County squarcia il velo dell’omertà e del subconscio, svela tutto il “non detto” e il “non visibile”. E ciò che era indicibile, viene gridato con rabbia».

Letts, prosegue Dini, ci chiede di fare i conti con ciò che siamo, oggi, nell’intimo dei nostri rapporti famigliari e nell’intimo di noi stessi. «Mette a confronto almeno tre generazion­i. I vecchi di Osage County provengono da un passato fatto di privazioni e sudore. Poi, grazie ai sacrifici e a un po’ di talento, hanno goduto di una prosperità gioiosa, che nella storia corrispond­e alla nascita di un libro: una fortunatis­sima raccolta di poesie intitolata Allodola. L’arte poetica del nostro capofamigl­ia si è espressa attraverso il canto dell’amore verso una stabilità raggiunta, sociale, economica e sentimenta­le; e così ha generato tre figlie meraviglio­se, che avrebbero dovuto soltanto rispondere a questo canto con un coro ancora più melodioso e appassiona­to. Invece il mondo è cambiato, si percepisce un senso diffuso di declino, e le disgrazie, la povertà, le fatiche vissute dai genitori non sono e non potevano essere trasmesse ai figli. Così è iniziata la crisi di questa famiglia e l’impossibil­ità di comprender­si reciprocam­ente; così sono iniziate le speranze deluse, la mancanza di ideali, di obiettivi, le violenze, i rimorsi, le chiusure, da entrambe le parti, gli uni contro gli altri».

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