Corriere della Sera - La Lettura
Io scoprirò chi mi ha ucciso
Un fotoreporter dello Sri Lanka assassinato ha sette giorni per farsi giustizia, ma l’aldilà è un caos peggiore dell’aldiquà: Shehan Karunatilaka nel 2022 ha vinto il Booker con una trama forsennata che fonde il realismo magico e altri generi
Pagine 471, e 20 In libreria dal 6 giugno
L’autore Shehan Karunatilaka (Galle, Sri Lanka, 1975; foto courtesy Fazi Editore) è cresciuto a Colombo, ha studiato in Nuova Zelanda e, prima di tornare a vivere nel suo Paese, ha vissuto e lavorato a Londra, Amsterdam e Singapore. È emerso sulla scena letteraria mondiale nel 2010 con il romanzo d’esordio, Chinaman, grazie al quale ha vinto il Commonwealth Book Prize, il Gratiaen Prize e il Dsc Prize for South Asian Literature. Con il suo secondo romanzo, Le sette lune di Maali Almeida ,siè aggiudicato il Booker Prize 2022, diventando così il secondo autore dello Sri Lanka — dopo Michael Ondaatje, che vinse con Il paziente inglese nel 1992 — a ottenere il riconoscimento per «l’ambizione della sua portata e l’esilarante audacia delle sue tecniche narrative». Le sette lune di Maali Almeida è in corso di pubblicazione in 27 Paesi
Chi era Maali Almeida? Molte persone in una, a seconda di chi l’avesse conosciuto: di certo, anche per chi non era al corrente di tutti i particolari della sua esistenza, era un fotoreporter dalla vita turbolenta, come turbolenta era quella del suo Paese, lo Sri Lanka, negli anni in cui Maali era in vita — la fine degli anni Ottanta. Sì, perché Maali Almeida è morto — assassinato, per la precisione — e ciò non gli impedisce di essere il narratore della propria storia. Quando si ritrova in uno «spazio intermedio» tra la vita e la morte — viene subito alla mente il Bardo della tradizione tibetana, già usato con efficacia da un altro vincitore del Booker Prize, George Saunders nel suo Lincoln nel Bardo — il fatto di essere stato ateo in vita non gli impedisce di adattarsi alla nuova, inattesa situazione. Maali Almeida è sempre stato un uomo d’azione. Anche troppo, a volte.
L’aldilà delle Sette lune di Maali Almeida assomiglia del resto a un’enorme apparato burocratico, e quindi anche allo stesso Sri Lanka: capirne il funzionamento, per chi in Sri Lanka ci ha vissuto tutta la vita, non dovrebbe risultare troppo difficile. Ci sono però differenze e regole: ad esempio, le anime dei morti possono recarsi solo nei luoghi in cui i loro possessori sono stati da vivi. E soprattutto il tempo in cui ciascuno potrà rimanere in questo limbo, prima di riunirsi con la «Luce Eterna» o più probabilmente ritrovarsi reincarnato in qualche altro essere vivente, ammonta in totale a sette giorni.
Sono queste le sette lune (notti, dunque, e non mesi, come si sarebbe portati a credere, e come in effetti viene da pensare allo stesso protagonista) a disposizione di Almeida, fotoreporter, giocatore d’azzardo e «uomo di facili costumi», per scoprire chi l’ha ucciso — e magari avere anche un impatto sulla storia futura del suo Paese, straziato da una guerra civile che pare non dover mai finire.
Ci troviamo infatti nel 1989, al picco del conflitto che vide opposta la maggioranza buddhista (e il governo) contro i separatisti induisti del nord e dell’est (e di etnia tamil), con molti altri attori — «di cui nessuno buono», come afferma lo stesso protagonista — a complicare il quadro: mercanti d’armi inglesi, «forze di pace» indiane pronte a bruciare villaggi e stuprare chiunque si trovi a tiro, comunisti rivoluzionari del partito Janatha Vimukthi Peramuna, doppiogiochisti governativi… Tutte figure con cui Almeida ha avuto a che fare, senza contare le sue frequentazioni nei bassifondi di Colombo, essendo un giocatore d’azzardo compulsivo, un omosessuale closeted sempre alla ricerca di nuove avventure erotiche (in un Paese in cui l’omosessualità è un reato), nonché un occasionale utilizzatore di droghe ricreative.
Si capisce che con una vita del genere, e per di più la volontà di profittare il più possibile dal proprio lavoro di fotoreporter, trattando pericolosamente con tutte le parti in causa, la lista dei possibili assassini di Maali Almeida è molto lunga. La chiave per scoprire chi l’ha ucciso potrebbe trovarsi in una scatola da scarpe piena di fotografie che è rimasta sotto a un certo letto… Molte, forse troppe di quelle foto sono compromettenti. Per Maali, certo, dato che non era esule dal piacere degli scatti erotici, ma soprattutto per il governo dello Sri Lanka, dato che tra di esse ci sono le prove di svariati crimini contro l’umanità.
Comincia così un romanzo forsennato, che riesce a fondere in modo felice realismo magico, giallo in stile whodunit (solo che l’investigatore qui è la vittima stessa), thriller geopolitico, romanzo intimista a sfondo amoroso, allegoria di marca dantesca (non è un caso che la prima versione del romanzo, uscita nel mercato asiatico e poi rimaneggiata per darle più respiro e renderla più adatta a quello
globale, si chiamasse Chats with the dead, chiacchierate coi morti), e pure la farsa.
Shehan Karunatilaka si muove infatti su territori tonali molto diversi da quelli dei suoi conterranei visti finora in traduzione (vengono in mente il Michael Oondatje del Paziente inglese o, più recentemente, l’Anuk Arudpragasam di Passaggio a nord, entrambi pudichi, seriosi e accorati): è un autore dalla lingua lunga, e così è il suo protagonista, mai privo di una battuta verso chiunque incontri (o verso sé stesso). Perché Le sette lune di Maali Almeida è ambientato durante una delle guerre civili più sanguinose degli ultimi decenni: 26 anni di conflitto; più di 100 mila morti di cui 40 mila civili; crimini contro l’umanità di ogni tipo; sparizioni forzate (quasi sempre verso camere di tortura clandestine); massacri di civili attuati dalle forze governative; e bombe nei mercati; e i bambini-soldato usati dalle Tigri Tamil.
Via via che si va avanti con la lettura, scopriremo tutto questo assieme ad Almeida, che cercherà di indirizzare alla fatidica scatola con le foto le due persone viventi a cui era più legato, e che infatti lo stanno cercando: il suo amante segreto DD, figlio di un importante ministro, e Jaki, la falsa fidanzata grazie a cui copriva la propria compromettente omosessualità (ricambiando il favore, essendo lei lesbica).
Non c’è da stupirsi per il successo globale delle Sette lune di Maali Almeida :in un momento letterario in cui l’ibridazione tra generi va per la maggiore, Shehan Karunatilaka riesce a mischiarne una mezza dozzina, riuscendo allo stesso tempo a risultare spassoso, enigmatico, politicamente incisivo, fantasioso e pure romantico, senza rinunciare a certi punti di oscurità che, figli dei tragici fatti reali vissuti dalla patria dell’autore, finiranno per segnare il lettore per sempre.
Karunatilaka è un autore abituato a lavorare con lentezza — il suo primo romanzo, Chinaman, non privo di collegamenti con questo — è del 2012, e col suo racconto di un giornalista sportivo alcolizzato alla ricerca di un grande giocatore di cricket scomparso nel nulla, gli valse il Commonwealth Book Prize. Dieci anni dopo, Karunatilaka alza visibilmente l’asticella, visto che in fondo Maali Almeida è — facendo le debite proporzioni — un nuovo, piccolo Dante, con due differenze rispetto all’originale: non ha alcun Virgilio a guidarlo (anzi, una moltitudine di spiriti, spesso mendaci, si offrono per il ruolo), e lo Sri Lanka del 1989 è un luogo molto più rumoroso e affollato dell’Italia del Trecento, sebbene non meno turbolento a livello politico.
Così il nostro defunto, coi suoi sette giorni a disposizione, si trova a confrontarsi con figure di ogni genere, non solo fantasmi d’altri morti ma anche abitatori dell’oltretomba presi dalle varie tradizioni singalesi, dove il buddhismo e l’induismo si incontrano (e, come ha dimostrato purtroppo la guerra civile, si scontrano anche): il brulicante Bardo in cui si muove Maali Almeida pullula di ex soldati di entrambe le parti alla ricerca della loro vendetta, gente che non ha ancora accettato di essere morta, suicidi che continuano ad ammazzarsi come se fosse un destino prescritto, nonché, come da tradizione dantesca, figure più o meno reali e di ogni genere che approfittano dell’incontro con Maali Almeida per dire la loro sulla politica dello Sri Lanka e del mondo, sui perché della guerra e del male sulla Terra: così, riuscire a fare tutto questo con la leggibilità di un thriller alla John le Carré e uno humour surreale che a volte fa pensare a Salman Rushdie e altre a Gabriel García Márquez — se proprio si volesse porre Le sette lune di Maali Almeida in un genere, quello sarebbe allora il realismo magico — fa assumere a questo romanzo caratteristiche da «grande impresa letteraria» come se ne vedono giusto una ogni due o tre anni.