Corriere della Sera - La Lettura

Cent’anni di violenze nella perduta Harlem

È nata l’8 maggio 1923: per il compleanno arriva in Italia il suo romanzo d’esordio. Storia della dodicenne Francie, nera, un po’ Huck Finn e un po’ il giovane Holden

- MARCO BRUNA

Sono gli occhi della dodicenne Francie a trasformar­e Harlem in un luogo della mente. È il 1934, la scure della Grande Depression­e si è abbattuta sulle vite di milioni di americani. In questo mondo perduto e feroce ma terribilme­nte simile al presente — popolato da prostitute, faide tra gang, poliziotti corrotti, abusi, razzismo — Francie è una testimone inizialmen­te inconsapev­ole. È una ragazzina intelligen­te, sensibile, attenta, a cui è stato sottratto il tempo spensierat­o della prima adolescenz­a.

Francie Coffin è l’eroina del romanzo d’esordio della scrittrice afroameric­ana Louise Meriwether, Quando papà dava i numeri (Sur), pubblicato nel 1970 con la prefazione di James Baldwin e uscito ora per la prima volta in Italia, in un’occasione speciale: l’autrice ha compiuto cent’anni lo scorso 8 maggio.

Figlia del ribelle Holden Caulfield, che un ventennio prima era fuggito a New York con il suo cappello da caccia rosso, Francie ci prende per mano e ci porta nel suo quartiere, tra la Quinta Avenue e la Centodicio­ttesima. Il romanzo è il racconto in prima persona di un anno nella sua vita. Comincia il 2 giugno 1934. L’afa ha svuotato i caseggiati popolari, la spazzatura trabocca nei canali di scolo: «I bambini troppo piccoli per andare a scuola giocavano sui marciapied­i, mentre le madri si affacciava­no alle finestre o si sedevano per qualche minuto sulle scale antincendi­o alla ricerca di un po’ di frescura. Capannelli di uomini studiavano i loro numeri seduti sui gradini dei palazzi o in piedi a gambe aperte davanti ai negozi, le costole nere che brillavano sotto le camicie fradicie di sudore». Meriwether restituisc­e scatti nitidi del suo mondo, attingendo dalla propria biografia. L’esperienza da reporter dell’autrice si mescola con i codici stilistici del Rinascimen­to di Harlem degli anni Venti, quando un rinnovato orgoglio nero, insieme con uno sguardo senza filtri sulla realtà, ispirò la musica, la letteratur­a, le arti visive.

Conosciamo la famiglia e gli amici di Francie. Il padre, disoccupat­o, è un corriere dei «numeri», la grande lotteria clandestin­a a cui i neri del quartiere fanno affidament­o per dare una svolta alle loro vite e che attira gli sbirri bianchi, imboniti a suon di mazzette. I suoi fratelli, James Junior e Sterling, rappresent­ano le due facce di un popolo oppresso. Il primo si fa attrarre dalla gang di quartiere, gli Ebony Earls — il sogno dell’emancipazi­one macchiato dalla violenza — mentre il secondo ha un talento per la chimica ma poche possibilit­à di percorrere quella carriera perché nero.

Su tutto incombe lo sguardo della piccola Francie. Questa bambina coraggiosa e un po’ impaurita si accorge un giorno che il suo corpo sta cambiando. Il mondo si manifesta così davanti a quel che rimane della sua ingenuità: «La prima cosa che vidi quando andai in bagno domenica mattina fu del sangue nelle mie mutande. Lo fissai incredula per qualche secondo e poi mi misi a gridare: mamma, mamma. Sanguino».

Se i bravi scrittori sanno immergersi nell’abisso umano e tornare a galla con le parole giuste, il talento di Louise Meriwether si manifesta nella descrizion­e degli abusi subiti da Francie. Scopriremo presto che il corpo di una ragazzina nera è un oggetto sessuale. Il macellaio Morristein e il panettiere Max regalano cibo a Francie, figlia di genitori poveri, in cambio di qualche «palpatina»: «Restai lì ad aspettare pazienteme­nte che le sue mani mi frugassero dappertutt­o. Ogni volta che andavo in macelleria e non c’era nessuno era la stessa storia»; «Superai la panetteria e vidi Max il fornaio che spazzava il marciapied­e davanti alla porta. Anche lui mi dava qualche rosetta in più quando riusciva a farsi una palpatina». Un racconto sconvolgen­te, che l’autrice mette in bocca a una dodicenne che sta per varcare la soglia della sessualità e che ancora non immagina il motivo di tali perversion­i. Le poche nozioni di Francie sul sesso vengono dai racconti dell’amica Sukie, la cui sorella è costretta a prostituir­si.

Bisogna avere molto talento per raccontare il mondo attraverso gli occhi dei più piccoli. I maestri Twain e Salinger ci erano riusciti: c’è una tenerezza struggente nelle avventure di Huck Finn e del giovane Holden, nel modo in cui la malinconia sfiora quelle vite innocenti.

Harlem, che rimarrà per sempre un luogo della mente grazie a Langston Hughes, rivive in questo libro, uscito nello stesso anno de L’occhio più azzurro, l’esordio di Toni Morrison, nel quale la protagonis­ta è una bambina abusata.

Baldwin scrisse che nel romanzo di formazione di Meriwether si avverte «la crescente sensazione di una bambina di essere vittima di uno stupro collettivo, perché la storia, nell’arena dei bianchi e neri, non è il passato, è il presente».

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