Corriere della Sera - La Lettura
Scrivo favole sull’uomo perché sono brava a volare
Torna una raccolta di racconti che pubblicò nel 1988, l’anno prima di Tienanmen: trame oniriche, non realistiche. E a «la Lettura» oggi dice: «Sono pacifista, per questo studio»
Deng Xiaohua (Changsha, 30 maggio 1953), conosciuta con lo pseudonimo Can Xue, è una delle autrici e saggiste più importanti della Cina di oggi. In Italia la raccolta di racconti Dialoghi in cielo era uscita per Theoria nel 1991
A cura di Giorgia Sensi INTERNO POESIA Pagine 171, e 15
L’autrice Mary Jean Chan (Hong Kong, Gran Bretagna, ora Cina, 1990) vive a Oxford, dove è senior lecturer di Scrittura creativa (Poesia) alla Oxford Brookes University. Flèche (2019) ha vinto il Costa Book Award per la poesia ed è stato finalista dell’International Dylan Thomas Prize
Non è il bandolo della realtà che va cercato nei racconti di Can Xue. La Cina c’è, nelle sue storie, ma è quella che sognano, o sognavano, i cinesi; ed è, in fondo, il mondo come lo sognano gli umani, ovunque, sempre. La sua prosa straniata segue e insegue l’ordine innaturale delle cose perché siamo tutti «immersi nella stessa fantasticheria, antica e ossessiva», ovunque, sempre.
Pubblicati nel 1988 — l’anno prima del massacro della Tienanmen, di cui proprio il 4 giugno ricorre l’anniversario — i Dialoghi in cielo non lasciano entrare nelle loro pagine accenni espliciti alle convulsioni politiche della Repubblica popolare. Nessun cenno alle traversie familiari che pure Deng Xiaohua (questo il suo vero nome, 70 anni compiuti il 30 maggio) ha sperimentato: a guardare bene qualche traccia si ritrova nel testo d’apertura, La splendida estate del sud, ma sono comunque indizi minimi. Ora la casa editrice Utopia recupera la raccolta di racconti che Theoria aveva pubblicato nel 1991 (un’edizione ormai introvabile), con la traduzione di Maria Rita Masci, rivista e aggiornata, preludio a una proposta organica della sua opera.
È una narrativa, quella di Can Xue, che si muove da tutt’altra parte rispetto al realismo, imposto per decenni in ossequio al canone estetico maoista. Né l’autrice si rifugia in trame storiche o addirittura mitologiche, che spesso mettono al riparo gli scrittori dai pericoli di qualcosa che possa dispiacere le autorità. Eppure il sogno che impregna le dodici storie di Dialoghi in cielo, con le immagini che prendono il sopravvento sulle trame, consente comunque a Can Xue di esibire uno sguardo chirurgico sulle persone: l’ambientazione onirica sembra spogliare le figure di tutto quanto è inessenziale. Regnano i moti profondi dello spirito, le incongruenze del pensiero, lo slittamento delle percezioni. «Ho pensato di poter dire delle cose, cose di cui la gente normale non era stata cosciente, che non erano mai state dette»: è quello che ci si aspetta dalla letteratura. E Can Xue, a modo suo, lo lascia dire all’io narrante di Dialogo in cielo III: «Sono molto brava a volare, fin da quando ero piccola, è un mio segreto, nessuno mi ha mai visto volare». Noi voliamo con lei, un universo sghembo impone le sue incerte leggi.
Can Xue ha risposto in inglese ad alcune domande de «la Lettura».
Il libro uscì nel 1988 e gli anni Ottanta, fino al fatidico 1989, sono stati in Cina creativamente vivaci, in un contesto di relativa apertura. Come ricorda quel periodo?
«Gli anni Ottanta per me sono stati fantastici. Ho iniziato a scrivere molto tardi, quand’ero sulla trentina, perché prima non avevo mai avuto la possibilità di pubblicare. Poi sono arrivati gli anni Ottanta. Sembrava che a tutti fosse data una possibilità, se si aveva un po’ di talento. Così mi sono impegnata duramente. Allora avevo messo su un laboratorio di sartoria, scrivevo ogni giorno sulla mia macchina da cucire, e ho esordito abbastanza presto. Un racconto. Poi un altro. Poi una novella. Quanto divenne felice la mia vita! Ho vissuto come in un sogno. Questi sono stati i miei anni Ottanta».
E su quali autori si formò?
«Cao Xueqin (1710-1765, autore del capolavoro Il sogno della camera rossa, ndr), Lu Xun (1881-1936, ndr), Zhuangzi (filosofo taoista della fine del Quarto secolo a. C., ndr). E Robert Musil, Franz Kafka, Italo Calvino, e anche Cervantes, Dante, Kant, Hegel e altri».
La fine degli anni Settanta e gli Ottanta videro l’apparire della cosiddetta «letteratura delle ferite», con resoconti delle sofferenze vissute durante la Rivoluzione culturale, scatenata da Mao nel 1966 e chiusa con la sua morte nel 1976. I suoi racconti invece procedono lungo un percorso molto diverso: onirico, metafisico, quasi magico. Ci può spiegare questa scelta poetica?
«Tutte le mie opere riguardano l’umanità, ne sono sicura. Si potrebbe dire che siano favole. Fin dall’inizio ho tenuto insieme la mia scrittura con la mia filosofia. Quando si crede di intravedere qualcosa della “letteratura delle ferite” nel mio lavoro è invece un esercizio, come dire?, di auto-scissione. Sono un’autrice esperta nella partizione del sé e nell’unificare. Di solito i lettori non sono abituati alla mia strategia narrativa. Ma se leggessero sempre più Can Xue, penso che alcuni di loro la capirebbero».
La letteratura cinese, sia classica sia popolare, è piena di sogni, fantasmi, entità ed esperienze soprannaturali. L’hanno ispirata in modo particolare?
«Sì, ma solo nella mia infanzia. Penso comunque che quell’influenza possa aver indirizzato tutta la mia scrittura. Amo la letteratura popolare cinese. Sento che la letteratura è un terreno fertile anche per la filosofia di Zhuangzi».
Come può descrivere il clima culturale e, in particolare, letterario nella Cina di oggi?
«Non penso che sia così buono. Di solito i circoli letterari non incoraggiano una scrittura innovativa. Gli scrittori e i critici sono ancora abituati allo stile realistico. E non sono vicina ad altri autori cinesi. Per dedicare tutte le mie energie alla scrittura, me ne sto sempre da sola. Vivo in campagna con mio marito, dove faccio esercizio ogni giorno. Il mattino e il pomeriggio lavoro a un grosso libro di filosofia che ho quasi finito, mentre la sera mi dedico ai racconti o ai romanzi, ma solo per meno di un’ora, perché tanto con la narrativa vado in automatico e non ho bisogno di molto tempo. Devo aggiungere che di recente ho avuto qualche ispirazione da Robert Musil».
La Cina è oggi molto diversa rispetto al 1988. La guerra infuria in Ucraina, le tensioni si intensificano nello stretto di Taiwan. Che cosa prova?
«Sono pacifista. Spero sempre che non ci sia una guerra nel mio Paese e che non ce ne siano nel mondo. Per questo studio la letteratura e la filosofia».