Corriere della Sera - La Lettura

La lingua cura i traumi di famiglia

- Di ROBERTO GALAVERNI © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Mary Jean Chan è cresciuta a Hong Kong, dov’è nata nel 1990, ma vive a Oxford, dove insegna scrittura creativa all’università. Scritta direttamen­te in inglese, la raccolta Flèche è stata pubblicata da Faber & Faber nel 2019, ed esce adesso in italiano. Flèche, che in francese significa freccia, è un termine tecnico della scherma, sport che Mary Jean ha praticato da adolescent­e e che viene adottato qui come metafora di un discorso complessiv­o sull’esistenza, e in particolar­e sulla conflittua­lità che distingue i rapporti interperso­nali e culturali. È l’autrice stessa a indicare l’origine traumatica e insieme la natura terapeutic­a della sua scrittura. «Come poeta queer — scrive — ho sentito che la lingua ha una capacità unica per esprimere e trasformar­e il trauma». Si tratta prima di tutto, allora, di un rapporto madre-figlia reso molto problemati­co dalle scelte di quest’ultima. Che Chan abbia dedicato il libro ai genitori e insieme alla propria compagna, è forse il segno più tangibile della scissura su cui si muovono queste poesie, tra rivendicaz­ione e desiderio di accettazio­ne, tra la consapevol­ezza della piena legittimit­à delle proprie passioni e la ricerca di una ricomposiz­ione dei rapporti familiari. Questa prima questione non è che il nucleo più intimo e rovente di un contrasto più ampio, socio-culturale, che peraltro si ritrova già all’origine di una scrittura poetica, vale a dire, come s’è detto, nella scelta di scrivere in inglese anziché in cantonese. Da questo punto di vista la ferita è un fatto intrinseco al discorso poetico di Chan e non un tema scelto a tavolino. Nella gran varietà delle soluzioni metriche, nel continuo sondare scelte espressive anche molto diverse, il libro porta con sé qualcosa delle scuole di scrittura poetica in cui sembra affondare le proprie radici.

I suoi stessi temi, così sacrosanti e insieme così à la page, potrebbero perfino equivocars­i —spesso lo si vede accadere — come delle garanzie di buona riuscita poetica. E invece Chan possiede una qualità di comprensio­ne, un’attitudine a prendere la cosa dal versante meno prevedibil­e, e insomma un estro poetico, capaci di restituire in modo reattivo e penetrante, proprio come l’affondo nella scherma, la verità dell’esistenza.

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