Corriere della Sera - La Lettura
La lingua cura i traumi di famiglia
Mary Jean Chan è cresciuta a Hong Kong, dov’è nata nel 1990, ma vive a Oxford, dove insegna scrittura creativa all’università. Scritta direttamente in inglese, la raccolta Flèche è stata pubblicata da Faber & Faber nel 2019, ed esce adesso in italiano. Flèche, che in francese significa freccia, è un termine tecnico della scherma, sport che Mary Jean ha praticato da adolescente e che viene adottato qui come metafora di un discorso complessivo sull’esistenza, e in particolare sulla conflittualità che distingue i rapporti interpersonali e culturali. È l’autrice stessa a indicare l’origine traumatica e insieme la natura terapeutica della sua scrittura. «Come poeta queer — scrive — ho sentito che la lingua ha una capacità unica per esprimere e trasformare il trauma». Si tratta prima di tutto, allora, di un rapporto madre-figlia reso molto problematico dalle scelte di quest’ultima. Che Chan abbia dedicato il libro ai genitori e insieme alla propria compagna, è forse il segno più tangibile della scissura su cui si muovono queste poesie, tra rivendicazione e desiderio di accettazione, tra la consapevolezza della piena legittimità delle proprie passioni e la ricerca di una ricomposizione dei rapporti familiari. Questa prima questione non è che il nucleo più intimo e rovente di un contrasto più ampio, socio-culturale, che peraltro si ritrova già all’origine di una scrittura poetica, vale a dire, come s’è detto, nella scelta di scrivere in inglese anziché in cantonese. Da questo punto di vista la ferita è un fatto intrinseco al discorso poetico di Chan e non un tema scelto a tavolino. Nella gran varietà delle soluzioni metriche, nel continuo sondare scelte espressive anche molto diverse, il libro porta con sé qualcosa delle scuole di scrittura poetica in cui sembra affondare le proprie radici.
I suoi stessi temi, così sacrosanti e insieme così à la page, potrebbero perfino equivocarsi —spesso lo si vede accadere — come delle garanzie di buona riuscita poetica. E invece Chan possiede una qualità di comprensione, un’attitudine a prendere la cosa dal versante meno prevedibile, e insomma un estro poetico, capaci di restituire in modo reattivo e penetrante, proprio come l’affondo nella scherma, la verità dell’esistenza.