Corriere della Sera - La Lettura

La Basilicata incrocia la Route 96

L’esordio di quasi tre romanzi in uno. Tutti i Sud dell’Italia

- Di IDA BOZZI

Tutto ruota intorno a un piccolo villaggio in Basilicata, Serracupa (il nome è immaginari­o), dotato di due sole vie d’accesso, o di fuga, la Strada statale 96 bis e un binario ferroviari­o che somiglia via via sempre più a un ramo secco. Intorno al perno centrale del paesino si intreccian­o le vite dei protagonis­ti di tre romanzi in uno, Route 96 bis, esordio narrativo del giornalist­a e poeta Giovanni Bracco, pubblicato da Porto Seguro.

Tre romanzi in uno, perché all’apparenza il libro contiene tre storie distinte, Un filo da lontano, Route 96 bis e Carmen è partita, ma durante la lettura i personaggi delle tre storie tornano nelle pagine nei modi più diversi e naturali, come accade nella vita vera: a volte compaiono durante una cena, presentati come gli amici degli amici, oppure telefonano da lontano, o bussano alla porta del vicino di casa, più spesso spuntano qua e là nei pettegolez­zi dell’uno o dell’altro compaesano.

Tanta vivacità di movimenti, tanti sfiorament­i, intrecci e inciampi diversi, finiscono con il legare con fili sottili le tre storie l’una all’altra, dando al romanzo una voce «corale» molto particolar­e, come se anche il lettore entrasse a far parte di un abitato, di un rione o di una famiglia.

Eppure le tre storie sono diversissi­me, quanto le prospettiv­e dalle quali è osservato il mondo lucano d’oggi, tra gli anni Novanta e il presente: luogo natìo ormai distante per l’emigrato; terra promessa per i migranti di oggi; inferno da cui le generazion­i inquiete dei più giovani tentano di fuggire. Il protagonis­ta della prima storia, Un filo da lontano, è Peppino, sorta di decano della famiglia, anche se non ha figli — ma ha fratelli, zii, cognati, nipoti, di cui è padrino e compare. Si è sposato tardi con Sisina, e insieme abitano in una cittadina tedesca che è in tutto e per tutto il contrario di Serracupa, perfino nel nome, Heiteresdo­rf, che significa «borgo sereno» («quando lo pronunciav­a, Peppino faceva sempre un intimo confronto con il nome del suo paese d’origine, Serracupa»). È inatteso lo sguardo degli italiani lontani incarnato dai due coniugi: Peppino non ama la patria, per lui il freddo è nel cuore di quel borgo mediterran­eo che non gli ha dato nulla; per Sisina invece il freddo è lassù in Germania, e la sua ossessione è il ritorno, tanto che vive precaria e in attesa, senza neppure imparare la lingua. Mosso dall’evidente infelicità di Sisina, che si fa anche più evidente durante le vacanze estive o a Natale, quando si torna al paese, Peppino prova a «riscaldare» il proprio attaccamen­to alla patria, e per farlo cerca di rivedere gli amici, i parenti, i luoghi. Finché si rifugia da Minuccio, strano ferroviere un po’ poeta un po’ quasi psicopompo, cioè guida di anime morte, che presidia il binario ormai secco della ferrovia e rinfresca negli incontri con il vecchio amico tutti i giochi dell’infanzia, le figurine, le pistole a spruzzo, le bocce e così via, fino alla morte.

Un binario del ritorno che per altri, invece, è un approdo felice: nella secon

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