Corriere della Sera - La Lettura
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Il nome della rosa
Per primo venne il kolossal di JeanJacques Annaud nel 1986. Umberto Eco non disse mai chiaramente se gli fosse piaciuta o meno quella trasposizione per immagini del Nome della rosa, il suo romanzo più celebre. La critica fu salomonica (Paolo Mereghetti e Morando Morandini gli diedero due asterischi e mezzo su cinque). Al pubblico piacque molto (non quello americano). Eco bofonchiò qualcosa contro Sean Connery, magnifico protagonista, non si lamentava della recitazione ma del fatto che l’attore voleva parlare sempre di calcio. Poi venne nel 2019 la miniserie Rai con John Turturro come Guglielmo da Baskerville. Eco non poté vederla. Adesso Milo Manara ha pubblicato la prima parte (mezzo libro) della sua visione a fumetti della storia dell’abbazia maledetta e ha fatto centro. C’è ritmo (più che nel romanzo), c’è la precisione dei codici miniati, c’è claritas ,ela claritas è tutto, come conferma Eco attraverso Guglielmo: «Vidi altre volte e in altri luoghi molti scriptoria, ma nessuno in cui così luminosamente rifulgesse la claritas, fonte di ogni bellezza e sapienza». E c’è anche Marlon Brando che presta il suo volto al protagonista e questo è un risarcimento perché Brando fu una delle prime scelte di casting ma poi la cosa non quagliò. Sarebbe piaciuto a Eco questo Nome della rosa a fumetti? Il Professore amava il genere. Fu uno dei primi sponsor dei Peanuts di Charles M. Schulz che considerava un (il?) grande romanzo americano. E forse si identificava in Charlie Brown (Adso ha qualcosa di lui magari). I fumetti (quelli di Cino e Franco in particolare) sono molto presenti in La misteriosa fiamma della regina Loana, il romanzo più intimo di Eco. Manara, non a caso, premette al suo libro questa bella citazione di Eco in stile Woody Allen: «Quando ho voglia di rilassarmi leggo un saggio di Engels, se invece desidero impegnarmi leggo Corto Maltese». Una boutade, ma poi non tanto. Voto: almeno quattro asterischi aspettando il finale di stagione.