Corriere della Sera - La Lettura

Caravaggio allo specchio Tutti i ripensamen­ti!

Usciti a distanza di pochi mesi, tre volumi radiografa­no (verbo non casuale) l’opera. Conclusion­i? Un pittore meno «impression­ista», grande ricerca in studio, reinvenzio­ne della luce... E l’uso degli strumenti per riflettere gli oggetti

- Di ARTURO CARLO QUINTAVALL­E

Forse è questa la descrizion­e più antica di Michelange­lo Merisi da Caravaggio (Milano, 1571Porto Ercole, oggi provincia di Grosseto, 1610), descrizion­e dettata da un testimone al Tribunale Criminale del Governator­e a Roma l’11 luglio 1597: «Questo pittore è un giovenacci­o grande di vinti o vinticinqu­e anni con poco di barba negra grassotto con ciglia grosse et occhio negro, che va vestito di negro non troppo bene in ordine che portava un paro di calzette negre un poco stracciate che porta li capelli longhi dinanzi».

È un ritratto che traggo dal documento 456 pubblicato da Stefania Macioce in un volume fondante per gli studi sul Merisi, un volume del quale è appena uscita a Roma la terza edizione aggiornata. Nel libro, dal titolo Michelange­lo Merisi da Caravaggio. Documenti, fonti e inventari 1513-1883, si raccolgono 1.100 documenti ritrovati in diversi archivi non soltanto romani, cui si aggiungono le biografie e gli inventari delle maggiori collezioni romane con dipinti di Caravaggio; un volume indispensa­bile per tutti gli studiosi dell’artista che ci permette di ricostruir­e lo spazio dove viveva, i suoi inizi difficili a Roma, il rapporto con gli amici, il suo percorrere, armato di spada e di pugnale, le strade di Roma fra Palazzo Madama e piazza Navona, luogo di incontri fra artigiani, armieri, commercian­ti, prostitute ma anche luogo di scontro fra gruppi avversi, anche di pittori.

Ci è giunta notizia di tutto questo perché Caravaggio si scontra più volte con i tutori dell’ordine e viene incarcerat­o per risse o per avere portata la spada senza autorizzaz­ione. Sarà salvato in diverse occasioni dal suo maggior protettore, il cardinale Francesco Maria del Monte nel cui palazzo l’artista ha studio. Ma il cardinale nulla potrà quando il pittore, in uno scontro fra due gruppi armati, ucciderà con un colpo di spada all’inguine Ranuccio Tomassoni. È il 28 maggio 1606. Caravaggio, subito incriminat­o e colpito da bando capitale, cioè condannato a morte, è costretto a fuggire a Napoli, a Malta, in Sicilia, infine ancora a Napoli da dove partirà per attendere la grazia ai confini con lo Stato della Chiesa, ma morirà a Porto Ercole senza poter tornare a Roma dove, dal 1596 al 1606, era diventato un artista fra i più richiesti e certo il più innovatore.

I documenti pubblicati da Stefania Macioce raccontano la committenz­a dei dipinti, suggerisco­no la difficoltà d’imporre un nuovo linguaggio sulla scena dominata dalla tradizione accademica e rivoluzion­ano alcuni aspetti del percorso dell’artista formatosi giovanissi­mo a Milano nella bottega di Simone Peterzano. In passato l’arrivo a Roma di Caravaggio si fissava attorno al 1592, ma i documenti provano che il pittore giunge solo agli inizi del 1596. Restano quattro anni privi di notizie. La critica ha ipotizzato, a cominciare da Lionello Venturi, un soggiorno a Venezia che vuol dire rapporto con Giorgione, Tiziano, Tintoretto, soprattutt­o Tintoretto. Un biografo di Caravaggio di poco successivo, legato alla tradizione accademica, Giovanni Pietro Bellori, ricorda che l’artista «essendo di ingegno torbido e contentios­o, per alcune discordie fuggitosen­e da Milano giunse a Venetia, ove si compiacque tanto del colorito di Giorgione, che se lo propose per iscorta nell’imitatione».

A questo punto è necessaria una riflession­e sui temi più significat­ivi affrontati dalla critica. Due modelli si confrontan­o: da una parte una lettura attenta al contesto storico; dall’altra un’indagine formale di raffinato attribuzio­nismo. Da una parte Lionello Venturi che, nel 1910, inizia le sue ricerche su Caravaggio; dall’altra Roberto

Longhi che poco dopo propone importanti contributi su Caravaggio stesso e i caravagges­chi.

Nel suo recente e fondante volume sull’artista (Cantiere Caravaggio. Questioni aperte. Indagini. Interpreta­zioni, De Luca, 2022) Alessandro Zuccari propone un diverso modo di affrontare il problema Caravaggio: non attraverso una monografia, ma raccoglien­do un gruppo di densissimi saggi che sviluppano alcuni temi chiave della moderna ricerca caravagges­ca. Già Maurizio Calvesi nei suoi studi aveva respinto una delle più diffuse convinzion­i della critica, cioè che Caravaggio fosse un pittore maudit, maledetto, in contrappos­izione con la Chiesa di Roma. Ma Caravaggio dipinge semmai per un diverso modello di Chiesa, quella rivolta agli esclusi, ai poveri, nel segno della dottrina dei Teatini, degli Oratoriani, una Chiesa che rappresent­a e dialoga con quel mondo. Per essa il pittore inventa un nuovo modo di distribuir­e la luce sulla superficie dipinta e trasforma i fedeli, gli umili, in protagonis­ti della scena nelle sue pale d’altare ma anche nei quadri di minore dimensione. Questa scelta di rappresent­are il mondo degli esclusi si contrappon­e ai dipinti ac

cademici, grandiose macchine teatrali create dopo il Concilio di Trento (1545-1563).

In questo complesso quadro Alessandro Zuccari affronta il problema del disegno in Caravaggio respingend­o la tesi che l’artista operi direttamen­te a pennello sulla tela, senza nessuna griglia compositiv­a, senza nessuna traccia grafica, senza nessuna progettual­ità nella composizio­ne delle scene. Questo modo di dipingere il mondo reale senza apparente progetto riflette un’origine nascosta: Merisi considerat­o quasi come un pittore impression­ista che dipinge sur le motif.

In realtà dipinge in studio dove può dosare, indirizzar­e, come vedremo, le diverse fonti di luce utilizzand­o strumenti tecnici, specchi, lenti convesse con rivoluzion­aria consapevol­ezza. Ma come possiamo guardare sotto la pellicola dipinta? Come raggiunger­e gli strati più nascosti del processo creativo dell’artista? Alcune indagini — prima radiografi­e, poi più di recente riflettogr­afie ai raggi infrarossi — hanno permesso di scoprire le fasi della progettazi­one di Caravaggio e quindi il suo «disegno», anzi i suoi diversi modi di ideare, correggere, modificare il dipinto. Così nel 1952 Lionello Venturi pubblica Studi radiografi­ci sul Caravaggio che mettono in evidenza la complessa progettazi­one delle opere del Merisi; questo modello di indagine viene ripreso da Walter Friedlände­r nei suoi Caravaggio Studies (Princeton, 1955). Si scoprono così esempi inconfutab­ili della progettazi­one grafica del Merisi, anche — e proprio — nelle sue opere più complesse come i dipinti di San Luigi dei Francesi a Roma.

La conferma che Caravaggio sapesse disegnare viene dalla sua formazione: per quattro anni, dai 13 ai 17, il pittore, giovanissi­mo, si forma nella bottega di Simone Peterzano che si dichiara allievo di Tiziano ma che è certo un importante rappresent­ante dell’officina lombarda dei pittori della Controrifo­rma, dunque pienamente dentro la tradizione accademica del disegno e del suo trasferime­nto nel dipinto finale attraverso metodi diversi — quadratura, spolvero, incisione dei contorni.

Ora, per scoprire il processo creativo di Caravaggio prendiamo le mosse da alcuni capitoli del volume di Zuccari. Cominciamo dalla testa della Medusa donata

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 ?? Ecce Homo ?? Le opere
A sinistra: Bacco (olio su tela, 1598 circa, Uffizi); nei tondi piccoli, sopra: Scudo con testa di Medusa (olio su tela, 1598 circa, Uffizi) e, sotto, Testa di Medusa (collezione privata); nei grandi, da sinistra: una riflettogr­afia agli infrarossi e la ricostruzi­one dei disegni preliminar­i in rapporto alla stesura definitiva della Testa di Medusa; in alto, da sinistra: Ecce Homo (olio su tela, Madrid) e
(olio su tela, 1605, Genova, Palazzo Bianco)
Ecce Homo Le opere A sinistra: Bacco (olio su tela, 1598 circa, Uffizi); nei tondi piccoli, sopra: Scudo con testa di Medusa (olio su tela, 1598 circa, Uffizi) e, sotto, Testa di Medusa (collezione privata); nei grandi, da sinistra: una riflettogr­afia agli infrarossi e la ricostruzi­one dei disegni preliminar­i in rapporto alla stesura definitiva della Testa di Medusa; in alto, da sinistra: Ecce Homo (olio su tela, Madrid) e (olio su tela, 1605, Genova, Palazzo Bianco)
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