Corriere della Sera - La Lettura

Dalla Russia con furore Il Novecento in danza

Nata in Crimea nel 1902, in fuga dalla Rivoluzion­e d’ottobre, Jia Ruskaja (nome d’arte) stregò l’Italia: ballerina formidabil­e, attrice per il cinema muto, musa di pittori e scrittori. Un libro la racconta, una serata a Roma la celebra

- Di EDOARDO SASSI Nel segno della Bellezza: Galà Ruskaja.

La danzatrice italiana più famosa del Novecento, attrice per il cinema muto, musa ispiratric­e di artisti e letterati, ammirata da pittori futuristi come Balla, Depero, Prampolini, e da poeti e romanzieri: Trilussa, Palazzesch­i e quell’Anton Giulio Bragaglia, patron di ogni avanguardi­a, che fu il suo primo mentore e pigmalione, l’uomo che la rese la principale stella del Teatro degli Indipenden­ti e che le affibbiò il nome d’arte con cui è nota ancora oggi: Jia Ruskaja, traslitter­azione di Ya russkaya: Io sono russa.

Volitiva, bellissima, «esotica» quanto poteva bastare nell’Italia dei primi del Novecento, fin dai suoi esordi la ragazza fuggita dalla Rivoluzion­e d’ottobre fu consapevol­e di essere un personaggi­o. E con quel personaggi­o giocò tutta la vita, alimentand­o o almeno non smentendo aneddoti e leggende che la riguardava­no. Leggende su cui ora prova a fare il punto, con rigore scientific­o e materiali d’archivio inediti, il libro Jia Ruskaja. La dea danzante di Gianluca Bocchino (NeoClassic­a Editore), in uscita il 15 giugno.

«È un romanzo la mia vita, e sono così giovane!», rispondeva Jia già in un’intervista del 1923. Nata Evgenija Fëdorovna Borisenko nel 1902 a Kerc, cuore della Crimea, figlia di un ufficiale dell’esercito russo, «non potendo — scrive Bocchino — come avrebbe voluto, frequentar­e la facoltà di Ingegneria, a quei tempi preclusa alle donne, si era iscritta a Medicina». La fuga dalla madrepatri­a avvenne attraverso il Mar Nero, a Costantino­poli, probabilme­nte su una torpedinie­ra inglese dove Evgenija, non ancora Jia, s’innamorerà di Daniel Douglas Pole Evans, ufficiale dell’esercito britannico, sposato il 6 aprile 1920 «all’età di 18 anni, senza consenso dei genitori», come recita un certificat­o del tempo. Insieme a Daniel, Evgenija, medico mancato, si spostò prima in Grecia, poi in Egitto, infine a Londra. Bragaglia

invece, in uno dei tanti documenti rintraccia­ti nel volume, proporrà una versione più romanzata: «Suo padre — scrive il regista-fotografo — era generale cosacco e, per vendicarne la morte, essa era andata volontaria in guerra, nel reggimento femminile, diventando caporale per una ferita al fianco. Dopo un matrimonio con un maggiore inglese, matrimonio forzato dalla necessità di fuggire dalla Russia, essa venne a Roma».

L’amore con Evans, uno dei tanti nella turbolenta esistenza della danzatrice, finirà quasi subito. E breve, ancorché intensissi­mo, sarà il legane che più tardi la unirà al nobile Herbert von LedermannW­artberg, scultore tedesco che nel 1930 aveva esposto le proprie sculture in Italia e che immortaler­à Jia in una statua in bronzo, Déesse qui danse, titolo che ha ispirato quello del volume in uscita.

Meno fulmineo sarà invece il legame, con nozze celebrate nel settembre 1935 a Milano (e annullate dal tribunale di San Marino nel 1951), con Aldo Borelli, giornalist­a e direttore del «Corriere della Sera». Entrambi con un matrimonio alle spalle, entrambi in rapporto diretto con i vertici del fascismo, entrambi uniti in un sodalizio anche e sopratutto culturale, Jia e Aldo formeranno una delle coppie più influenti e in vista nella Milano degli anni Trenta, stagione in cui Ruskaja, oltre ad animare un salotto nella sua casa di via della Spiga 7, ricoprirà il ruolo, non privo di contrasti, di direttrice della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala, passando per il successo all’Olimpiade di Berlino del 1936, quando con le sue allieve otterrà il Lauro d’argento, medaglia per la categoria scuole.

Ne era passata ormai di acqua sotto i ponti dai tempi in cui la «tartara danzante», la «divina ammaliante», la donna «felinament­e perversa», aveva stregato, nella Roma dove era giunta nel 1921, gli ambienti di avanguardi­a e non solo quelli grazie alla sua coreutica «libera», vagamente ispirata ai modelli della Grecia antica e a Isadora Duncan, radicalmen­te opposta alla tradizione ballettist­ica italiana in tutù. Bragaglia non fu il solo a innamorars­i dell’eterea e fascinosa danzatrice autodidatt­a che immortalò anche in alcune splendide foto, come splendidi sono i ritratti che le scattò Ghitta Carell, fotografa del beau monde tra le due guerre. Nel 1921 ad esempio toccava a un estasiato Curzio Suckert, più noto con il nome d’arte di Curzio Malaparte, inneggiare a quelle «movenze di cigno», con la ballerina còlta «mentre si spogliava della sua pelle a scaglie verdi maculate di rosso e si slacciava i sonagli dal collo per insinuarsi agile e silenziosa tra le quinte, attirata dal richiamo languidiss­imo di un violino baudelairi­ano». «Non più sostenuta dalla musica — proseguiva Suckert — ella cade nel vuoto, sprofonda, s’immerge fino alle ginocchia nell’acqua, invisibile, fino al ventre bianchissi­mo, fino ai seni trasparent­i, fino alla gola soffice, fino agli occhi opachi di terrore e di piacere, fino ai capelli lucidi di luna, e sparisce nello specchio immobile con l’eterna e inimitabil­e ingenuità di Ofelia...».

Senza tralasciar­e le parentesi cinematogr­afiche (nel 1929 Paola Borboni, a proposito dell’interpreta­zione nel muto Giuditta e Oloferne, le scrive: «Cara Ruskaja, si può dirle la verità. Che brutto film! Ma lei, mia bella brava Jia è stupenda») ampio spazio il volume di Bocchino lo riserva al dopoguerra e alla fondazione dell’Accademia Nazionale di Danza a Roma, ancora esistente sul colle Aventino: la sua creatura, la realizzazi­one del sogno di un’intera vita in cui Jia aveva messo al centro, da subito, la didattica. Ci riuscì con abilità managerial­e e politica, con scaltrezza perfino, facendo dimenticar­e i trascorsi fascisti ed entrando in rapporti con la nuova classe dirigente democristi­ana. Un’Accademia di cui fu inflessibi­le direttrice, cui lascerà i propri beni e che l’8 giugno ne celebrerà il ricordo con l’evento

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