Corriere della Sera - La Lettura
Il postcapitalismo sarà senza internet
I due sistemi sono connessi, sostiene studioso della contemporaneità. Di più: organici. Ecco perché, dice nel nuovo libro...
Traduzione di Jacopo Foggi MELTEMI Pagine 143, e 14
L’autore Jonathan Crary (1951) insegna Modern Art and Theory alla Columbia University di New York ed è tra i fondatori delle edizioni Zone Books. Tra i suoi saggi Incorporations (Mit Press, 1992); e, tradotti in italiano, Le tecniche dell’osservatore. Visione e modernità nel XIX secolo (Einaudi 2013), uscito nel 1990 e vincitore del Lionel Trilling Book Award; e 24/7. Il capitalismo all’assalto del sonno (Einaudi, 2015). 24/7, mantra di un capitalismo che non dorme mai, è una riflessione teorica che combina riferimenti filosofici, esperimenti scientifico-militari, analisi di film e opere d’arte, per dare forma a un’antropologia critica della contemporaneità. Sembra impossibile non lavorare, mangiare, giocare, chattare o twittare: non c’è momento della giornata davvero libero
Jonathan Crary ci stupisce ancora con il suo radicalismo. Dopo 24/7. Il capitalismo all’assalto del sonno (Einaudi, 2015), dove aveva denunciato le invasive pratiche consumistiche, torna a metterci in guardia con Terra bruciata. Crary, classe 1951, insegna Modern Art and Theory alla Columbia University di New York, e forse è proprio grazie alla sua sensibilità artistica che riesce a cogliere il disagio della civiltà.
In Terra bruciata, il cui sottotitolo, Oltre l’era digitale verso un mondo postcapitalista, tradisce già il suo spirito utopistico, sfata il mito condiviso che internet sia per sempre. Ma non solo: che i social media siano un’opportunità di autonomia, liberazione, uguaglianza e promozione sociale. Aspettativa iniziale che è stata delusa, dopo che le grandi piattaforme delle multinazionali hanno fatto dei social uno strumento di condizionamento e di controllo. Dimostrando perciò, come sostiene Crary, di essere funzionali al capitalismo, quindi destinati a finire quando il capitalismo entrerà in crisi.
Già a leggere le prime pagine di Terra bruciata prende lo sgomento: impensabile un futuro senza internet, ora che siamo abituati al modo di comunicare, lavorare, viaggiare, fare acquisti e divertirci. Ora che la pubblica amministrazione si è convertita al digitale e non si può neppure chiedere un certificato senza passare attraverso l’identificazione, lo Spid, l’Otp o altri sistemi di sicurezza informatica che ci hanno «semplificato» la vita. Il libro di Crary è «diversamente» distopico, nel senso che tutti i libri su questo argomento si sono limitati a denunciare i danni collaterali provocati dalle nuove tecnologie, mentre il suo cancella semplicemente internet dall’orizzonte, anche se con modalità al momento ignote. Tutto da imparare da capo, con un sospiro di sollievo per quel 79% di italiani ancora analfabeti digitali, sollevati dai sensi di colpa. Prospettiva inquietante, di cui abbiamo chiesto spiegazione all’autore.
Che cos’ha di diverso questo libro dagli altri testi apocalittici sulle nuove tecnologie?
«Si potrebbe costruire una piccola montagna con tutti i libri dell’ultimo decennio che hanno criticato i vari aspetti di internet e dei social media. Tuttavia, una caratteristica comune a tutti questi testi è l’indiscutibile presunzione della permanenza e dell’inevitabilità di internet come elemento caratterizzante della vita sociale, economica e culturale. In breve, l’attuale discussione sulla tecnologia della rete si limita a proporre miglioramenti e modifiche a un sistema esistente, che viene accettato come realtà ineluttabile. Con Terra bruciata non volevo aggiungere un altro titolo a quel cumulo di testi puramente riformisti. Al contrario, ho cercato di dare voce all’esigenza di opporre un rifiuto e all’urgenza di trovare modi di vivere e di stare con gli altri, al di fuori delle routine scoraggianti imposte dalle corporazioni».
Com’è possibile farne a meno?
«Proprio uno dei miei obiettivi era quello di sfidare l’assunto diffuso secondo il quale le tecnologie in rete che dominano le nostre vite sono “qui per restare” e insistere sul fatto che la cosiddetta era digitale e il tardo capitalismo sono sinonimi. Nessuno dei due è pensabile indipendentemente dall’altro. Un “internet socialista” non è concepibile più di quanto lo sia l’ossimoro “capitalismo verde”. Molti dimenticano che il socialismo dipende dal fiorire tra le persone di relazioni non monetizzate o strumentalizzate: non potrebbe esistere assieme alle forme di separazione, isolamento, competitività e individualismo tossico istigate online. Non si può essere nemici del capitalismo e allo stesso tempo condividere gli strumenti che fanno parte del suo funzionamento».
Nel libro scrive che «se mai sul nostro pianeta avremo ancora un futuro vivibile e condiviso, si tratterà di un futuro offline, slegato dai devastanti meccanismi e sistemi del capitalismo». Non le sembra che questo metta
fine al sogno di un mondo senza frontiere e finalmente libero di comunicare in tempo reale?
«Nei tre anni trascorsi da quando ho finito di scrivere questo libro nel 2020, lo straordinario svolgersi degli eventi ha accentuato l’instabilità di quelle istituzioni e di quei sistemi che sembravano poter esistere per sempre. Una delle fantasie neoliberiste su internet era il suo presunto allineamento con un pianeta governato dal libero mercato, a cui forniva un’interconnessione continua e onnipresente. Ma la realtà, un tempo impensabile, di una guerra devastante in Europa ha mandato in frantumi il miraggio di un mondo unipolare alimentato da flussi senza attrito di ricchezza e merci. Quali ulteriori chiusure e violente fratture si verificheranno nel prossimo futuro? Allo stesso tempo, negli ultimi anni si è assistito a un’intensificazione delle restrizioni, della finanziarizzazione, della censura, della sorveglianza e delle esclusioni dell’uso di internet da parte degli enti che lo controllano. Ora che i social media sono diventati gli espedienti di una classe miliardaria sociopatica, sarebbe illusorio credere che siano “qui per restare”. La mia tesi è che internet e il capitalismo globale finanziarizzato siano sinonimi e intrinsecamente co-dipendenti. Internet starà con noi finché il tardo capitalismo rimarrà operativo. Ma senza il quadro economico del capitalismo, internet crollerebbe o si trasformerebbe in qualcosa di ridotto e irriconoscibile rispetto a ciò che è oggi. Cito alcuni dei molti economisti che vedono la precarietà e l’insostenibilità a breve termine del capitalismo, come Robert Kurz, Wolfgang Streeck e David Graeber».
Procedendo nella lettura di «Terra bruciata» ci si imbatte in un atto d’accusa contro un intero sistema che supporta il conformismo digitale, «incluso l’impiego di strumenti didattici informatici nelle scuole». Con conseguenze disastrose, al punto di affermare che «il complesso di internet è attualmente l’apparato globale per la dissoluzione della società».
La rete (non è) socialista «Un internet socialista non è concepibile più di quanto lo sia l’ossimoro del capitalismo verde. Rete e denaro sono collegati»
L’invadenza della rete «L’onnipresenza di internet impoverisce inesorabilmente la nostra percezione e le nostre capacità sensoriali»
«L’effimero storico di quello che chiamo il “complesso di internet” è inseparabile dalle crisi sociali e ambientali provocate dal capitalismo globale. Per molti versi questo libro è in continuità col mio precedente 24/7. In quell’occasione ho esaminato le conseguenze di modelli di consumo, estrazione, combustione, produzione e militarizzazione non-stop, permanentemente attivi. Il risultato, come mostro nel libro, è una terra bruciata dove la società civile e gli ecosistemi si erodono simultaneamente. Come hanno capito molto tempo fa Rosa Luxemburg e altri, il capitalismo distrugge tutto ciò che permette ai gruppi e alle comunità di mantenere una sussistenza autosufficiente e pratiche di sostegno reciproco».
Le innovazioni sociologiche producono sempre danni collaterali. Sono il prezzo per garantire il progresso, ma il costo umano diventa insostenibile se va ben oltre l’individualismo e l’isolamento. Oltre alla rottura dei legami sociali, c’è da temere un impoverimento sensoriale, una disumanizzazione?
«La terra bruciata comporta anche l’impoverimento e la corrosione dell’esperienza individuale e condivisa. L’onnipresenza di internet impoverisce inesorabilmente la nostra percezione e le nostre capacità sensoriali di conoscere e stabilire legami con altre persone. Molte recensioni statunitensi e britanniche di questo libro, positive o negative, si sono concentrate soprattutto sulle mie affermazioni radicali nelle venticinque pagine iniziali. Tuttavia, a mio parere, i temi sviluppati nel terzo capitolo sono il cuore del testo, dove rifletto sul danno che lo sguardo, il volto e la voce subiscono a causa della perpetua immersione in ambienti online. I modi in cui parliamo e ci presentiamo agli altri sono le fondamenta di un mondo giusto e interumano. Sono la base fragile, ma irriducibile, della solidarietà sociale, purtroppo sempre più spesso manipolata e monetizzata».